Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2096 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. RG 14060-2021 proposto da:

ICCREA BANCAIMPRESA SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via Claudio Monteverdi

20, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI IANNETTI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GREEN 4.0 S.A.S. D.V.L. E C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LEONE IV, 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAURO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO CANNAROZZO;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. RG 35641/2020

del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 23/04/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 30/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTRERO, in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. ALESSANDRO PEPE, il quale

chiede, che la Corte di Cassazione accolga il proposto regolamento

di competenza, annullando l’impugnata ordinanza di sospensione.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Iccrea BancaImpresa s.p.a. ricorre avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Roma ha disposto la sospensione ex art. 295 c.p.c., del procedimento sommario di cognizione, pendente davanti allo stesso giudice monocratico, introdotto dalla deducente per ottenere, dalla s.a.s. Green 4.0, la restituzione di un immobile detenuto in forza di un contratto di locazione finanziaria, affermando la pregiudizialità di quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto, dalla locatrice medesima, per il pagamento dei canoni insoluti e accessori;

ad avviso del Tribunale la pregiudizialità era determinata dalla circostanza che entrambe le domande risultavano fondate sulla pretesa risoluzione contrattuale, laddove, pur pendendo i processi davanti allo stesso ufficio giudiziario, la riunione non era possibile posto l’assoggettamento degli stessi a riti differenti, e l’impossibilità di mutare quello sommario in ordinario attesa l’assenza d’istruttoria da svolgere;

resiste con memoria, anche illustrativa, la s.a.s. Green 4.0;

ha depositato conclusioni scritte il Pubblico Ministero.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta l’assenza di pregiudizialità tra le due liti, posta la differenza di “petitum”, in un caso di condanna al pagamento dei canoni, nell’altro al rilascio dell’immobile oggetto di leasing;

con il secondo motivo si prospetta l’erroneità dell’ordinanza per mancata riunione dei procedimenti, in quanto pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario, previo mutamento del rito sommario in ordinario proprio in ragione dell’implicazione istruttoria determinata dalla connessione;

Rilevato che:

il secondo motivo di ricorso è fondato e assorbente;

da quanto riportato in ricorso, e rimasto pacifico tra le parti, emerge ciò che basta a vagliare il regolamento;

come osservato dal Pubblico Ministero:

a) quando tra due procedimenti, pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse di quest’ultimo, esista un rapporto di identità o di connessione, il giudice del giudizio pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve rimettere gli atti al capo dell’ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione (Cass., 17/05/2017, n. 12441);

b) qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione insorga una questione di pregiudizialità rispetto a ulteriore controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (o venga invocata l’autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2), si determina la necessità di un’istruzione non sommaria e, quindi, il giudice non può adottare un provvedimento di sospensione ma deve, a norma dell’art. 702-ter c.p.c., comma 3, disporre il passaggio al rito della cognizione piena e, nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi al medesimo Ufficio o a sezioni diverse di quest’ultimo, il giudice del giudizio reputato pregiudicato deve rimettere gli atti al capo dell’Ufficio, ex artt. 273 e 274 c.p.c., salvo che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione, non ostando all’eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo trovare applicazione il disposto di cui all’art. 40 c.p.c., comma 3, (Cass., 07/12/2018, n. 31801, Cass., 13/11/2020, n. 25660);

evidentemente, il caso in esame, trattandosi di giudizi entrambi nella fase iniziale, la connessione avrebbe imposto, per il giudice del provvedimento oggetto di regolamento, il mutamento del rito da sommario in ordinario e la rimessione al capo dell’Ufficio, di certo non potendosi, illogicamente, per un verso escludere il suddetto mutamento in ragione della possibilità di pronta decisione della causa introdotta con nelle forme semplificate e poi sospendere quest’ultima, per la ritenuta pregiudizialità, senza permettere al contempo la riunione dei due processi per connessione, in ragione dello stesso diniego di mutamento del rito;

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza gravata e dispone la prosecuzione del processo, condannando parte resistente alla rifusione delle spese processuali di parte ricorrente liquidate in Euro 2.200,00 oltre 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo non è tale da giustificare il pagamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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