Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2096 del 29/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 29/01/2021), n.2096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27686/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE BANCO DI NAPOLI PER L’ASSISTENZA ALL’INFANZIA,

rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Paolo Laudisio e

dall’avv. Roberto Virzo, elettivamente domiciliata presso il loro

studio in Roma, via E. Glori, n. 40.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 338/46/2012, pronunciata in data 25/09/2012, depositata

in data 13/11/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 novembre

2020 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia impugnò innanzi alla Commissione tributaria di Napoli il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua istanza di rimborso dell’I.r.e.s., per l’annualità 2006, per un ammontare di Euro 1.621.987,00, che faceva leva sulla propria qualifica di ente non commerciale ex artt. 87,108, t.u.i.r., esentato dall’obbligo di versare l’imposta;

2. la C.T.P. di Napoli accolse il ricorso, con sentenza n. 37/40/2011, confermata dalla Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, innanzitutto, si è stabilito che la Fondazione è un ente pubblico distinto dalla Fondazione Banco di Napoli, azionista dell’omonimo istituto bancario; nel merito, la C.T.R. ha premesso che i redditi fondiari derivanti dalla locazione del patrimonio immobiliare della Fondazione sono utilizzati “esclusivamente” per raggiungere il fine istituzionale dell’ente; inoltre, ha richiamato il precedente di legittimità (Cass. n. 28023/2009) che, in analoga controversia, aveva affermato che la natura strumentale degli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio assistenziale comporta che la Fondazione sia inclusa “tra i soggetti non imponibili, ai fini Irpeg-Ilor”; d’altra parte, a giudizio della Commissione regionale, la non imponibilità degli introiti destinati esclusivamente all’esercizio di attività assistenziali era già stabilita dall’art. 108 t.u.i.r., comma 2-bis, in ragione dell’alto valore sociale di tale attività;

3. l’Agenzia ricorre per cassazione con due motivi; la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso (“1) Eccezione di giudicato esterno, ai sensi dell’art. 2909 c.c.”), l’Agenzia formula eccezione di giudicato esterno sul rilievo che, in altre analoghe controversie promosse dalla Fondazione per il recupero delle imposte dirette, relative a precedenti periodi d’imposta, erano intervenute alcune pronunce della Corte (Cass. 19/10/2012, n. 17995; 07/11/2012, n. 19229) che avevano rigettato il ricorso della contribuente ed avevano enunciato il principio di diritto in virtù del quale la qualificazione della Fondazione e la destinazione del reddito degli immobili al perseguimento di scopi di pubblico interesse non erano sufficienti al fine di riconoscere la richiesta esenzione fiscale;

2. con il secondo motivo (“2) Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, art. 73, comma 1, lett. c., art. 74, comma 2, lett. b) e art. 143 (nella nuova numerazione in vigore dal 1 gennaio 2004 ed applicabile “ratione temporis”) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1.”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che i redditi percepiti dalla Fondazione mediante la gestione dei fabbricati di sua proprietà non fossero soggetti ad I.r.e.s., senza considerare che, al contrario, gli artt. 73,143, t.u.i.r., esprimono un principio di generale di imponibilità di tutti i redditi di qualsiasi categoria (fondiari, di capitale, di impresa, diversi) prodotti dagli Enti di assistenza e di beneficienza, con la sola esclusione di quelli esenti e di quelli immediatamente e direttamente prodotti dall’attività istituzionale;

l’A.F. rimarca che la gestione di un’impresa immobiliare, strumentale allo svolgimento di attività di assistenza e beneficienza, non vale a fare considerare “non commerciale” l’attività d’impresa concretamente esercitata in funzione del perseguimento delle finalità istituzionali; sicchè tale attività rimane assoggetta alla disciplina fiscale ordinaria ex art. 143 TUIR;

da una diversa angolazione giuridica, inoltre, l’Agenzia rileva che, anche aderendo alla tesi secondo cui l’intera attività d’impresa svolta dalla Fondazione debba essere considerata “non commerciale”, in ragione della finalità assistenziale perseguita, non sarebbe comunque ravvisabile l’esenzione fiscale richiesta dalla contribuente. Infatti, secondo la difesa erariale, la Cassazione ha ripetutamente affermato che i redditi dei fabbricati, non attratti tra quelli di impresa ai sensi dell’art. 43 t.u.i.r., comma 1, rimangono inquadrabili tra i redditi fondiari e, in mancanza di qualunque ragione contraria, rientrano nella ordinaria base imponibile della L.R.e.s., ai sensi dell’art. 143, t.u.i.r.;

