Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20953 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 17/10/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 17/10/2016), n.20953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28238-2013 proposto da:

S.A., (OMISSIS), S.G. (OMISSIS)

elettivamente domiciliati in ROMA CIRCONVALLAZIONE CLODIA N. 36/A

presso lo studio dell’avvocato FABIO PISANI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE CAINO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

A.R., SA.OR., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI

MONSERRATO 34, presso io studio dell’avvocato SILVIA GOLINO,

rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO CORSARO BOCCADIFUOCO

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.A., B.M., B.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 17881/2012 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA del 3/04/2012, depositata il 18/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. S.G. e S.A. hanno proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. della sentenza della Corte di Cassazione n. 17881 del 18 ottobre 2012, con la quale è stato rigettato il ricorso, iscritto al n.r.g. 22021 del 2010, da lui proposto contro A.R. e Sa.Or., nonchè nei confronti di P.A., B.M. e B.R..

Il suddetto ricorso era stato proposto avverso la sentenza della Corte di Appello Catania del 10 novembre 2009, con cui, in riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Catania, che l’aveva accolta, era stata rigettata una domanda di riscatto agrario proposta dai S..

p.2. Al ricorso per revocazione hanno resistito con controricorso A.R. e Sa.Or..

p.3. Dovendo il ricorso, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., comma 2, essere trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. ai fini della valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, della quale è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(…) p.4. Il ricorso appare inammissibile per inosservanza del requisito dell’esposizione sommaria del fatto, atteso che ha inteso assolvere all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3 nel seguente modo:

a) dalla pagina 2 sino alle prime quattro righe della pagina 36 riproduce integralmente l’intero contenuto del ricorso ordinario;

b) quindi riferisce della sentenza impugnata di questa Corte senza riassumerne in alcun modo sommariamente il tenore e limitandosi a dire che sarebbe incorsa in errori di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

p..4.1. Ora, siffatto modo adempiere l’onere dell’esposizione del fatto che è requisito anche per il ricorso ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. (Cass. sez. un. n. 13863 del 2015), per un verso si risolve in una esposizione del tutto parziale, atteso che nulla si apprende sul come il ricorso ordinario sia stato deciso, per altro verso costringe alla lettura integrale di tale ricorso senza alcuna funzionalità rispetto allo scopo cui la previsione dell’art. 366, n. 3 deve adempiere nel ricorso per revocazione, che è quello di fornire alla Corte di Cassazione una conoscenza del fatto sostanziale e processuale in vista dello scrutinio dei motivi di revocazione.

Tant’è che si ritiene che: “La domanda di revocazione della sentenza della Corte di cassazione per errore di fatto, da proporre, in base al disposto dell’art. 391-bis c.p.c., con ricorso ai sensi degli artt. 365 c.p.c. e segg., deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione del motivo della revocazione, prescritta dall’art. 398 c.p.c., comma 2, e la esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3, e non anche la riproposizione dei motivi dell’originario ricorso per cassazione.” (Cass. sez. un. n. 24170 del 2004).

L’eccedenza riproduttiva per un verso e la carenza riproduttiva dall’altro sembrano, dunque, sostanziarsi in una esposizione inidonea allo scopo di assicurare il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

Tanto dovrebbe giustificare l’inammissibilità del ricorso.

p.5. Peraltro, se si procede, pur nella descritta situazione, alla lettura dei motivi di revocazione, si rileva che essi non sembrano in alcun modo prospettare vizi ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

p.5.1. Con un primo motivo si ravvisa un preteso errore di fatto in affermazioni che la sentenza impugnato ha fatto nella parte dedicata a riferire dello svolgimento del processo e segnatamente per riassumere le ragioni della decisione della Corte d’Appello di Catania.

Il preteso errore di fatto viene ravvisato nell’espressione con cui la sentenza qui impugnata ha fatto precedere il riassunto, che ha il seguente tenore: “la Corte di appello di Catania (….) ha accolto l’appello di A. e Sa. sulle seguenti considerazioni”, che vengono poi enunciate con i numeri da 1 a 4.

Secondo i ricorrenti per revocazione invece la Corte catanese aveva rigettato l’appello quanto a ciò che la Corte di Cassazione riassume nei punti 1, 2 e 3 ed i ciò sussisterebbe l’errore di fatto.

p.5.1.1. Il motivo è del tutto inidoneo a somministrare un errore di fatto incidente:

a) sia perchè il dire che la Corte catanese aveva accolto l’appello sulla base delle “seguenti considerazioni” significava non, come opinano i ricorrenti, che le considerazioni fossero state ragione di accoglimento dell’appello, ma soltanto che quella Corte le aveva svolte nella sua motivazione, sicchè quanto riassunto nei punti 1, 2 e 3 non lo è stato certamente per avallare l’idea sostenuta dai ricorrenti: ciò è tanto vero che il punto n. 4 inizia con un “peraltro”, che sottende chiaramente il distacco dai punti precedenti;

b) sia perchè al loro infondato assetto, che trasforma il riassunto del dipanarsi della motivazione della sentenza d’appello in affermazione che l’appello era stato accolto con riguardo a ciò che enunciavano tutti i punti, i ricorrenti nemmeno fanno seguire alcuna attività enunciativa di come e perchè il preteso inesistente errore avrebbe inciso sul rigetto del loro ricorso ordinario, sicchè si pretende di attribuire rilevanza ad un preteso errore di fatto senza individuare che danni abbia fatto ai fini dell’esito della decisione.

p.5.2. Il secondo errore di fatto denunciato a partire dalla pagina 41 del ricorso resta del tutto oscuro, atteso che per un verso sembrerebbe individuarsi nell’avere affermato la Corte nella sentenza qui impugnata in un punto che vi era un fondo finitimo (pag. 6) e in altro che i fondi non erano confinanti.

Ne segue che nemmeno è dato cogliere una precisa enunciazione del preteso errore di fatto.

In ogni caso, difetta nuovamente qualsiasi individuazione di come e perchè il preteso non meglio individuato errore abbia inciso sulla decisione impugnata, la quale ha dato rilievo, come del resto la sentenza di appello, alla decisività della mancata dimostrazione dell’essere il preteso fondo finitimo oggetto di attività di coltivazione rilevante per giustificare la legittimazione al retratto (p. 6).

p.5.3. Dalla pag. 43 sino a metà della pagina 46 si svolgono considerazioni che non si comprende se siano propositive di altro errore di fatto o riassuntive di quelli che si sarebbe inteso prima denunciare.

L’esposizione non consente di percepire il senso di quanto si argomenta.

p.6. Il ricorso, conclusivamente, appare inammissibile.”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali, del resto, non sono stati mossi rilievi.

Il ricorso è dichiarato inammissibile.

p.3. Le spese seguono le soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di revocazione, liquidate in euro seimilatrecento, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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