Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20964 del 01/10/2020
Cassazione civile sez. VI, 01/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 01/10/2020), n.20964
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6634/2019 R.G. proposto da:
R.R., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.
GIUSEPPE FEVOLA, elettivamente domiciliato in Latina, Piazza della
Libertà, 21;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,
12;
– controricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Presidente pro
tempore;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,
Sezione staccata di Latina, n. 5070/19/2018, depositata in data 17
luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 10 luglio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Il contribuente R.R. ha impugnato, unitamente agli atti presupposti, una comunicazione di iscrizione ipotecaria relativa alla cartella di pagamento relativa al periodo di imposta dell’anno 2008, notificata alla Associazione R.R. Corse all’esito della precedente notifica di un avviso di accertamento, anch’esso notificato nei confronti della medesima associazione.
La CTP di Latina ha rigettato il ricorso e la CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza in data 17 luglio 2018, ha rigettato l’appello del contribuente.
Ha osservato il giudice di appello che non si applica all’associazione non riconosciuta il principio dell’estinzione dell’ente collettivo, previsto in tema di persone giuridiche, non essendo l’associazione iscritta al registro delle imprese. Il giudice di appello ha, inoltre, accertato che l’atto presupposto, costituito dall’avviso di accertamento, è stato notificato a mani del contribuente in data 4 novembre 2014, atto nel quale era indicata la responsabilità del contribuente. Ha, pertanto, ritenuto il giudice di appello che la comunicazione di iscrizione ipotecaria può essere impugnata solo per vizi propri, stante la definitività dell’avviso di accertamento.
Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso l’ente impositore intimato; l’agente della riscossione non si è costituito in giudizio.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1 – Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che, in assenza della prova dell’estinzione della associazione non riconosciuta, permanga la responsabilità solidale dei suoi legali rappresentanti. Deduce il ricorrente che all’atto dell’estinzione dell’ente viene meno la responsabilità illimitata e solidale di coloro che hanno agito per l’associazione, con conseguente nullità dell’avviso di accertamento notificato al legale rappresentante dell’associazione una volta che questa sia estinta. Deduce l’avvenuta estinzione della associazione non riconosciuta in data 31 ottobre 2012, come da documentazione già prodotta in primo grado, laddove l’avviso di accertamento sarebbe stato notificato in data 4.11.2014.
1.1 – Deduce, inoltre, il ricorrente, l’illegittimità della sentenza nella parte in cui il contribuente sarebbe stato identificato quale responsabile della violazione nell’avviso di accertamento, laddove occorre accertare in concreto lo svolgimento in concreto di attività negoziale ai fini della suddetta responsabilità.
2 – Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha impugnato una autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto, da un lato, di non valorizzare per le associazioni non riconosciute il principio dell’estinzione delle persone giuridiche, dall’altro ha ulteriormente accertato che l’avviso di accertamento, notificato al ricorrente in qualità di responsabile della violazione, era divenuto definitivo per mancata impugnazione, per cui l’atto oggetto di impugnazione (comunicazione di iscrizione ipotecaria) poteva essere impugnato solo per vizi propri (“l’avviso di accertamento è stato notificato in data 4 novembre 2014 a mani proprie del ricorrente medesimo e in detto atto era espressamente configurata la responsabilità del medesimo signor R.. L’atto oggi in esame (..) può essere impugnato solo per vizi propri e non anche per i vizi imputabili agli atti prodromici (…) ritualmente notificati come già rilevato dal primo giudice; donde il rigetto dell’appello del contribuente, in quanto l’avviso di accertamento non impugnato era divenuto definitivo”).
2.1 – La sentenza si regge, pertanto, su due autonome rationes decidendi, una incentrata sull’irrilevanza del principio di estinzione delle persone giuridiche, l’altra sulla definitività dell’avviso di accertamento, comporta la preclusione, in sede di notificazione degli atti consequenziali (come nella specie), del riesame delle questioni attinenti ai suddetti atti presupposti, stante l’impugnabilità di ogni atto – ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, – solo per vizi propri, salvo che non si tratti di atti presupposti non notificati (Cass., Sez. VI, 24 maggio 2017, n. 13102; Cass., Sez. V, 13 ottobre 2011, n. 21082).
2.2 – Nel qual caso, l’omessa impugnazione della autonoma ratio decidendi priva di interesse il ricorrente dall’esame del proprio ricorso, in quanto detto esame non risulterebbe idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione non oggetto di censura (Cass., Sez. III, 13 giugno 2018, n. 15399; Cass., Sez. VI, 18 aprile 2017, n. 9752).
2.3 – Il motivo è, ulteriormente, inammissibile quanto al dedotto mancato accertamento in concreto dello svolgimento di attività negoziale, posto che di tale questione non vi è traccia nella sentenza impugnata, nè il ricorrente trascrive gli atti del giudizio in cui tale questione sarebbe stata affrontata.
2.4 – E’, difatti principio comunemente affermato che ove una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804).
2.5 – Le argomentazioni contenute nella memoria non aggiungono ulteriori pertinenti spunti di riflessione.
3 – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza in favore del controricorrente e raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2020