Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2096 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30552/2018 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Federico Cesi,

72 presso lo studio dell’avvocato Andrea Sciarrillo che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pietro Sgarbi;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1553/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

A.J., cittadino del (OMISSIS), ricorre con sei motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 25 luglio 2018 di rigetto della impugnazione della ordinanza che confermava il diniego da parte della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di ogni forma di riconoscimento della protezione internazionale da lui richiesta.

La Corte di Appello riteneva che le dichiarazioni del richiedente di essere stato costretto alla fuga per le minacce di morte ricevute quale militante di un partito da parte di componenti di un diverso partito, erano assolutamente generiche non risultando il ricorrente – pur dichiarandosi segretario del partito per la sua area di residenza – in grado anche solo di indicare le rispettive posizioni politiche dei due gruppi. Rilevava comunque la assenza di qualsiasi condizione che giustificasse le varie forme di tutela invocata escludendo anche il rischio generico del paese di provenienza quanto alla possibile condizione di violenza generalizzata.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 art. 1 Convenzione di Ginevra; D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,7 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 3 e 10 Cost., dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6; art. 360 c.p.c., n. 5 per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si sostiene che la sentenza non abbia effettuato le valutazioni imposte dalla normativa invocata.

Con il secondo motivo la violazione o falsa applicazione dell’art. 1 convenzione di ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) definizione di rifugiato quanto alla sussistenza delle condizioni della protezione internazionale.

Con il terzo motivo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis (procedure di esame) quanto alla valutazione delle dichiarazioni del ricorrente.

Tali primi tre motivi, riferiti alla protezione internazionale, sono infondati, risolvendosi in una doglianza generica sulle valutazioni della Corte di merito. Il ricorrente non rileva effettive violazioni di legge ma propone, con argomentazioni generiche, una diversa valutazione, non consentita in sede di legittimità, degli elementi disponibili.

Con il quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b), c) quanto alla protezione sussidiaria. Con tale motivo rileva la mancata valutazione sia delle sue dichiarazioni che di tutta la sua documentazione a sostegno della propria tesi.

Tale motivo è fondato. Risulta effettivamente un “allegato 6” alle note conclusive del giudizio di primo grado che comprendeva la traduzione asseverata di atti giudiziari e di polizia in grado di sostenere la tesi di una accusa pendente a carico del ricorrente, accusa di cui si segnala la palese falsità per ragioni politiche, nonchè le dichiarazioni del presidente del partito di appartenenza che riferisce anche delle attività di persecuzione subite dal ricorrente. Di tale documentazione non risulta fatta alcuna valutazione, risultandone condizionata la affermazione di genericità delle allegazioni e quindi di loro non plausibilità che è stata la ragione addotta dalla Corte di Appello per negare l’approfondimento istruttorio di ufficio.

Il quinto ed il sesto motivo, riferiti rispettivamente alla valutazione della situazione del (OMISSIS) ed alla domanda subordinata di protezione umanitaria, risultano assorbiti dall’accoglimento del quarto motivo per il quale la sentenza va cassata con rinvio per nuovo giudizio sulla scorta della utilizzazione del materiale probatorio pretermesso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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