Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20960 del 01/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 01/10/2020), n.20960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso iscritto al n. 24300/2018 R.G. proposto da:

PUGLIA ALIMENTARI SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA SRL, in persona

dei liquidatori pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

DELL’ANNO PIETRO, elettivamente domiciliata in Fasano, Via San

Nicola, 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Presidente Pro tempore, rappresentate e difese

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, Sezione staccata di Lecce, n. 211/23/2018, depositata in

data 25 gennaio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 10 luglio 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La società contribuente PUGLIA ALIMENTARI SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA SRL ha impugnato una cartella di pagamento conseguente a controllo formale, relativa al periodo di imposta dell’anno 2008 per IRES, IRAP, accessori e sanzioni, ritenendo – per quanto rileva in questa sede – che la stessa non sarebbe stata validamente notificata, con conseguente decadenza dall’azione di accertamento.

La CTP di Brindisi ha rigettato il ricorso e la CTR della Puglia, Sezione staccata di Lecce, con sentenza in data 25 gennaio 2018, ha rigettato l’appello del contribuente.

Ha osservato il giudice di appello che la cartella è stata notificata in data 19 ottobre 2011 al legale rappresentante presso la propria abitazione e, stante la temporanea assenza del destinatario, previa ricezione dell’avviso di ricevimento in data 2 novembre 2011. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello corretta la notificazione avvenuta al legale rappresentante a termini dell’art. 145 c.p.c. anche in assenza di notificazione preventiva presso la sede sociale. Ha, infine, rilevato la Corte di merito che il destinatario della notificazione è stato indicato come “amministratore” della società, ritenendo, pertanto, che vi sia stata indicazione della qualità della persona destinataria dell’atto.

Ha proposto ricorso la società contribuente affidato a due motivi; resistono con controricorso l’ente impositore e l’agente della riscossione.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Con ordinanza in data 28 novembre 2019 è stata disposta l’acquisizione dei fascicoli dei gradi di merito.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1 – Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per error in procedendo, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto inesistente, nè nulla la notificazione della cartella. Deduce parte ricorrente che il messo notificatore avrebbe eseguito la notificazione della cartella di pagamento a un destinatario differente dalla ricorrente, nonchè per avere eseguito la notificazione presso il legale rappresentante, benchè nè dall’atto nè dalla relata di notificazione risultasse il nome dello stesso, nè l’asserita qualità; deduce, inoltre, il ricorrente che non sarebbe stata sottoscritta la relata di notificazione. Evidenzia, inoltre, il ricorrente la circostanza secondo cui sarebbe stato utilizzato un diluente per inchiostro (scolorina), allo scopo di eseguire delle correzioni. Deduce il ricorrente che la notificazione così eseguita sarebbe inesistente. Deduce, inoltre, che ove la notificazione fosse da ritenersi nulla, l’eventuale sanatoria dei vizi di notificazione per effetto della proposizione del ricorso non potrebbe operare retroattivamente, avuto riguardo alla proposizione del ricorso in data 5 gennaio 2012, laddove l’ente impositore sarebbe decaduto dalla potestà di accertamento D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis alla data del 31 dicembre 2011, trattandosi di accertamenti relativi alla dichiarazione dell’anno di imposta 2008.

1.1 – Il primo motivo, modificandosi sul punto la proposta del relatore, è inammissibile. E’ principio comunemente affermato che in caso di error in procedendo o, comunque, di violazione di norme processuali, il giudice di legittimità diviene giudice del fatto processuale, in quanto chiamato a sindacare un vizio di inosservanza di norme processuali relative alla violazione denunciata (la nullità della notificazione della cartella oggetto di impugnazione), che comporta per la Corte il potere-dovere di controllare sia l’esatta individuazione dell’interpretazione della norma astratta applicata o applicabile, sia l’esatta sussunzione della vicenda processuale nella norma medesima, sia – infine l’intero processo logico seguito dal giudice di merito nell’applicare la norma processuale (Cass., Sez. IL 16 ottobre 2017, n. 24312; Cass., Sez. III, 8 giugno 2007, n. 13514).

