Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20949 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 21/07/2021), n.20949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv.

Roberto Lassini roberto.lassini.milano.pecavvocati.ti, elett. dom.

presso lo studio dell’avv. Marco Casalini in Roma, via Baiamonti n.

10, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore fall. p.t.,

rappr. e dif. dall’avv. Angelo Molinaro

angelo.molinaro.legalmail.it, elett. dom. in Roma, presso lo studio

in piazza d’Ara Coeli n. 1 (studio Osborne Clarke), come da procura

in calce all’atto;

– controricorrente –

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO;

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI

MILANO;

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati-

per la cassazione della sentenza App. Milano 1.6.2018, n. 2728/2018,

in R.G. 6/2018, rep. 1576/2018.

udita la relazione della causa svolta dal Presidente relatore Dott.

Ferro Massimo alla Camera di Consiglio del 15.7.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. (OMISSIS) s.r.l. impugna la sentenza App. Milano 1.6.2018, n. 2728/2018, in R.G. 6/2018, rep. 1576/2018 che ne ha rigettato il reclamo, proposto ai sensi della L. Fall., art. 18, avverso il decreto Trib. Busto Arsizio 1.12.2017 di revoca del concordato preventivo e la contestuale sentenza n. 144/2017 dichiarativa del proprio fallimento, resa su richiesta del locale P.M.;

2. la corte ha premesso che, con il reclamo, la società si era doluta che il tribunale, preso atto della deserzione della procedura competitiva disposta sull’offerta di acquisto di un immobile della società, avesse erroneamente omesso di sottoporre ai creditori comunque la domanda di concordato ed invece conferito rilievo altresì alla revoca della proposta di acquisto, da parte della promissaria acquirente, impedendo al debitore di perseguire una liquidazione;

3. la corte ha ritenuto che: a) la vendita immobiliare era il punto centrale della proposta di concordato, che ne seguiva altra in precedenza “abbandonata”; b) la relazione del commissario giudiziale, ai sensi della L. Fall., art. 173, segnalava conseguentemente la sopravvenuta carenza delle condizioni di ammissibilità, non essendo più garantita la percentuale promessa ai creditori, nemmeno nel minimo legale (essendo pari a 11,86%) ed anche i limiti di incompletezza ed inidoneità della relazione attestativa, versandosi in ipotesi di atti in frode ai creditori e utilizzo strumentale dell’istituto, non più fattibile; c) il “carattere vincolante” della citata proposta non era in grado di per sé di sovvertire tale giudizio negativo, per via della revoca e del condizionamento all’omologa, senza che il debitore avesse poi contraddetto le rettifiche del patrimonio, quali operate dal commissario; d) del fallimento ricorrevano tutti i presupposti, dimensionali, relativi all’insolvenza e all’indebitamento, considerando la massa privilegiata pari ad oltre 469 mila Euro e quella chirografaria di oltre 2,24 milioni Euro, risultando infine “incomprensibile” il richiamo ad un’offerta nuova di acquisto, poi di ritirata utilizzazione;

4. la ricorrente deduce in due motivi: a) l’omessa pronuncia, con nullità della sentenza, sulle domande di merito svolte, avendo errato la corte ove non ha ritenuto che, nonostante la revoca della proposta d’acquisto (ovvero non partecipazione alla competizione), comunque la proposta andasse avviata al voto dei creditori, in violazione della L. Fall., artt. 163 e 163bis; b) la violazione, sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. Fall., artt. 173 e 18, esulando dai poteri del tribunale il sindacato sulla fattibilità economica, nel quale si è risolto già il riferimento del commissario giudiziale che, sulla base degli stessi valori che avevano condotto all’ammissione della proposta, ha poi invocato una condizione di sopravvenuta inammissibilità, per la sola deserzione alla procedura competitiva, con trascuratezza delle controdeduzioni, sul valore del patrimonio, comunque via via formulate dalla società; al ricorso resiste il fallimento con controricorso, che ha anche depositato memoria, al pari del ricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. i motivi, da riunire in trattazione perché connessi, sono inammissibili, in tutti i rispettivi profili e per plurime ragioni; osserva in primo luogo il Collegio che non è possibile un alternativo discernimento dei vizi ascritti alla sentenza posto che il ricorso omette di trascrivere ovvero almeno riportare per punti essenziali le censure che la parte avrebbe introdotto avanti al giudice di merito, ove menziona memorie e difese cui rinvia in modo del tutto generico; non risulta così comprovato con precisione – ai sensi del principio di necessaria specificità e per la completezza che il ricorso deve assumere, a tale finalità non potendo assolvere inammissibili integrazioni con le memorie finali ex art. 380bis c.p.c. – come e se le rispettive questioni siano già appartenute al contraddittorio tempestivo e rituale e ove ne sia traccia (Cass. 28184/2020); con la conseguenza che, a prescindere dalla decisività, quanto al valore dell’attivo esposto ed attestato ma oggetto di contestazioni del commissario giudiziale, nonché punti precisi delle due decisioni avversate con riguardo alla completezza illustrativa della domanda di concordato (e dei suoi documenti di supporto estimativo), può ripetersi che lo stesso “principio di autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione”; ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione “funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto” (Cass.24340/ 2018);

