Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20954 del 16/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20954 Anno 2015
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 4081-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
HARDI MAGAZINE COOP. SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo
studio dell’avvocato CATALDO D’ANDRIA, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 16/10/2015

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 23/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott.

PAOLA

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MASTROGREGORI
per delega dell’Avvocato D’ANDRIA che si riporta agli
scritti e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

VELLA;

RITENUTO IN FATTO
A seguito di p.v.c. della G.d.F. del 25.9.1996, venivano notificati alla società
“Hardi Magazine coop. a r.l.” tre avvisi di rettifica, relativi ad Iva (anni 1993 e
1994) ed Imposte dirette (anno 1992), con i quali si contestava la detrazione Iva
e la deduzione dei costi relativi ad operazioni ritenute inesistenti, segnatamente
consistenti in servizi editoriali (prestazioni per agenzia d’informazioni e
fotocomposizione) resi dalla società “Editoriale Cover s.r.l.”, appartenente al
medesimo Gruppo Bassoli.

motivazione (stante il mero rinvio al p.v.c. della G.d.F.), l’erronea assunzione di
dichiarazione di terzi, nonché il travisamento dei fatti, per mancata conoscenza
dei reali processi di lavorazione e ideazione propri dell’edizione di riviste.
La C.T.P. di Roma, riuniti i ricorsi, li respingeva, mentre la C.T.R. del Lazio
accoglieva l’appello della società, osservando, tra l’altro: che l’attività di editing
svolta dalla contribuente risultava necessariamente correlata ed inerente
all’esercizio dell’impresa; che le dichiarazioni rese dai terzi ai verbalizzanti erano
inutilizzabili, ai fini della prospettata esistenza di una società di comodo volta al
mero conseguimento dei contributi statali; che comunque la società aveva
presentato tutta la documentazione delle spese recuperate a tassazione, non
contestata dall’Ufficio, documentando altresì l’errore in cui era incorsa la G.d.F.
nel costruire “un complesso edificio presuntivo non supportato da alcun elemento
certo e preciso”.
Per la cassazione della sentenza d’appello, depositata il 23.12.2008 e non
notificata, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi, cui la
contribuente ha resistito con controricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta la
«Insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo in
relazione all’art. 360 n. 3 (rectius n. 5) c.p.c.», sulla scorta del seguente
momento di sintesi: «era controverso tra le parti se le prestazioni fatturate dalla
Editoriale Cover srl alla società contribuente Hardi Magazine, aventi ad oggetto
servizi di editing, fossero “esistenti” in quanto la GdF, come ribadito dall’ufficio
nei propri scritti difensivi, aveva rilevato che l’intero comportamento della Hardi
denotava una gestione antieconomica dell’impresa anche perché i costi sostenuti
per le prestazioni strumentali all’edizione della rivista “Flash” erano
notevolmente superiori ai ricavi ottenuti dalla vendita della rivista e che le
medesime prestazioni di editing potevano essere ottenute sul mercato a prezzi
decisamente inferiori. La CTR definisce tali fatti controversi affermando che
l’attività di editing è inerente all’impresa, la società non è una società di comodo,
ud. 21/4/2015

n. 4081/10 R.G.

La contribuente impugnava gli atti impositivi lamentando la carenza di

altre sentenze della CTR hanno accolto analoghi ricorsi, il contribuente ha
prodotto documentazione idonea a dimostrare l’erroneità dell’assunto della GdF.
Dunque esprime valutazioni del tutto irrilevanti, non attinenti al fatto
controverso oppure del tutto apodittiche».
2. Con il secondo mezzo la ricorrente censura altresì

la «Contraddittoria

motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360
n. 5 c.p.c.», osservando che: «In sintesi, la CTR, dopo aver affermato che le
dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza nel corso delle verifiche ben possono

nella specie le dichiarazioni assunte dalla Guardia di Finanza sono state
confermate dalla stessa contribuente, ma inopinatamente la CTR le ritiene
inutilizzabili perché prive di riscontro».
3. Il terzo motivo attiene infine alla dedotta «Violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»,

