Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20968 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 17/10/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 17/10/2016), n.20968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18751-2011 proposto da:

A.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MARIA

MONTALDO, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO MOSCATI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 118/2010 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata

il 28/07/2010 r.g.n. 558/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- A.S., all’epoca dipendente dell’Amministrazione degli archivi notarili con sede di servizio presso l’Archivio notarile distrettuale di Bologna, con due separati ricorsi ha impugnato dinanzi all’arbitro unico, in base alle previsioni del Contratto collettivo nazionale quadro (d’ora in poi: CCNQ) 23 gennaio 2001, in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 59 bis, artt. 69 e 69 bis nonchè dell’art. 412 ter c.p.c., le sanzioni disciplinari della sospensione, rispettivamente, di giorni dieci e di giorni cinque dal lavoro e dallo stipendio, irrogategli dall’Amministrazione.

2.- In sede arbitrale le impugnazioni sono state dichiarate inammissibili per la tardività del ricorso, proposto oltre il termine di venti giorni previsto dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 56, e dall’art. 7, dello Statuto dei lavoratori. E il Tribunale di Bologna, con sentenze n. 107/2004 e n. 108/2004, ha respinto i ricorsi dell’ A. avverso i due lodi sull’assorbente rilievo del mancato rispetto del termine sopraindicato.

3.- Con analoghe sentenze 22 febbraio 2008, n. 4671 e 26 febbraio 2008, n. 5045 questa Corte ha cassato con rinvio le suddette sentenze del Tribunale di Bologna, affermando il principio secondo cui una richiesta di impugnazione, dinanzi all’arbitro unico, in base al CCNQ, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto di lavoro, formulata oltre il termine di 20 giorni dalla applicazione della sanzione stessa, non vincola l’Amministrazione, ma se, a fronte di siffatta richiesta, l’Amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell’arbitro a norma dell’art. 3 del menzionato contratto quadro – come è incontroverso che sia avvenuto nella specie – essa non può successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l’eccezione di tardività per mancato rispetto da parte del lavoratore del menzionato termine di 20 giorni perchè ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile (v. artt. 3, commi 2 e 3, del cit. CCNQ) revoca del consenso già prestato.

4.- Con separati ricorsi – poi riuniti – l’interessato ha provveduto alla riassunzione dinanzi al Tribunale di Bologna, che, con la sentenza attualmente impugnata, li ha respinti, rilevando che:

a) i lodi impugnati oltre ad avere dichiarato l’inammissibilità delle domande dell’ A. per tardività, hanno anche respinto nel merito le domande stesse, affrontando tutte le tematiche sollevate dal ricorrente all’epoca;

b) il ricorrente non deduce esplicitamente che l’arbitro abbia omesso di pronunciare su questioni rilevanti che erano state prospettate in quella sede;

c) a ben guardare, le censure dell’ A. sono rivolte all’operato dell’Amministrazione ma non contengono alcuna deduzione di vizi dei lodi, in quanto ne ignorano totalmente le argomentazioni e i percorsi logico-giuridici;

d) si tratta, pertanto, di censure inidonee ad inficiare i lodi arbitrali impugnati.

2.- Il ricorso di A.S. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia – Amministrazione autonoma Archivi Notarili, rappresentato e difeso dell’Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi del motivi di ricorso.

1.- Il ricorso è articolato in due motivi.

1.1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla errata e/o mancata valutazione di tutti gli atti e le allegazioni di causa.

Si sostiene che la sentenza impugnata è fondata su un presupposto erroneo – la asserita mancata contestazione da parte dell’ A. dei vizi che inficiavano, nel merito, i lodi arbitrali in quanto, come si evince dai ricorsi introduttivi dei giudizi e dai successivi ricorsi in riassunzione, riportati nel presente ricorso per cassazione, il ricorrente ha puntualmente ed espressamente contestato le argomentazioni dei lodi, rilevando vizi ed errori commessi dall’arbitro nella interpretazione delle norme legislative e contrattuali poste a base delle irrogate sanzioni disciplinari.

1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, con particolare riguardo alla mancata valutazione delle allegazioni di causa.

Si rileva che, nei ricorsi in riassunzione, il ricorrente aveva evidenziato che alla data del 6 ottobre 2008 l’Amministrazione degli Archivi Notarili non aveva ancora formalmente individuato l’ufficio competente per i provvedimenti disciplinari D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 55, comma 4, circostanza di cui l’ A. è venuto a conoscenza soltanto dopo la proposizione degli arbitrati e dei successivi giudizi.

Tale circostanza, di per sè idonea a viziare irrimediabilmente il procedimento di irrogazione delle sanzioni, non è stata neppure esaminata dal Tribunale di Bologna, nella sentenza oggi impugnata.

2 – Esame delle censure.

