Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20963 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/09/2017, (ud. 30/05/2017, dep.08/09/2017),  n. 20963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24456-2014 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato PIERFILIPPO COLETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUNO NEGRINI;

– ricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA BARBERINI

12, presso lo studio dell’avvocato NICCOLO’ ARNALDO BRUNO,

rappresentato e difeso dagli avvocati GABRIELE ANTONINI, ALFONSO

TORDO CAPRIOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4107/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

– con citazione notificata il 25.6.1992, B.R. convenne R.F. innanzi al Tribunale di Perugia domandando, per quanto qui ancora di interesse, che fosse disposto ex art. 2932 c.c. il trasferimento in suo favore della metà indivisa di un complesso immobiliare che il R. gli aveva promesso in vendita con contratto preliminare del 5.10.1987, per il quale aveva già versato l’intero corrispettivo; il R. si costituì assumendo di aver concluso il contratto a prezzo di favore sotto la minaccia di azioni esecutive da parte del B., direttore di una banca sua creditrice, e ne domandò pertanto l’annullamento in via riconvenzionale; il tribunale, accogliendo tale ultima domanda e rigettando quella principale, dichiarò “nullo” il contratto e condannò il R. a restituire il prezzo d’acquisto al B., al netto dei canoni che nel frattempo questi aveva percepito dal terzo locatario dell’immobile;

– il B. appellò la sentenza lamentando, fra l’altro, che il tribunale- nel pronunziare la nullità, anzichè l’annullamento, del contratto- aveva omesso di accertarne l’intervenuta convalida, poichè nel corso del primo giudizio il R. si era dichiarato disponibile a stipulare l’acquisto per la sua parte (l’altra metà della quota indivisa apparteneva al fratello, che egli aveva rappresentato per procura in seno al preliminare); la Corte d’Appello di Perugia accolse il gravame, ritenendo intervenuta la convalida del contratto nella misura di un quarto del bene indiviso, e ne dispose il trasferimento al B. ex art. 2932 c.c.;

– R.F. propose ricorso per cassazione; la Corte cassò con rinvio la sentenza reputando non adeguatamente motivato il rilievo dell’intervenuta convalida tacita del contratto annullabile, di per sè non desumibile dalle dichiarazioni rese dal venditore; il giudizio venne riassunto dal B. che ribadì la propria domanda ex art. 2932 c.c., mentre il R. si costituì chiedendo la conferma della sentenza di primo grado;

– la Corte d’Appello di Roma respinse il gravame, specificando che il contratto doveva intendersi annullato anzichè -nullo”, e confermando per il resto la sentenza di primo grado;

– a sostegno della decisione la corte rilevò anzitutto che il B. aveva prestato acquiescenza alla statuizione di invalidità del contratto, avendo appellato la sentenza di primo grado limitatamente all’accertamento dell’intervenuta convalida e dando così per pacifica la sussistenza di un vizio genetico del consenso; specificò, al riguardo, che era privo di rilievo il fatto che in appello egli avesse anche svolto difese in punto alla validità originaria del contratto, ponendosi tali ultime in logico contrasto con i motivi di gravame; ciò premesso, ritenne che la dichiarazione di disponibilità al definitivo resa in udienza dal R. non avesse valore di convalida tacita, essendo la stessa vincolata ad un aumento del prezzo d’acquisto; escluse infine che tale valore fosse univocamente attribuibile alla condotta del R., il quale dopo il preliminare aveva periodicamente inoltrato al B. i canoni locativi dell’immobile, poichè gli inoltri erano stati sospesi dopo la notifica della citazione, apparendo così anch’essi riconducibili alle pressioni esercitate dal compratore;

– avverso tale sentenza B.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria; l’intimato ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1427,1435,1437,1438,1439 e 1444 c.c., artt. 324,339 e 342 c.p.c. per aver la corte ritenuto come ammessa, e perciò coperta da giudicato, l’esistenza di un consenso negoziale viziato da violenza e legittimante l’annullamento del contratto, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, costituiti dalle allegazioni relative all’insussistenza di vizi del consenso; afferma, in particolare, di aver -dedotto, seppur per tuziorismo ed in via subordinata, in ordine all’inesistenza di vizi che avrebbero coartato la volontà del R.”, e richiama gli esiti dell’istruttoria condotta in primo grado dai quali desume la fondatezza di tale assunto;

– la censura appare infondata.

Come dedotto, la Corte d’Appello respinse il gravame, specificando che il contratto doveva intendersi annullato anzichè “nullo”, e confermando per il resto la sentenza di primo grado;

– a sostegno della decisione la corte rilevò anzitutto che il B. aveva prestato acquiescenza alla statuizione di invalidità del contratto, avendo appellato la sentenza di primo grado limitatamente all’accertamento dell’intervenuta convalida e dando così per pacifica la sussistenza di un vizio genetico del consenso; specificò, al riguardo, che era privo di rilievo il fatto che in appello egli avesse anche svolto difese in punto alla validità originaria del contratto, ponendosi tali ultime in logico contrasto con i motivi di gravame; ciò premesso, ritenne che la dichiarazione di disponibilità al definitivo resa in udienza dal R. non avesse valore di convalida tacita, essendo la stessa vincolata ad un aumento del prezzo d’acquisto; escluse infine che tale valore fosse univocamente attribuibile alla condotta del R., il quale dopo il preliminare aveva periodicamente inoltrato al B. i canoni locativi dell’immobile, poichè gli inoltri erano stati sospesi dopo la notifica della citazione, apparendo così anch’essi riconducibili alle pressioni esercitate dal compratore.

Deve condividersi il rilievo della decisione impugnata circa la logica non ammissibilità di difese volte a contestare la sussistenza di un consenso viziato che siano state articolate – peraltro senza la formulazione di apposito motivo di gravame – in via subordinata rispetto all’allegazione di una successiva convalida tacita, circostanza che presuppone la sussistenza del vizio invalidante; del resto, l’oggetto del giudizio di rinvio fu limitato all’accertamento di un efficace negozio di convalida, essendo ormai preclusa ogni questione – non più dedotta – in ordine all’originaria invalidità del contratto.

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3700 di cui Euro 200 per esborsi oltre spese forfettizzate nel 15% ed accessori, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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