Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20944 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20944 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: MELONI MARINA

Data pubblicazione: 13/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del direttore pro
tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato in Roma Via dei Portoghesi 12

Contro

ricorrente

UNIVEG IMPORT ITALIA SRL (Già Bocchi Import srl) in
persona dell’Amministratore Unico, domiciliata in Roma
presso lo studio dell’Avv.to

Ernesto Mocci giusta procura speciale

a margine del

ricorso

-controricorrente –

avverso la sentenza n.72/1/07 depositata il 26/6/07

della Commissione Tributaria regionale dell’Emilia;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/1/2013 dal Consigliere Dott.ssa Marina
Meloni; uditi gli avvocati presenti in aula; udite le
conclusioni del P.M. in persona del sostituto
Procuratore Generale

che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Svolgimento del processo

A seguito di notifica in data 16/3/2001 di avviso
di accertamento suppletivo e di rettifica, emesso
dall’Agenzia delle Dogane Direzione di Ravenna,
relativo a 23 bollette doganali di importazione di
banane fresche provenienti dall’Ecuador, la società
importatrice Bocchi Import srl presentava ricorso,
2

Via Germanico 146,

anche

avverso

la

relativa cartella

esattoriale di pagamento emessa da Uniriscossioni
spa, davanti alla Commissione Tributaria
provinciale di Ravenna.
In particolare nell’avviso di accertamento emesso a

Comunitarie della G.diF. di cui al verbale in data
7/2/2001, era stata contestata alla società, attiva
nel settore import-export di prodotti
ortofrutticoli, la falsificazione di due distinte
licenze di importazione di banane, rilasciate in
data 30/9/1998 ed emesse da enti spagnoli e
francesi, e cioè i certificati AGRIM A/22331 ed
A/22337, acquistati dalla ditta Ananas and Bananas
Distribution con conseguente evasione dei diritti
doganali ed iva.
I certificati AGRIM di cui sopra sono atti
vincolanti che obbligano l’operatore ad importare
esattamente la quantità di merce indicata nel
periodo di validità del titolo e costituiscono il
presupposto per l’applicazione del trattamento
daziario ridotto all’atto dell’immissione in libera
pratica di banane originarie dell’America Latina.
La Commissione tributaria provinciale di Ravenna
con due distinte sentenze nr. 43 e 44 entrambe
3

seguito delle indagini del Nucleo Repressione Frodi

depositate

in

data

12/5/2005,

su

impugnazione dei relativi atti di accertamento,
accoglieva i ricorsi ed annullava i provvedimenti.
Su ricorso in appello proposto dalla Agenzia delle
Dogane di Ravenna, la Commissione tributaria

le sentenze nr. 43/05 e 44/05 della CTP, con
sentenza nr.72/1/07 depositata in data 26/6/2007,
confermava le decisioni di primo grado. Avverso la
sentenza della Commissione Tributaria regionale
dell’Emilia ha proposto ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Dogane con tre motivi ed ha
resistito la società Bocchi Import srl con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Dogane lamenta insufficiente
motivazione su un punto controverso e decisivo in
relazione all’art. 360 1 ° comma nr.5 cpc, in quanto
la CTR ha affermato che non sussiste la prova della
falsificazione dei certificati di importazione
AGRIM e tantomeno la prova che alla falsificazione
della firma apposta in calce abbia partecipato la
ditta Bocchi Import srl senza considerare che
l’utilizzo di falsi certificati di importazione
(con conseguente evasione di diritti doganali)
4

regionale dell’Emilia, riuniti gli appelli avverso

deriva da indagini del

Nucleo Repressione

Frodi Comunitarie della G.diF. di cui al verbale in
data 7/2/2001 che recepisce la nota OLAF del
29/1/2001.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente

applicazione dell’art.220 comma 1 e comma 2 lett.B)
ed art. 78 CDC codice doganale comunitario Reg.
Consiglio CE n.2913 del 12/10/1992 anche in
relazione all’art. 360 n.3 cpc, in quanto la CTR ha
ritenuto sussistere la buona fede ed il legittimo
affidamento del debitore in quanto “la presunta
falsità dei certificati non è stata rilevata al
momento della presentazione della merce in dogana,
ma dopo quasi tre anni dalla presunta irregolare
importazione”.
Il primo e secondo motivo di ricorso possono essere
esaminati congiuntamente in quanto strettamente
connessi tra loro e riguardanti tutti e due, sotto
diversi aspetti, la responsabilità della ditta
importatrice per la illecita falsificazione ed
utilizzazione dei certificati AGRIM.
I due motivi sono fondati e devono essere accolti.
Infatti, premesso che la falsità dei due
certificati AGRIM non risulta posta in discussione,
5