2.- Il ricorso è da accogliere, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.

3.- Deve essere innanzi tutto ricordato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

a) alle procedure arbitrali in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche – a decorrere dalla vigenza del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 59-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 28 (corrispondente al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 56), operante a far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo di settore (Cass. 7 gennaio 2003, n. 44; Cass 23 dicembre 2004, n. 23900) e poi abrogato dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 72, con decorrenza dal 15 novembre 2009 – va riconosciuta natura irrituale, con conseguente applicabilità, come unico regime di impugnazione, di quello previsto dall’art. 412-quater cod. proc. civ. (Cass. 2 febbraio 2009, n. 2576; Cass. 26 febbraio 2008, n. 5045; Cass. 12 novembre 2012, n. 19645; Cass 19 agosto 2013, n. 19182);

b) ciò comporta che, ai sensi di tale ultima disposizione, l’impugnazione del lodo in sede giudiziaria – in primo (ed unico) grado innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro, la cui sentenza è, a sua volta, impugnabile con ricorso per cassazione – non può riguardare le valutazioni affidate alla discrezionalità degli arbitri (quali quelle relative al materiale probatorio, ovvero alle scelte operate per comporre la controversia, cioè i c.d. errori di giudizio), ma può avere ad oggetto soltanto vizi idonei ad inficiare la determinazione degli arbitri per alterata percezione o falsa rappresentazione dei fatti (c.d. errori di fatto) (vedi: Cass. SU 1 dicembre 2009, n. 25253; Cass. 2 febbraio 2009, n. 2576; Cass 23 febbraio 2006, n. 4025; Cass. 4 aprile 2002, n. 4841; Cass 16 maggio 2003, n. 7654; Cass. 18 settembre 2001, n. 11678; Cass. 10 luglio 2015, n. 14431).

4.- Alla possibile impugnativa per errori di fatto si aggiunge quella per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi (vedi: Cass. SU 1 dicembre 2009, n. 25253; Cass. 19 agosto 2013, n. 19182; Cass. 10 luglio 2015, n. 14431, già citate), che trova riscontro anche nell’art. 12 del CCNQ del 23 gennaio 2001, secondo cui: “nel giudicare gli arbitri sono tenuti all’osservanza delle norme inderogabili di legge e di contratto collettivo”.

5.- Nella specie, dalla lettura del ricorso in riassunzione e dei ricorsi originari – tutti riprodotti nel presente ricorso per cassazione – si desume che erano stati prospettati alcuni profili di illegittimità formale delle sanzioni incidenti – in quanto tali – sull’efficacia e validità non solo delle sanzioni ma dei lodi, comportandone la nullità per lesione del diritto di difesa, alla cui tutela è volto anche il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55.

Trattandosi di un diritto costituzionalmente tutelato, non può non rientrare tra le “norme inderogabili di legge” ai sensi del suddetto art. 12 del CCNQ.

6.- Ne deriva che il Tribunale di Bologna nella sentenza attualmente impugnata non si è attenuto ai suindicati principi laddove:

a) ha affermato la inidoneità della censure dell’ A. ad inficiare i lodi arbitrali impugnati sul principale assunto secondo cui tali censure avevano ignorato totalmente le argomentazioni e i percorsi logico-giuridici dei lodi stessi, concentrandosi sull’operato dell’Amministrazione, visto che la contestazione delle argomentazioni e i percorsi logico-giuridici dei lodi avrebbe portato alla denuncia di cd. errori di giudizio, non consentita avverso i lodi irrituali;

b) non ha, invece esaminato le censure riferite alla violazione del diritto di difesa commessa dagli arbitri per non aver esaminato le corrispondenti denunce effettuate dal ricorrente, anche sotto il profilo della mancata individuazione da parte dell’Amministrazione, dell’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, con le relative conseguenze in termini di violazione del diritto di principio del giusto procedimento e quindi del diritto di difesa. Non va, infatti, dimenticato che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 310 del 2010, ha ribadito con forza che il rispetto del principio del giusto procedimento è intrinseco ai principi di buon andamento e d’Imparzialità (art. 97 Cost.) e, al contempo, tutela altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.).

3 – Conclusioni.

7.- In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte e con assorbimento di ogni altro profilo di censura.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, in diverso giudice persona fisica, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente:

“il lodo arbitrale irrituale, nella specie in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche – emanato ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 59-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 28, corrispondente al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 56, che è stato abrogato dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 72, con decorrenza dal 15 novembre 2009 – è impugnabile in sede giudiziale ex art. 412-quater cod. proc. civ. oltre che per errori di fatto degli arbitri, anche per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi. Pertanto esso è impugnabile anche per violazione del fondamentale diritto di difesa alla cui tutela è volto anche il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55”.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, in diverso giudice persona fisica.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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