Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20944 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 17/10/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 17/10/2016), n.20944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2041/2015 proposto da:

D.P.A., quale titolare della ditta individuale AZIENDA

AGRICOLA D.P.A., in persona del suo omonimo titolare

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STIMIGLIANO 5, presso lo

studio dell’avvocato FABIO CODOGNOTTO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI RIGANTE giusta procura speciale in calce al

ricorso

– ricorrente –

contro

SORGENIA SPA, CURATELA DEL FALLIMENTO DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2016/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del

18/11/2014, depositata l’11/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;

udito l’Avvocato Fabio Codognotto (delega verbale avvocato Rigante)

difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

PREMESSO

Che il Consigliere relatore ha depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue:

1. – La Corte d’appello di Bari, nel respingere il reclamo proposto dal sig. D.P.A. avverso la sentenza 22 febbraio 2013 dichiarativa del proprio fallimento ad opera del Tribunale di Trani, ha in particolare confermato la qualità di imprenditore commerciale, e non agricolo, del fallito, accertando, sulla scorta di consulenza tecnica d’ufficio contabile, che la maggior parte del prodotto da lui venduto non era prodotto nella sua azienda, bensì era acquistato presso terzi e rivenduto, con attività tipicamente commerciale; l’attività di coltivazione e raccolta del prodotto era invece puramente marginale, sia per costi, sia per impegno di lavoro, e mancava del tutto la prova di prevalenti acquisti di uva “alla pianta” dedotti invece dal reclamante.

Il sig. D.P. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. Le parti intimate non hanno svolto difese.

2. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione della L. Fall., art. 1 e dell’art. 2135 c.c., come modificato dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 1, si lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto dell’ampliamento della nozione di imprenditore agricolo derivante dal nuovo testo della sua definizione codicistica e si sia affidato, nella qualificazione dell’impresa del ricorrente, al criterio quantitativo tipico della vecchia definizione.

3. – Con il secondo motivo, denunciando violazione delle medesime disposizioni normative, si criticano le risultanze della consulenza tecnica di ufficio sulla quale la Corte d’appello si è basata per accertare la natura commerciale dell’impresa del ricorrente.

4. – Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 115 c.p.c., si lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto dei documenti prodotti dal reclamante a dimostrazione della natura agricola della sua attività.

5. – I tre motivi, da esaminare congiuntamente attesa la loro connessione, sono inammissibili.

La Corte d’appello, come si è visto, ha accertato la natura commerciale dell’impresa del sig. D.P. sulla base di precise indicazioni emergenti dalla consulenta tecnica di ufficio, che portavano a concludere che l’attività del predetto consisteva essenzialmente nella compravendita di prodotti agricoli, non già nella produzione per la vendita.

Su tale affermazione non ha alcuna incidenza la modifica della definizione dell’imprenditore agricolo introdotta dal D.Lgs. n. 228 del 2001, che riguarda essenzialmente la centralità del riferimento al ciclo biologico, piuttosto che al fondo (cfr. Cass. 24995/2010, richiamata dal ricorrente), ma certamente non modifica la qualificazione come commerciale dell’attività di compravendita di prodotti agricoli, nella specie accertata dai giudici di merito come prevalente oggetto dell’impresa del D.P.. Accertamento, questo, di natura fattuale, che inutilmente il ricorrente tenta di ribaltare in questa sede di legittimità, in cui il riesame dei fatti non è consentito.

che detta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite;

che l’avvocato del ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che il collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione sopra trascritta, non superate da quelle svolte nella memoria di parte ricorrente;

che pertanto il ricorso va rigettato;

che in mancanza di attività difensiva delle parti intimate non occorre provvedere sulle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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