Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20955 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 06/08/2019), n.20955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24516-2015 proposto da:

A.R., D.R., A.P., A.N., con domicilio

eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato STEFANO FRANCESCO

BASSETTA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI ARCENE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI PAISIELLO 15, presso lo studio

dell’avvocato GRAZIANO BRUGNOLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMILIANO BATTAGLIOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 878/2015 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 09/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

che:

La controversia concerne due avvisi di accertamento ai fini ICI relativi agli anni di imposta 1998 e 1999 con il quale il Comune di Arcene recuperava all’imposizione tre appezzamenti di terreno che, nonostante fossero distinti ciascuno da un proprio mappale e fossero classificabili urbanisticamente come terreni edificabili, i contribuenti ritenevano costituire un unico corpo pertinenziale di un fabbricato del quale costituivano giardino piantumato dotato di recinzione. Questa Corte si pronunciava con sentenza n. 25170 del 2013 sul ricorso del Comune di Arcene nella causa n. 4135 del 2010, disponendo il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia per il riesame, atteso che l’esistenza di una recinzione del giardino non era “prova oggettiva ” di pertinenzialità, e rilevando come il giudice del merito non avesse correttamente evidenziato i profili probatori, in particolare quelli facenti capo ai contribuenti, in ordine alla dimostrazione del carattere di “pertinenza” dei terreni.

A seguito di riassunzione, la causa veniva decisa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 878/67/2015, rigettando il ricorso dei contribuenti. D.R., A.N., A.P., A.R. ricorrono per la cassazione della sentenza, svolgendo tre motivi, illustrati con memorie.

Il comune di Arcene si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, art. 51, approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, atteso che per i giudici di appello sarebbe stato insignificante che per l’abitazione si sia passati da 8 a 9 vani, al fine di considerare assolto dai contribuenti l’onere di provare che la rendita dell’abitazione comprendesse anche il valore della pertinenza corrispondente alla parte di giardino non graffata. I contribuenti lamentano che secondo la Commissione Tributaria Regionale sarebbe veritiera che la rendita presunta sia maggiore di quella in atti a causa della maggiorazione della consistenza catastale del fabbricato principale, ma non sarebbe stata fornita la prova che tale maggiorazione – il vano in più – sia esattamente rappresentativa del computo dei mappali del giardino non “graffati “.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, argomentandosi che ove l’espressione “al netto della deduzione che il terreno serva in concreto come appendice o ornamento dell’immobile principale”, fosse da intendere nel senso di “a prescindere se il terreno serva in concreto come appendice o ornamento dell’immobile principale”. I contribuenti rilevano che nel giardino sarebbero presenti numerosi alberi ornamentali e da frutto, un berceau, un orticello ed un serraglio per qualche gallina ovaiola; inoltre l’abitazione sarebbe recintata con il giardino.

3. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica.

La questione all’esame della Corte riguarda la ritenuta pertinenzialità di fatto di due terreni (mappali (OMISSIS) e (OMISSIS)) qualificati come aree edificabili nell’atto di successione registrato in data 17.1.1983, ma non dichiarati ai fini ICI dai contribuenti, per una superficie complessiva pari a mq. 1200.

L’Ufficio nel corso dei giudizi di merito e di legittimità ha sempre escluso il carattere di pertinenzialità dei terreni per le intrinseche caratteristiche, tra cui la notevole estensione, la destinazione urbanistica ecc..

3.1. Il presente giudizio è stato promosso a seguito di sentenza di rinvio di questa Corte, n. 25170 del 2013, che, accogliendo il ricorso del Comune, ha statuito che: “l’esistenza di una recinzione del giardino non è prova oggettiva di pertinenzialità essendo opera rimuovibile ad libitum – risulta che il giudice a quo non ha fatto buongoverno di siffatti principi e non abbia correttamente evidenziato i profili probatori (in particolare quelli facenti carico i contribuenti) in ordine alla dimostrazione dei sopra indicati caratteri di una pertinenza, che sia costituita aree edificabili non denunciate ai fini Ici unitamente al fabbricato (su tale necessità vedi Cass. n. 13017/2012) e che, peraltro, è considerata catastalmente autonoma (senza che sia stata mai attivata dai contribuenti una corretta e difensiva procedura per la variazione catastale) rispetto al fabbricato cui si pretenda sia asservita”.

La tesi sostenuta dalla Agenzia delle entrate è che un terreno debba essere considerato pertinenziale ad un immobile esclusivamente alla presenza della “graffatura” nel mappale catastale. Qualora il terreno fosse, invece, iscritto al Catasto terreni, e quindi sprovvisto di apposita “graffatura” non potrà mai, in nessun caso, essere considerato pertinenziale.

