Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20952 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/09/2017, (ud. 06/04/2017, dep.08/09/2017),  n. 20952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27331-2013 proposto da:

C.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

CORSO, 101, presso lo studio dell’avvocato ENRICO MARIA MORMINO, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO SURDI,

FRANCESCO SURDI;

– ricorrente –

contro

C.S., (OMISSIS), CA.AN. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE LEGI 58, presso lo studio dell’avvocato

ROMANO CERQUETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato SANTI

GIOACCHINO GERACI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1745/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 01/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata in data 1 dicembre 2012, ha accolto l’appello proposto da C.S. e Ca.An. (nt. (OMISSIS)) avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 5291 del 2008, e nei confronti di C.A. (nt. (OMISSIS)).

1.1. Le ragioni del contendere nascevano dal contratto di cessione di quote della s.r.l. S.C. & C., sottoscritto in data 6 marzo 2002, nel quale i cedenti S. e Ca.An. (nt. (OMISSIS)) si erano impegnati, nei confronti del cessionario C.A. (nt. (OMISSIS)), a garantire la veridicità della situazione patrimoniale della società e si erano obbligati a corrispondere il 50% delle sopravvenienze passive. Nel corso del giudizio, i convenuti S. e Ca.An. (nt. (OMISSIS)) avevano pagato importi corrispondenti ad esborsi sostenuti a vario titolo dall’attore, mentre era rimasta controversa la debenza della metà dell’importo pagato a titolo di adesione al condono fiscale ai sensi della legge 289 del 2002, che secondo l’attore era stato necessario alla luce dello scostamento tra la situazione patrimoniale dichiarata dalla società e gli studi di settore.

1.2. Il Tribunale aveva accolto la domanda di C.A. (nt. (OMISSIS)) e condannato i convenuti al pagamento di Euro 14.715,00, pari alla metà dell’importo versato a titolo di condono.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione sul rilievo che l’adesione al condono fiscale non costituiva sopravvenienza passiva, essendo collegato ad una scelta del contribuente.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.A. (nt. (OMISSIS)), sulla base di un motivo. Resistono con controricorso C.S. e C.A. (nt. (OMISSIS)).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con l’unico motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., art. 1362 c.c., comma 1, art. 1367 c.c., e “in genere” degli artt. 1362 c.c. e ss., e si contesta che la Corte d’appello avrebbe esteso arbitrariamente il thema decidendum – circoscritto dalle parti alla questione se l’adesione al condono effettuata dalla società dopo la cessione delle quote costituisse o non sopravvenienza passiva – all’esame dell’art. 2 della scrittura privata.

Inoltre, nell’interpretazione unitaria della previsione contrattuale, la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del testo, dal quale emergeva l’autonomia delle due fattispecie, ed era pervenuta ad una lettura che, in contrasto con l’art. 1367 c.c., svuotava di significato la previsione contenuta nel citato art. 2, comma 1.

2. La doglianza è infondata.

2.1. La ratio decidendi della sentenza impugnata risiede nell’avere escluso che l’adesione al condono fiscale costituisse sopravvenienza passiva.

Per giungere a tale conclusione la Corte d’appello ha proceduto all’esame delle garanzie previste nel contratto di cessione di quote societarie, operazione che le era certamente consentita dall’ampia devoluzione contenuta nell’atto di gravame.

Non sussiste, pertanto, il vizio di ultrapetizione.

2.2. La Corte d’appello ha ricostruito la portata della garanzia prestata dai cedenti sulla base del testo contrattuale, nel quale era previsto (all’art. 2, comma 1) che i cedenti si impegnavano a corrispondere “il 50% di ogni eventuale sopravvenienza passiva e/o insussistenza di attivo che dovesse verificarsi (…) per qualunque causa o motivo di natura giuridica, fiscale o previdenziale”, ed inoltre (all’art. 2, comma 2) che i cedenti, “in caso di insorgenza di oneri fiscali relativi ad esercizi precedenti (per avvisi di accertamento, rettifica etc.) che dovessero dar luogo a contenzioso, si impegnavano altresì a corrispondere anche il 50% delle somme versate dalla società nel corso del contenzioso stesso (…)”.

Secondo la Corte d’appello, la garanzia prestata con riferimento alle sopravvenienze passive fiscali era circoscritta a crediti già vantati dall’amministrazione o, per meglio dire, dei quali fosse già esistente il presupposto impositivo, ciò che escludeva dal novero le somme pagate dal cessionario per aderire al condono fiscale, che non era obbligatorio e di cui il cessionario non aveva altrimenti dimostrato l’inevitabilità.

2.3. L’interpretazione cui è pervenuta la Corte d’appello risulta immune da censure sia sotto il profilo della violazione di legge, in quanto costituisce l’esito di una operazione condotta nel rispetto dei canoni di ermeneutica (artt. 1362,1363,1365 e 1366 c.c.), sia sotto il profilo della motivazione che, nel vigore della novellato testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è limitata all’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (ex multis, Cass. 14/07/2016, n. 14355), nella specie peraltro neppure prospettato.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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