Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20965 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 12/10/2011), n.20965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G., domiciliato in Roma presso la Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Busacca Diego giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

Fallimento di F.G. in persona del curatore e C.

D.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 293

dell’11.5.2010;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 29.9.2011 dal

Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

E’ presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. FUCCI Costantino.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. osservava quanto segue:

” F.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Messina aveva rigettato il reclamo contro la sentenza del Tribunale della detta città, che in data 9.12.2009 ne aveva dichiarato il fallimento.

In particolare il giudice del gravame aveva deciso nel senso indicato disattendendo i diversi profili sottoposti al suo esame, incentrati segnatamente: sulla pretesa irregolare notifica al debitore del decreto di comparizione nella fase prefallintentare; sull’avvenuta cessazione dell’attività da oltre un anno; sull’insussistenza dello stato di insolvenza; ed il F. con i motivi di impugnazione, cui non ha resistito il fallimento, ha denunciato l’erroneità della sentenza impugnata riproponendo sostanzialmente le medesime censure già prospettate davanti al giudice del merito.

Ritiene il relatore che le dette doglianze siano infondate perchè:

a) l’avviso di convocazione del debitore nella fase prefallimentare non è irregolare. La notifica è infatti avvenuta a mezzo posta presso il luogo di residenza del debitore (il fatto che non sia stata ritirata la raccomandata giacente presso l’ufficio postale di per sè è irrilevante), l’irregolarità consisterebbe nel fatto che da risalente notifica (del 9.8.04) sarebbe risultato il domicilio coniugale, presso il quale tuttavia non sarebbe stata effettuata la notifica in questione. Tale assunto risulta inconsistente, perchè:

la notifica presso la casa coniugale a Messina era stata eseguita circa cinque anni prima rispetto a quella oggetto di contestazione;

dalle certificazioni anagrafiche in atti si evince che poco dopo il F. si era trasferito da (OMISSIS); nel rapporto della Guardia di Finanza del 28.11.2 009 è precisato che il ricorrente era raggiungibile solo telefonicamente; non è stato prodotto alcun documento idoneo a dare dimostrazione dell’attuale recapito (primo motivo); b) la L. Fall., art. 10 stabilisce il termine annuale a far tempo dalla data di cancellazione dal registro delle imprese (comma 1) e consente solo al pubblico ministero e al creditore di dare dimostrazione del momento dell’effettiva cessazione dell’attività, ove con essa non coincidente (comma 2), e ciò indipendentemente dalla circostanza che il F., alla stregua della stessa documentazione da lui prodotta, risultava essere titolare di più di un esercizio (secondo motivo); c) la pretesa inesistenza del presupposto oggettivo di legge per far luogo alla dichiarazione di fallimento (L. Fall., artt. 1 e 5) è superata dai rilievi (p. 6) e dagli accertamenti compiuti (p. 10) della Corte di appello, contrastati per di più con indicazioni generiche.

Il relatore propone quindi la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio, ritenendolo manifestamente infondato”.

Tali rilievi, sui quali nè il Procuratore Generale nè le parti hanno formulato conclusioni o depositato memorie, sono condivisi dal Collegio. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato, mentre nulla va stabilito in ordine alle spese processuali, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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