3.2. La “graffatura” è la rappresentazione grafica del rapporto pertinenziale tra l’abitazione ed un’area. Essa consiste nell’apposizione di una “cediglia” che collega il disegno del fabbricato al terreno di pertinenza. Sono terreni “non graffati”, dunque, quelli non censiti al Catasto Urbano, unitamente al bene principale, ma censiti separatamente nel catasto terreni.

In materia di imposte sui redditi, l’art. 10, comma 3 bis, del TUIR, concernente la deduzione dal reddito complessivo del reddito rinveniente dall’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, considera pertinenze ” le cose immobili di cui all’art. 817 c.c., classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente”.

L’art. 817 c.c. considera pertinenze “le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa”. Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale, è necessario il requisito oggettivo della relazione di strumentalità e complementarietà funzionale tra il bene principale e quello accessorio, nonchè il requisito soggettivo della volontà effettiva del proprietario del bene principale, o titolare di un diritto reale sul medesimo, di destinare “durevolmente” il bene accessorio a servizio od ornamento di quello principale.

Il rapporto tra pertinenza e cosa principale è un rapporto di complementarietà funzionale economico – giuridica, nell’ambito del quale la prima non perde la propria individualità.

3.3. Ciò premesso, va chiarito, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il richiamo del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, (Approvazione del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano) nella fattispecie non è pertinente, atteso che all’art. 51 si parla di “unità immobiliari alle quali siano annesse aree formanti parti integranti di esse”, sicchè in questo caso, dal punto di vista fiscale, si è fuori dal vincolo pertinenziale, trattandosi di un’area che si assume avere perso la propria individualità, e che costituisce con l’abitazione un immobile inscindibilmente considerato.

Nella specie, invece, le aree che si assumono pertinenziali hanno una loro individualità, non essendo in contestazione l’autonoma iscrizione in catasto, oltre le caratteristiche di edificabilità delle stesse, ma i contribuenti in ricorso ne rilevano il ruolo servente dell’abitazione principale in quanto adibite a giardino ornamentale, evidenziandone le peculiari caratteristiche, quali la presenza di piante ornamentali e da frutto, di un berceau, di un orticello e di un serraglio per qualche gallina ovaiola.

In ragione delle indicazioni suggerite dal giudice del rinvio, i contribuenti erano tenuti a dimostrare in giudizio l’asserito vincolo di pertinenzialità dei terreni con l’abitazione principale, ed in particolare la circostanza decisiva che i terreni fossero a servizio dell’abitazione principale, in modo durevole.

Con riferimento alla destinazione durevole a servizio dell’abitazione principale, è stato detto che il concetto di pertinenza va rapportato alla concreta volontà dei soggetti titolari, e può essere inteso in senso lato (come per i posti auto), sicchè la circostanza che due immobili siano isolati e staccati è priva di rilievo al fine di escludere che uno di essi costituisca pertinenza dell’altra, non occorrendo per la sussistenza del rapporto pertinenziale che le due cose siano fisicamente connesse o adiacenti.

Questa Corte, per esempio, in tema di tassabilità di aree edificabili pertinenziali ai fini ICI, ha escluso l’autonoma tassabilità delle stesse nel caso in cui si verifichi “la destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio o ornamento di un’altra, secondo la definizione contenuta nell’art. 817 c.c.” (Cass. n. 10090 del 2012 e Cass. n. 19638 del 2009) confermando così che alle pertinenze si applica il medesimo regime fiscale dell’immobile principale.

Le suddette pronunce hanno integrato il disposto, considerando la mancata presentazione della dichiarazione ICI da parte del contribuente per il diverso utilizzo dell’area alla stregua dell’assenza del vincolo di pertinenzialità, sicchè in tal caso sarebbe dovuta l’ICI in quanto area edificabile. In particolare, è stato chiarito che è dovuta VICI in relazione ad un terreno, classato come edificabile nel piano regolatore generale, anche se adibito a giardino e, dunque, pertinenza dell’abitazione principale, nel caso in cui il contribuente abbia omesso di comunicare tramite la dichiarazione ICI tale cambiamento di destinazione del terreno stesso rispetto a quanto riportato nel P.R.G. Il vincolo di asservimento, secondo questa Corte, rende, infatti, ininfluente qualsiasi destinazione ma, tenendo conto del sistema normativo che regola l’ICI, va tenuta presente la valenza attribuita alla dichiarazione, quale mezzo per introdurre una modifica nella situazione possessoria da parte del contribuente. Ne consegue che se il contribuente ometta di presentare una dichiarazione in cui si affermi la pertinenzialità del terreno in via di specialità, la situazione rimarrebbe quella originaria, ossia quella di terreno edificabile come indicato nel Piano Regolatore Generale. Inoltre, questa Corte ha precisato che: “perchè un’area fabbricabile perda il (plus) valore costituito… dalla edificabilità, occorre che intervenga una soggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi, in concreto e stabilmente, lo ius edificandi, che non si risolva quindi in un mero collegamento materiale rimovibile ad libitum”.