2. il ricorso appare poi eccentrico rispetto alla ratio decidendi, che – in modo chiaro – dà conto delle conseguenze, in punto di mutata considerazione della fattibilità del piano, cui oggettivamente conduce la constatazione della revoca della proposta di acquisto dell’immobile, da parte del terzo promittente e dell’esito negativo della procedura competitiva adottata L. Fall. ex art. 163bis; si tratta di un giudizio, reso doverosamente dopo il promuovimento dal commissario giudiziale dell’iniziativa di contestazione L. Fall. ex art. 173, cui proprio l’ultimo comma della disposizione obbliga, laddove siano venute a mancare, in qualsiasi momento, le iniziali condizioni di ammissibilità; tale apprezzamento di merito, insindacabile in questa sede (Cass. s.u. 8053/2014), involge un giudizio sulla prognosi ragionevolmente diversa ed invero infausta cui era oramai avviato il concordato per il ritiro dell’offerta stessa; appare dunque vano, nel merito, contrapporre un’equipollenza fattuale della nuova situazione patrimoniale, nel contesto di un concordato liquidatorio, rispetto ad un assetto gestionale e contrattuale del tutto compromesso, secondo un giudizio di infattibilità giuridica ed economica, nel quale era divenuto impossibile predicare l’indifferenza valoriale, come solo genericamente anche in questa sede rivendicato; la parte, infatti, si è limitata ad invocare un’astratta direzione liquidatoria che il giudice di merito non avrebbe rispettato, senza però indicare quali alternativi e nuovi fattori integranti la serietà della proposta sarebbero stati pretermessi e se effettivamente introdotti, cioè i termini per i quali il piano avrebbe mantenuto, nonostante un motivato giudizio negativo del tribunale, la sua fattibilità, per tempi, costi, certezza di realizzo, sicurezza dei valori d’incasso;

3. sul punto, la stessa sequenza con cui la L. Fall., art. 163bis, descrive la finalizzazione della competizione ivi disciplinata non manca di precisare (al comma 5) che il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all’esito della gara; si tratta di regola di condotta a maggior ragione cogente laddove una gara sia stata impossibile per il ritiro dell’offerta da parte del terzo, come nel caso avvenuto da parte della promissaria acquirente Le.Go costruzioni s.r.l., posto che il conseguente non espletamento della gara aveva altresì travolto le condizioni minime di garanzia satisfattiva imposte dalla legge nel concordato liquidatorio, non essendo più esse raggiunte; la sopravvenuta claudicanza della proposta del debitore del tutto correttamente, dunque, integrava la statuizione d’inammissibilità del concordato, riflettente di fatto altresì l’inerzia del debitore stesso che non risulta abbia adeguato il suo progetto di ristrutturazione ai minimi normativi, così egli stesso precludendo la prosecuzione del procedimento;

4. va allora ricordato che “la distinzione tra fattibilità giuridica ed economica postula che il sindacato del tribunale riferito alla prima appuri la non incompatibilità del piano con norme inderogabili, mentre quello relativo alla seconda si incentri sulla realizzabilità del piano medesimo nei limiti della verifica della sua eventuale manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati, rimanendo riservata ai creditori la sola valutazione della convenienza della proposta rispetto all’alternativa fallimentare, oltre a quella della specifica realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione prevista per ciascuno di essi; né sulla detta distinzione ha inciso la L.fall., art. 160, comma 4 (introdotto dal D.L. n. 83 del 2015, conv. con modif. dalla L. n. 132 del 2015), laddove prevede che, fatta eccezione per il concordato con continuità aziendale, la proposta di concordato deve assicurare in ogni caso il pagamento della soglia minima di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari, limitandosi ad introdurre un requisito ulteriore di validità della proposta, al cui riscontro il giudice deve procedere già in sede di ammissione alla procedura” (Cass. 11522/2020, 9061/2017); tale ultima constatazione, che sostanzia anche i doveri del tribunale nella verifica permanente delle condizioni di ammissibilità, di per sé assorbe sia ogni eventuale censura di omessa decisione sul mancato avvio alla votazione della proposta (poiché fase evidentemente ritenuta non più percorribile alla luce del pregiudiziale riscontro di escluso pagamento ai chirografi della soglia del 20%), sia la prospettata tesi alternativa, sostenuta senza più argomentata indicazione dei presupposti giuridici, per cui comunque opererebbe in materia una sorta di diritto assoluto alla sottoposizione della proposta di concordato al voto in adunanza, una volta (e perché solo) depositata;

5. la tesi invero contraddice la strutturazione per fasi successive del concordato, a ciascuna delle quali si accede a mano a mano che se ne completino i rispettivi presupposti e nell’ovvio riscontro che permangano le condizioni di ammissibilità, come invece negativamente accertato nella vicenda; va invero ripetuto che il “controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza… delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, dell’assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione. Ne consegue che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dalla L.fall., art. 173, o comunque ad essi equiparabili “quoad effectum”… il tribunale deve respingere la domanda” (Cass. 2234/2017, 31477/2018);

il ricorso è dunque inammissibile; va disposta la condanna alle spese, secondo il criterio della soccombenza e come meglio indicato in dispositivo; sussistono i presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento, liquidate in Euro 7.000, oltre ad Euro 100 per esborsi, nonché al rimborso forfettario nella misura del 15% in favore del controricorrente e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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