Agenzia delle Dogane denuncia violazione e falsa

al

di

della

partecipazione

all’illecito della ditta Bocchi Import srl che
comunque se n’è avvalsa utilizzandoli per le
operazioni di importazione, occorre precisare, in
ordine alla violazione e falsa applicazione

fiscale delle importazioni, l’esenzione prevista
dall’art. 220, secondo comma, lett. b), del Reg.
CEE n. 2913 del 1992 (cosiddetto Codice doganale
comunitario), che preclude la contabilizzazione a
posteriori dell’obbligazione doganale in presenza
di un errore dell’autorità doganale e della buona
fede dell’operatore, intende tutelare il legittimo
affidamento del debitore circa la fondatezza degli
elementi che intervengono nella decisione di
recuperare o meno i dazi. Per essere applicata,
essa richiede un compiuto esame da parte del
giudice sulla ricorrenza della buona fede che deve
essere dimostrata dal soggetto che intende
avvalersi dell’agevolazione, attraverso la prova
della sussistenza cumulativa di tutti i presupposti
indicati dalla norma, perchè resti impedito il
recupero daziario, ed in particolare: a) un errore
imputabile alle autorità competenti; b) un errore
di natura tale da non poter essere riconosciuto dal
debitore in buona fede, nonostante la sua

6

dell’art. 220 CDC, che “in tema di imposizione

esperienza

e

diligenza, ed in

ogni caso determinato da un comportamento attivo
delle autorità medesime, non rientrandovi quello
indotto da dichiarazioni inesatte dell’operatore;
c) l’osservanza da parte del debitore di tutte le

dogana dalla normativa vigente. (Sez. 5, Sentenza n.
15297 del 10/06/2008). A tale proposito la sentenza
della CTR ha ravvisato la buona fede
dell’operatore solo per la mancata immediata
contestazione da parte dell’Autorità Doganale,
senza considerare che tale parametro non è
indicativo in alcun modo della buona fede
dell’operatore.

Osserva altresì il collegio che, in tema di tributi
doganali, le Autorità doganali devono procedere
alla contabilizzazione a posteriori dei dazi
doganali, a meno che sussistano contemporaneamente
tutte le condizioni poste dall’art. 220, n. 2,
lett. b), del Regolamento CEE n. 2913/1992 del
Consiglio del 12 ottobre 1992, come sopra
richiamate; in particolare, l’errore dell’autorità
non può consistere nella mera ricezione di
dichiarazioni inesatte dell’esportatore, dato che
l’Amministrazione non deve verificarne o valutarne
7

disposizioni previste per la sua dichiarazione in

la

veridicità,

comportamento

ma

richiede

attivo,

un

perché il legittimo

affidamento del debitore è protetto solo se le
autorità competenti hanno determinato i presupposti
su cui si basa la sua fiducia, mentre la Comunità

pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei
fornitori degli importatori (Cass. 2012/4022).
Inoltre l’esenzione prevista dall’art. 220, secondo
comma, lett. b), del Codice doganale comunitario,
che preclude la contabilizzazione a posteriori
dell’obbligazione doganale in presenza di un errore
dell’autorità doganale e della buona fede
dell’operatore,

presuppone

la

genuinità

del

certificato di origine, cioè la sua regolarità
formale e sostanziale. Di conseguenza spetta
che

all’importatore

intende

usufruire

dell’esenzione dimostrare l’origine della merce che
importa e, in ogni caso, il suo stato soggettivo di
buona fede, mediante la prova della sussistenza
cumulativa di tutti i presupposti indicati dalla
citata norma, mentre all’Autorità doganale incombe
esclusivamente l’onere di dare dimostrazione delle
irregolarità

delle

certificazioni

presentate,

atteso che qualsiasi certificato che risulti
8

non è tenuta a sopportare le conseguenze

inesatto autorizza il

recupero

a

posteriori, senza necessità di alcun procedimento
intermedio che convalidi la non autenticità,
provvedendo gli stessi organi dell’esecutivo
comunitario a fornire tramite le disposte

attenersi le Autorità nazionali (Cass. 2009/13680).

Anche il terzo motivo di ricorso appare fondato e
meritevole di accoglimento laddove censura per
falsa applicazione dell’art.7 legge 212/2000 la
sentenza della CTR la quale ritiene non
sufficientemente motivato l’avviso di accertamento.

Infatti è stato più volte chiarito da questa Corte
che “nel regime introdotto dall’art. 7 della legge
27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione
degli atti tributari può essere adempiuto anche
“per relationem”, ovverosia mediante il riferimento
ad elementi di fatto risultanti da altri atti o
documenti, a condizione che questi ultimi siano
allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso
ne riproduca il contenuto essenziale, per tale
dovendosi intendere l’insieme di quelle parti
(oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del
.

9

commissioni di inchiesta le conclusioni cui debbono

ISENTE DA RE.GIST A7.10NE
M SENSI DEI
N. 131
‘.4 – r.
MArr-W-A
.,;1 A
.

T

documento che risultino necessarie e sufficienti
per sostenere il contenuto del provvedimento
adottato”(Sez. 5, Sentenza n. 6914 del 25/03/2011).

deve essere accolto con rinvio ad altra sezione
della CTR, anche per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto e rinvia ad altra
sezione della CTR dell’Emilia anche per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 14/1/2013

Il consigliere estensore

Il Presidente

Per quanto sopra il ricorso proposto è fondato e

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