Invero, a tale riguardo anche in sede di giudizio di rinvio, i contribuenti non hanno provato di aver avviato alcuna procedura di variazione catastale del terreno di cui si pretenda sia servita l’abitazione principale, oltre a non avere provveduto ad adempiere agli obblighi dichiarativi per introdurre la necessaria modifica della propria situazione possessoria.

3.4. In sostanza, ai fini ICI, per dedurre la pertinenzialità di un terreno edificabile, adibito a giardino, il contribuente è tenuto a dimostrare di avere espresso la propria volontà di destinare quel terreno, benchè edificabile, a pertinenza dell’abitazione principale, assolvendo agli oneri dichiarativi previsti dall’imposta comunale sugli immobili (requisito soggettivo) e provando di avere effettivamente destinato in modo “durevole” il bene accessorio a servizio ed ornamento del bene principale (requisito oggettivo).

Va, invece, chiarito, che la tesi sostenuta dall’Agenzia delle entrate, in ordine alla necessaria graffatura del mappale, è stata superata da quanto sostenuto da questa Corte, secondo cui la qualifica di pertinenza di un fabbricato non è data dalle risultanze catastali, ma unicamente dalla situazione di fatto: “il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2 (in materia di ICI), il quale esclude l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, fonda la qualifica di pertinenza sul criterio fattuale, e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra cosa, ai sensi dell’art. 817 c.c., senza che rilevi l’avvenuto frazionamento catastale dell’area, ovvero la mera distinta iscrizione in catastao della pertinenza e del fabbricato, e tanto meno, per quanto attiene la fattispecie in esame, la presenza o meno di segni grafici, inconsistenti sul piano probatorio” (Cass. n. 5755 del 2005).

In sintesi, ciò che rileva per definire la natura pertinenziale di un immobile è l’accertamento dei requisiti indicati dall’art. 817 c.c., ossia destinazione durevole della cosa a servizio della cosa principale e volontà dell’avente diritto a creare un vincolo di destinazione.

Quest’ultima caratteristica, di natura oggettiva, deve emergere, con riferimento ad un terreno edificabile, che si assume adibito a giardino ornamentale, dalla radicale trasformazione dell’area che sterilizzi in concreto e stabilmente lo ius edificandi, anche mediante specifica indicazione nelle relative dichiarazioni.

E’ stato infatti chiarito che: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI) l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibile da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poichè, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario, al mero fine di godere dell’esenzione, creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso” (Cass. n. 22128 del 2010).

3.5. Nella fattispecie, si rileva dalla parte motiva della sentenza di rinvio di questa Corte n. 25170/2013 che i contribuenti non hanno mai denunciato ai fini Ici le aree fabbricabili unitamente al fabbricato, e che l’area oggetto di contestazione è stata sempre accatastata in modo autonomo, e con destinazione urbanistica edificatoria “residenziale di completamento”, nè nel corso del giudizio di rinvio è stata fornita la prova della radicale trasformazione del bene, tale da rendere il terreno, in modo definitivo, quindi, non più trasformabile, come pertinenza dell’abitazione principale.

Da siffatti rilievi consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata, atteso che la Commissione Tributaria Regionale, con accertamento in fatto, ha chiarito che i contribuenti non hanno fornito la prova richiesta da questa Corte in sede di rinvio, tenuto conto della irrilevanza a tale fine della circostanza che vi sia una rendita presunta del fabbricato e del garage maggiore di quella risultante dalla visura catastale, tale non potendosi intendere come effettiva cristallizzazione dello “iusaedificandi “delle aree che si assumono essere pertinenziali.

4.Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla eccezione di decadenza dell’accertamento per infedele dichiarazione per l’anno 1998.

4.1. La censura è inammissibile in quanto difetta di autosufficienza. Non è dato rinvenire nè dal contenuto della sentenza n. 25170/13 di questa Corte, nè dalla lettura della sentenza della Commissione Tributaria Regionale oggetto di impugnazione, che il contribuente abbia prospettato nei vari giudizi di merito questa doglianza. Invero, questa Corte, con indirizzo condiviso ha affermato il principio secondo cui: “E’ inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, si dà consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte” (Cass. n. 17049 del 2015; Cass. n. 14561 del 2012). Onere processuale a cui non si è ottemperato, non essendo sufficiente, come avvenuto nella fattispecie, che si riporti in ricorso la sintesi dei motivi, o lo stralcio degli stessi.

5. In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le parti soccombenti, in solido, al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 1400,00, per compensi oltre spese forfetarie ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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