1.2 – Perchè il giudice di legittimità divenga giudice del fatto è, tuttavia, necessario che la questione sia esposta dal ricorrente compatibilmente con il principio di specificità dei motivi, dovendo il potere-dovere di esame diretto degli atti essere effettuato a condizione che la parte ricorrente abbia compiutamente indicato gli atti, non essendo il giudice di legittimità legittimato a procedere ex officio ad una loro autonoma ricerca (Cass., Sez. U., 25 luglio 2019, n. 20181; Cass., Sez. I, 2 febbraio 2017, n. 2771), ma solo ad una verifica degli stessi e, quindi, solo ove gli stessi siano riportati nelle parti essenziali (Cass. Sez. Lav., 5 agosto 2019, n. 20924), ovvero solo ove siano allegati al ricorso o sia stato indicato il luogo della loro produzione in giudizio (Cass., Sez. Lav., 4 luglio 2014, n. 15367).

1.3 – Con la conseguenza che, solo nel caso in cui l’esame del motivo risulti ammissibile, diviene possibile valutare il motivo medesimo attraverso l’esame degli atti (Cass., Sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1221; Cass., Sez. III, 13 marzo 2007, n. 5836; Cass., Sez. III, 17 gennaio 2012, n. 539), sempre che la questione abbia natura esclusivamente giuridica e non richieda nuovi accertamenti di fatto (Cass., Sez. VI, 20 marzo 2015, n. 5724).

1.4 – Al riguardo si rileva come la cartella di pagamento e la relata di notificazione, della cui nullità della notificazione si discute, non sono state allegate al ricorso, nè sono state riportate nei loro tratti ssenziali. Il ricorrente si è limitato a dedurre l’esistenza di “diversi profili di illegittimità del procedimento di notifica della cartella”, profili declinati come indicato nella descrizione del ricorso, ma senza alcuna trascrizione nè della cartella, nè della relata di notificazione, nè dei relativi adempimenti eseguiti dal messo notificatore.

1.5 – Il motivo è, inoltre, ulteriormente inammissibile in relazione alle questioni relative alla mancata sottoscrizione della relata di notifica e all’uso da parte del messo notificatore di un diluente per l’inchiostro, in quanto la trattazione di tali questioni non risulta dalla sentenza impugnata; nè il ricorrente ha trascritto (nè ha allegato) gli atti del giudizio di merito in cui tali questioni sarebbero state trattate, risultando dalla sentenza impugnata, unicamente, la trattazione della questione della notifica della cartella all’attuale ricorrente e della menzione nella relata di notificazione della qualità del legale rappresentante di parte ricorrente (“come si evince dalla documentazione in atti – relata di notifica delle cartelle – la cartella di pagamento intestata alla società è stata notificata in data 19 ottobre 2011 al legale rappresentante di essa, come da visura camerale in atti”).

1.6 – Va riaffermato, pertanto, il principio secondo cui, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).

2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applica one dell’art. 145 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la notificazione al legale rappresentante presso la propria residenza, senza che sia stato effettuato un tentativo di notificazione alla società presso la sede legale, nè potendo considerarsi valida una notificazione a un soggetto per il quale non fosse indicata la qualità di legale rappresentante.

2.1 – Il secondo motivo è infondato, posto che la sentenza ha accertato che la notifica è stata eseguita ai sensi dell’art. 145 c.p.c., come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, nei confronti del della persona fisica indicata come legale rappresentante (“amministratore”). L’attuale formulazione della norma prevede, non più in via residuale ma alternativa, la possibilità di notificare, l’atto destinato ad un ente, direttamente alla persona che lo rappresenta (purchè ne siano indicati nell’atto qualità, residenza, domicilio o dimora), senza previo tentativo di notificazione all’ente presso la sede legale (Cass., Sez. I, 26 ottobre 2018, n. 27299; Cass., n. 9009/2017, cit.; Cass., Sez. I, 13 dicembre 2012, n. 22957).

3 – Il ricorso va, pertanto rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il il 1 ottobre 2020

 

 

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