Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20962 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 12/10/2011), n.20962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Giama s.r.l. in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in Roma, P. Verbano 26, presso la famiglia Locci – Sarli,

rappresentata e difesa dall’avv. Sarli Giuseppe Maria giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

Fallimento Giama s.r.l. in persona del curatore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 138 del

21.5.2010;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 29.9.2011 dal

Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

E’ presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. FUCCI Costantino.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. osservava quanto segue: “La Giama s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Potenza aveva rigettato il reclamo contro la sentenza dichiarativa del proprio fallimento.

In particolare la Corte territoriale, dopo aver qualificato la situazione di insolvenza come condizione oggettiva e non transitoria, ne aveva ravvisato la sussistenza in ragione dell’esistenza del numero dei debiti di non rilevante entità, della documentazione contabile, delle informative della Guardia di Finanza comprovante l’esistenza di numerosi protesti cambiari.

Con i motivi di impugnazione la Giama ha rispettivamente denunciato violazione dell’art. 277 c.p.c., comma 1, dell’art. 112 c.p.c., per il fatto che il tribunale aveva dichiarato il fallimento sulla base del presupposto che il patrimonio del debitore non fosse sufficiente a ripianare i debiti, e vizio di motivazione in quanto la conferma della sentenza avrebbe presupposto la condivisione dell’elemento posto a base della dichiarazione di fallimento, consistente nell’impossibilità per la società debitrice di soddisfare i crediti con la vendita del patrimonio.

Osserva il relatore che i motivi di censura risultano inconsistenti, poichè il giudizio rimesso al giudice del merito è quello relativo alla sussistenza o meno dell’insolvenza, il relativo concetto è stato delineato e puntualmente motivato la dichiarazione di fallimento risulta specificamente incentrata su tre diversi aspetti (numero e modesta entità dei debiti, documentazione contabile, pluralità di protesti) correttamente individuati come elementi sintomatici dell’insolvenza, in punto di fatto neppure specificamente contestati.

Si propone dunque, conclusivamente, la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio, ritenendolo manifestamente infondato”.

Tali rilievi, sui quali nè il Procuratore Generale ne le parti hanno formulato conclusioni o depositato memorie, sono condivisi dal Collegio.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato, mentre nulla va disposto in ordine alle spese processuali, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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