Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20955 del 22/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/07/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 22/07/2021), n.20955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22313 del ruolo generale dell’anno 2014,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

TRE G G.A. società cooperativa, in persona del

liquidatore pro tempore, e G.M., rappresentati e

difesi, giusta procura speciale a margine del controricorso,

dall’avv. Giovanni Antonio Cillo, col quale elettivamente si

domiciliano in Roma, alla via Giuseppe Galati, n. 100/C, presso lo

studio dell’avv. Enzo Giardiello;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sede di Salerno, depositata in data 11

febbraio 2014, n. 1307;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 14 aprile 2021

dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

lette le considerazioni espresse dalla Procura generale, in persona

del sostituto procuratore generale Umberto De Augustinis, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che per l’anno 2006 l’Agenzia delle entrate ha notificato al liquidatore e alla società cooperativa un avviso di accertamento sostitutivo di altro avviso, che era stato impugnato perché emesso in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Società e liquidatore impugnarono anche il secondo avviso tornando ad eccepire la violazione del termine dilatorio previsto dalla norma indicata e ne ottennero l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino.

Quella regionale della Campania ha respinto l’appello dell’Agenzia, sostenendo che permanesse la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che articola in due motivi, cui società e liquidatore reagiscono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere, in via preliminare, esaminata la questione degli effetti derivanti dalla circostanza che le conclusioni del Procuratore generale sono state formulate e spedite alla cancelleria della Corte in data 31 marzo 2021, dunque tardivamente (di un giorno) rispetto al termine prescritto dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2020), che lo individua nel “quindicesimo giorno precedente l’udienza” (nella specie corrispondente al 30 marzo), prevedendo poi – in conformità alla regola generale – che i difensori delle parti possono depositare memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. “entro il quinto giorno antecedente l’udienza”.

il Collegio ritiene che la tardività sia fonte di nullità processuale di carattere relativo, la quale, pertanto, resta sanata a seguito dell’acquiescenza delle parti ai sensi dell’art. 157 c.p.c..

Premesso, infatti, che l’intervento del Procuratore generale nelle udienze pubbliche dinanzi alle Sezioni unite civili e alle sezioni semplici della Corte di cassazione è obbligatorio – a pena di nullità assoluta rilevabile d’ufficio (art. 70 c.p.c. e art. 76 ord. giud.) – in ragione del ruolo svolto dal Procuratore generale a tutela dell’interesse pubblico, la tempestività dell’intervento, in relazione al disposto del D.L. n. 137 del 2020, citato art. 23, comma 8-bis opera invece esclusivamente a tutela del diritto di difesa delle parti, con la conseguenza che deve ritenersi rimessa a queste ultime la facoltà – e l’onere – di eccepirne la tardività, in base alla disciplina prevista per le nullità relative; laddove nel caso in esame nessuna eccezione è stata proposta.

2.- Il ricorso che, contrariamente a quanto eccepito in controricorso, è ammissibile, perché adeguatamente formulato sia sotto il profilo dell’enunciazione dei fatti, sia quanto all’individuazione della questione giuridica e dei profili di illegittimità della sentenza impugnata, è fondato.

3.- Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, dello statuto dei diritti del contribuente, là dove il giudice d’appello ha ritenuto che il secondo avviso fosse, al pari del precedente, viziato da nullità per l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla norma in questione.

Ciò perché il giudice d’appello ha in sostanza reputato che, ove sia stato emesso un avviso di accertamento ante tempus, il termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, riprenda a decorrere ex novo quando l’atto viziato sia stato rimosso, per cui l’emissione di un successivo avviso debba essere differita di un nuovo termine di sessanta giorni, decorrenti dal momento della rimozione del precedente atto. E ha tratto proprio da questa considerazione la conclusione dell’impossibilità per l’Agenzia di emettere legittimamente un secondo atto impositivo facendo ricorso all’autotutela.

3.1.- Il ragionamento della Commissione tributaria regionale è erroneo, rivelandosi in contrasto col costante orientamento di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui l’avviso di accertamento sia annullato in via di autotutela, in quanto illegittimamente adottato senza rispettare il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, la rinnovazione dell’avviso resta soggetta solo all’originario termine decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, non potendosi far decorrere un nuovo termine dalla rimozione dell’atto (Cass. n. 21820/17; Cass. n. 33501/18).

Si tratta di un effetto conseguente giustappunto all’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, ossia di provvedere con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati), espressamente riconosciuto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1, conv. con L. n. 656 del 1994 (da ultimo, in termini, Cass. n. 25055/19, coerente con Corte Cost. n. 181/17), purché, in caso di avvenuta impugnazione dell’atto impositivo, non sia intervenuto giudicato sull’accertamento ad esso sotteso.

4.- L’annullamento dell’atto illegittimo, conseguente all’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, oppure a seguito di decisione giudiziale, comporta che quell’atto diviene definitivamente improduttivo di effetti.

Ciò, tuttavia, non incide sul termine stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, che, in assenza di qualsiasi previsione esplicita o implicita, non può subire alcuna sospensione od interruzione.

Il decorso del termine, del resto, costituisce il presupposto per la legittimità del provvedimento impositivo, sicché, anche in caso di violazione, il termine medesimo continua a decorrere, riverberandosi l’infrazione solo sull’atto emesso.

4.1.- Si tratta di una conclusione congruente con la ratio della disposizione, che è quella di concedere un termine al contribuente per osservazioni o richieste a partire dal momento in cui le operazioni degli organi di controllo siano state chiuse, sì da arricchire il materiale soggetto a valutazione; e tale momento non può essere equiparato alla successiva (e, nel caso, illegittima) determinazione dell’amministrazione finanziaria, la quale, invece, integra una valutazione sulle operazioni di controllo.

Gli elementi posti all’attenzione del contribuente, d’altronde, sono quelli esistenti proprio con riguardo alla chiusura delle operazioni, sicché anche sotto questo profilo resta priva di giustificazioni la prospettata rinnovazione del termine dilatorio.

5.- Ne deriva, in conclusione, che, ove l’atto sia stato annullato in via di autotutela perché emesso ante tempus, la rinnovazione dell’avviso resta soggetta solo all’originario termine dilatorio di sessanta giorni, decorrente dal “rilascio della copia del processo verbale chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo”, non potendosi far decorrere un nuovo termine dalla rimozione dell’atto illegittimo.

5.1.- Il motivo va quindi accolto, con assorbimento del secondo, che riguarda il merito.

Ne deriva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale per un nuovo esame e per la regolazione delle spese di lite.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

 

 

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