Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20953 del 01/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 01/10/2020), n.20953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7494-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

J.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3048/20/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONAT E della LOMBARDIA, depositata il 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. J.R. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso l’avviso con il quale per l’anno di imposta 2009 veniva accertato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, il maggior reddito di Euro 79.476 (rispetto a quello dichiarato di Euro 13.3389) con conseguente ripresa a tassazione delle imposte.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso 3.Sull’impugnazione dell’Agenzia e del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l’appello rilevando che il contribuente aveva dato prova di disporre di sufficienti risorse finanziarie non derivanti da reddito per far fronte alle spese poste a fondamento dell’accertamento sintetico.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di due motivi. Il contribuente non si è costituito.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver accertato la CTR che non era stata fornita la prova della esistenza al momento delle spese delle somme precedentemente introitate e della destinazione della specifica utilizzazione delle somme disponibili a fronteggiare gli esborsi posti a base dell’accertamento sintetico.

1.2 Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avendo la CTR reso una motivazione del tutto apparente in punto di giustificazione delle spese componenti il redito sinteticamente accertato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 L’art. 38, comma 6, nella versione applicabile ratione temporis alla presente controversia prevede che “Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.

2.2 Questa Corte in tema di delimitazione dei confini della prova contraria a carico del contribuente a fronte di un accertamento induttivo sintetico del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, ha ripetutamente affermato che “l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati” Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente” (Cass. ord. n. 1455/16, 25104/148895/2014, 26321/2016).

2.3 Nella fattispecie i giudici di seconde cure, valutando gli specifici elementi offerti dal contribuente non contestati da controparte (vendita di un immobile nel 2005, disponibilità sul conto corrente, concessione di crediti, prestiti e rimborsi titoli) hanno accertato che nel periodo 2005-2009 lo J. disponeva di rilevanti risorse finanziarie non tassabili idonee a sostenere le spese senza che fossero stati addotti indizi sintomatici di una destinazione diversa da quella utile a giustificare gli esborsi con ciò facendo corretta applicazione del regime delle presunzioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, asseritamente violato.

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.2 Nella specie la CTR ha enunciato le ragioni in fatto e diritto- consistite nell’avere il contribuente fornito la prova della propria capacità economica per gli anni in contestazione-che sorreggono il decisum in modo da rispettare il parametro del ” minimo costituzionale”.

4 Al ricorso va quindi rigettato.

5 In mancanza di costituzione nulla è da statuire sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2020

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