3. il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo motivo;

3.1. le Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 16/06/2006, n. 13916) hanno affermato il principio secondo cui: “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.” (conf., ex multis: Cass. 28/11/2019, n. 31084; 16/05/2019, n. 13152; 03/01/2019; n. 37, 01/07/2015 n. 13498);

3.2. passando all’esame del motivo di ricorso, nella specie opera il giudicato esterno giacchè, in relazione ad altre analoghe controversie, tra le stesse parti – nelle quali la Fondazione propose istanza di rimborso dell’I.r.p.e.g. (che il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 ha sostituito con l’I.r.e.s., a decorrere dal periodo d’imposta 2004) versata per l’anno 2000/2001 e per l’anno 2002, assumendo di non essere tenuta al relativo pagamento per essere un’Istituzione pubblica di assistenza e beneficienza –, questa Sezione tributaria (Cass. 19/10/2012, nn. 17994 e 17995, per il periodo d’imposta 2000/2001; Cass. 07/11/2012, n. 19229, per il periodo d’imposta 2002) ha stabilito che la Fondazione, pur essendo un’istituzione avente natura di soggetto di diritto pubblico (al riguardo si è richiamato Cass. Sez. U. n. 30176/11), inquadrata nell’ambito della previsione di cui all’art. 87 t.u.i.r., comma 2, lett. c, tuttavia, non è esentata dal pagamento dell’I.r.p.e.g.;

3.3. in progresso di tempo, sulla scia di queste decisioni, la Corte ha quindi enunciato il principio di diritto (che si attaglia anche al caso in esame per le ragioni sopra evidenziate), in base al quale: “In tema di IRPEG, l’esenzione dal relativo pagamento sancita dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 (oggi art. 74), comma 1, riguarda solo gli organi e le amministrazioni dello Stato, gli enti territoriali, i consorzi ed associazioni tra enti locali, nonchè gli enti gestori di demani collettivi, non anche gli enti pubblici istituiti esclusivamente al fine dell’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie (nella specie, l’Opera Pia Società Asili d’Infanzia), che, invece, sono assoggettati al pagamento in forza del combinato disposto di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87 (oggi art. 73), comma 1, lett. c), art. 88 (oggi art. 74), comma 2, e art. 108 (oggi art. 143) che assegna rilievo all’attività, non commerciale, per cui detti enti sono stati istituiti. Ne consegue che il reddito complessivo di questi ultimi va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, che mantengono la loro autonomia impositiva e non confluiscono nell’unica categoria del reddito d’impresa, senza che sia applicabile la deroga di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40 (oggi art. 43).” (Cass. 24/04/2015, n. 8322; conf.: 28/02/2017, n. 5163; 07/05/2014, n. 9791);

a ciò si aggiunga che, in questa vicenda, ricorre anche l’ulteriore condizione dell’efficacia espansiva del cd. giudicato esterno, in materia tributaria, ossia che, con riferimento al periodo d’imposta sub iudice, non siano intervenute modifiche normative sul punto fondamentale coperto dal precedente giudicato;

4. in conclusione, accolto il primo motivo del ricorso e assorbito il secondo, la sentenza impugnata è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;

5. ricorrono giustificati motivi per compensare, tra le parti, le spese dei gradi di merito e di quello di legittimità per la prossimità cronologica tra i detti giudicati esterni e la sentenza d’appello qui impugnata, favorevole alla contribuente.

PQM

accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021

 

 

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