ed è corredato dal

seguente quesito di diritto: «Dica la Corte se nel caso in cui venga contestata ad
una società contribuente la antieconomicità della propria gestione aziendale e
dunque contestata l’effettività dei costi sostenuti, sia onere de contribuente
dimostrarne, invece, l’effettività e tale prova non possa essere fornita mediante
produzione della sola documentazione contabile e, dunque, se nel caso di specie
in cui l’ufficio aveva contestato l’effettività delle prestazioni di editing fornite alla
contribuente e la congruità del costo sostenuto per le stesse in quanto i suddetti
costi, strumentali per la edizione di una rivista, erano, in tutti gli anni esaminati,
di gran lunga superiori ai ricavi conseguiti dalle vendite della stessa rivista, violi
il disposto dell’art. 2697 c. c. la sentenza della CTR che si limiti ad affermare:
“l’appellante ha presentato tutta la documentazione delle spese recuperate a
tassazione e non contestata dall’Ufficio documentando l’errore in cui la Guardia
di Finanza è incorsa nella stesura del processo verbale d cui discende
l’accertamento».
4. I primi due motivi meritano accoglimento, con assorbimento del terzo.
5. In linea generale va premesso che il vizio di insufficiente (ovvero omessa)
motivazione, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma,
cod. proc civ., sussiste qualora il giudice di merito non dia adeguatamente conto
– come nel caso di specie – delle inferenze logiche che devono non solo
sussistere, ma anche essere palesate, tra gli elementi probatori acquisiti in
giudizio e le conclusioni che ne vengono tratte in sede decisionale (cfr. Cass. n.
3370/2012, n. 16655/2011, n. 4556/2009). Il giudice tributario non può infatti
limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, ma deve

ud. 21/4/2015

n. 4081/10 R.G.

costituire validi indizi probatori se confermate da altri elementi. Afferma che,

anche procedere alla descrizione del processo cognitivo che ha portato alla
formazione di quel giudizio (cfr. Cass. n. 6947/2014, n. 1236/2006).
5.1. Nella sentenza impugnata, a fronte della contestata indeducibilità dei
costi – ed indetraibilità dell’Iva corrispondente – riguardanti servizi editoriali resi
alla società cooperativa contribuente da una società appartenente al medesimo
gruppo, la cui antieconomicità (per l’anomalo rapporto tra costi e ricavi) aveva
indotto l’amministrazione finanziaria a contestare trattarsi di operazioni
inesistenti, il collegio regionale si è limitato: a) ad affermare inutilmente la non

ellitticamente inutilizzabili le “risultanze prospettate dalla Guardia di Finanza ai
fini di una società di comodo rivolta al mero conseguimento di contributi statali”,
pur dopo aver contraddittoriamente sostenuto che “le risultanze testimoniali”
avevano trovato “conferma nelle dichiarazioni del contribuente”; c) a richiamare
vagamente “le numerose sentenze di questa Commissione Tributaria Regionale”
che, con riguardo ad altre annualità o diverse società del medesimo gruppo,
avrebbero rilevato “l’intento della Guardia di Finanza di costruire un complesso
edificio presuntivo, non supportato, però, da alcun elemento certo e preciso”; d)
infine a “ricordare”, con tanto generica quanto inconferente approssimazione, “la
circostanza che l’appellante ha presentato tutta la documentazione delle spese
recuperate a tassazione e non contestate dall’Ufficio, documentando l’errore in
cui la Guardia di Finanza è incorsa”.
5.2. Appare quindi evidente che, in ordine ai fatti controversi e decisivi del
giudizio, l’iter motivazionale della sentenza impugnata è alquanto deficitario,
mancando una congrua indicazione degli elementi – specificamente correlati alle
contestazioni mosse negli avvisi di accertamento

de quibus

dai quali è

scaturito il convincimento del giudice di secondo grado, sull’esattezza e logicità
del cui ragionamento resta perciò impedito il dovuto controllo (cfr. Cass. n.
1075/2014).
6. In ordine all’ulteriore rilievo di contraddittorietà della motivazione, occorre
premettere che, nel processo tributario, le dichiarazioni rese da un terzo (in
ipotesi acquisite dalla Guardia di finanza e trasfuse nel processo verbale di
constatazione, poi recepito dall’avviso di accertamento) hanno valore indiziario,
e concorrono a formare il convincimento del giudice, anche se non rese in
contraddittorio col contribuente (Cass. nn. 21813/2012, 22519/2013,
12245/2010, 22210/2008, 25362/2007, 16825/2006), poichè l’inammissibilità
della prova testimoniale non comporta “l’inutilizzabilità, in sede processuale,
delle dichiarazioni di terzi, eventualmente raccolte dall’amministrazione nella
fase procedimentale”, distinguendosi queste dalla tipica prova testimoniale per il

ud. 21/4/2015

n. 4081/10

contestata inerenza dell’attività di editing all’esercizio dell’impresa; b) a ritenere

loro valore probatorio, che è “quello proprio degli elementi indiziari”, senza che si
determini nemmeno una violazione del principio di “parità di armi”, potendo il
contribuente contestare la veridicità delle dichiarazioni in questione e introdurre
a sua volta, nel giudizio di merito, altre dichiarazioni di terzi rese a discarico in
sede extraprocessuale (Corte cost. n. 18/2000; Cass. nn. 20032/2011,
10785/2010, 9402/2007, 4423/2003).
6.1. Al riguardo, il giudice d’appello muove dalla premessa che “i riferimenti
testimoniali dei verbalizzanti sono indubbiamente rilevanti, pur abbisognando di

indizi scaturenti da fonti orali possano assurgere a fonte di prova presuntiva solo
se confortati da ulteriori indagini, poiché – sebbene testualmente l’art. 2729 cod.
civ., così come il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, ed il D.P.R. n. 633 del 1972,
art. 54, si esprimano al plurale – gli elementi assunti a fonte di presunzione non
devono essere necessariamente plurimi, potendo il convincimento del giudice
fondarsi anche su un elemento unico, purché preciso e grave, la valutazione
della cui rilevanza, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è
peraltro sindacabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione adeguata
e logicamente non contraddittoria (Cass. nn. 6947/2015, 656/2014,
9402/2007).
6.2. In ogni caso, la censurata contraddittorietà della motivazione risiede nel
fatto che il collegio giudicante di secondo grado, dopo aver affermato che “nel
caso di specie le risultanze testimoniali trovano conferma nelle dichiarazioni del
contribuente”, ne trae illogicamente (salvo ipotizzare un refuso di stampa che
abbia obliterato la preposizione negativa “non” prima del predicato verbale
“trovano”) la conseguenza della “inutilizzabilità delle risultanze prospettate dalla
Guardia di Finanza”.
6.3. D’altro canto, poiché la prova di circostanze favorevoli alla parte non
può ovviamente essere desunta dalla versione dei fatti da essa offerta, in
contrapposizione a quella emergente dalle dichiarazioni di terzi, in caso di
contrasto spetta al giudice del merito effettuare tutte le verifiche del caso, sul
piano logico e fattuale, tenuto conto anche della ripartizione degli oneri probatori
in materia di deducibilità di costi (Cass. n. 4554/2010) e di differenze
antieconomiche tra costi e ricavi (Cass. nn. 8068 e 8069 del 2010).
7. Da ultimo, fermo l’assorbimento del terzo motivo di ricorso, merita al
riguardo rammentare che, qualora il giudice di merito riscontri i caratteri di
gravità, precisione e concordanza degli elementi probatori presuntivi forniti
dall’amministrazione finanziaria a supporto della pretesa inesistenza delle
operazioni dalle quali origina la contestata detrazione dell’Iva, il contribuente

ud. 21/4/2015

n. 4081/10 R.G.

una conferma da parte di altri elementi”. In realtà, è inesatto assumere che gli

resta onerato di provarne l’effettiva esistenza (ex plurimis, Cass. nn. 6947/2015,
17977/2013, 12245/2010).
8. In conclusione il ricorso va accolto, con rinvio al giudice d’appello in
diversa composizione, ai fini di una più compiuta motivazione sui profili
controversi sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la
sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria

legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 aprile 2015.

regionale del Lazio, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di

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