Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20943 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 06/08/2019), n.20943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13390-2012 proposto da:

SIEM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE FISCHIONI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUIGI FERRAJOLI giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI (OMISSIS), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2011 della COMM. TRIB. REG. della

Lombardia SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 07/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per la ricorrente l’Avvocato FISCHIONI che si riporta al

ricorso;

udito per la controricorrente l’Avvocato PELUSO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La SIEM SRL ricorre avverso la sentenza n. 307/67/11, depositata il 7.12.2011, con la quale la CTR della Lombardia – Sez. Stacc. di Brescia, rigettando l’appello interposto dalla contribuente, ha confermato la decisione di primo grado avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) ai fini Ires, Irap ed Iva per gli anni d’imposta 2005 e 2006.

2. La CTR osserva, per quanto qui rileva, che l’accertamento traeva origine da un processo verbale di constatazione, nel quale si dava atto di una precedente verifica effettuata nei confronti della B.S. S.r.l., nel corso della quale, a seguito di accesso domiciliare nell’abitazione del B. venivano acquisite due agende contenenti dati riferibili alla Siem Srl; in conseguenza di ciò, venivano sentiti dagli accertanti il B. quale amministratore della B.S. S.r.l., e presidente del consiglio d’amministrazione della Siem Srl, e la di lui consorte, Br.Ad.An., socia della B.S. S.r.l.

3. In particolare, quest’ultima, dichiarava di aver effettuato, personalmente, le annotazioni sulle agende e forniva chiarimenti che consentivano di ritenere riconducibili alla Siem S.r.l., le entrate collegate ad omesse fatturazioni ed operazioni imponibili, relative alla vendita di immobili, riportate come “differenze in nero”, e non indicate negli atti di compravendita effettuati dalla Siem S.r.l.

4. Sulla base di tali elementi di fatto, la CTR perveniva, quindi, ad un giudizio di infondatezza del gravame presentato dalla contribuente.

5. Avverso tale sentenza ricorre la SIEM S.r.l. affidandosi a quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate si difende con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, parte ricorrente, denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, oggetto della fase di merito, pur in mancanza dell’allegazione agli atti del processo delle due agende e delle dichiarazioni attestanti le operazioni “in nero” poste in essere dalla Siem S.r.l.

2. Con il secondo motivo viene dedotta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 2, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, per avere la CTR ritenuto fondata la pretesa erariale, motivando tale decisione sulla base di elementi indiziari illegittimamente acquisiti e, quindi, inutilizzabili ai fini probatori.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè dell’art. 2697 c.c., e art. 111 Cost., per essere il giudice d’appello incorso nella violazione delle norme che attengono alla ripartizione dell’onere della prova nel processo tributario ed ai requisiti di rilevanza della prova presuntiva.

4. Con il quarto motivo viene prospettata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, per avere la CTR pronunciato in difformità dal divieto operante nel processo tributario, in tema di divieto di prova testimoniale.

5. Il ricorso non risulta meritevole di accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.

6. Va, preliminarmente, delibata l’eccezione di giudicato esterno, dedotta dalla ricorrente con allegazione, alla memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., della sentenza n. 46/63/12 del 6/3/ 2012, divenuta definitiva in data 9/6/2012, con la quale la CTR della Lombardia – Sez. Stacc. di Brescia, si è pronunciata sugli avvisi di accertamento emessi, nei confronti della Siem S.r.l., per gli anni d’imposta 2003 e 2004.

7. Nello specifico, il giudice di secondo grado pronunciando sugli effetti della mancata allegazione nel giudizio relativo, del’agenda extracontabile ha accolto il gravame della contribuente ritenendo che: “la mancata allegazione nel giudizio dell’agenda extracontabile e delle dichiarazioni della Br. rileva (….) dato che non avendo prodotto in giudizio tale documentazione l’Agenzia delle Entrate non ha fornito prove a sostegno del proprio operato non avendo posto la Commissione nelle condizioni di potere valutare il contenuto di tali documenti”.

8. L’eccezione va disattesa, in quanto seppure ammissibile, atteso che il giudicato esterno deve essere rilevato d’ufficio, ed anche per la prima volta, nel giudizio di legittimità, purchè, come nel caso che occupa, la parte che lo invoca produca copia autentica della sentenza recante attestazione del passaggio in giudicato della stessa in epoca successiva alla pronuncia della sentenza nei confronti della quale si intende far valere il giudicato esterno (Cass. 11112/2008 – Cass. 1534/2018), essa s’appalesa, tuttavia, infondata, atteso che la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie impositiva che, estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta, assumano carattere, tendenzialmente permanente; mentre non può riguardare, come nella specie, controversie in materia di IVA, essendo le stesse soggette a norme comunitarie imperative (Cass. n. 6953/2015); sul punto in disamina, ritiene il Collegio di dover ulteriormente chiarire, come il giudicato esterno non possa, comunque, coprire tutti i punti che costituiscono antecedente logico della pronuncia, ed in particolare la valutazione di prove o la ricostruzione di fatti.

9. L’affermazione di tale principio induce, pertanto, a rigettare l’eccezione di giudicato esterno, posto che la stessa attiene alla valutazione ed alla conducenza probatoria di documentazione (agende contenenti riferimenti ad operazioni “in nero”) e propalazioni di terzi, inidonee, per quanto precede ad essere coperte dal giudicato.

10. Il primo motivo s’appalesa inammissibile, e per altro verso infondato.

11. Con tale mezzo di gravame, la ricorrente censura, sostanzialmente, l’illegittimità dell’avviso di accertamento, motivato “per relationem” ad altro atto, senza che il contribuente abbia avuto legale conoscenza dello stesso, con conseguente lesione del diritto di difesa.

12. Il motivo di ricorso risulta, innanzitutto, inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, i requisiti di contenuto-forma previsti a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso, e non possono essere ricavati da altri atti, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso (Cass. n. 29093/2018); ciò stante, il motivo in disamina difetta di specificità, poichè si limita a censurare in via generale l’avviso di accertamento senza trascriverne o riassumerne le parti rilevanti ed in particolare la motivazione e gli atti istruttori (processo verbale di constatazione) sui quale l’atto impositivo si fondava.

13. Nel merito, peraltro, il motivo è infondato.

Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Cass. n. 32957/2018) è costante nel ritenere che, in tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria, la motivazione “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio.

14. Tale motivazione è quindi sufficiente, anche nel caso che occupa, ad individuare la causa giustificativa della pretesa impositiva in riferimento al contenuto dell’atto richiamato, ed a consentire alla ricorrente di approntare un’adeguata difesa, atteso che la CTR con indicazioni esaustive e specifiche ha chiarito che negli avvisi di accertamento erano state analiticamente riportate le omesse fatturazioni di operazioni imponibili relative, prevalentemente, a vendite immobiliari, e che nel processo verbale di constatazione sono state “riportate fedelmente le annotazioni eseguite sulle agende menzionate” e che nella colonna “DICHIARAZIONI DELLA PARTE” è stata riportata, per ogni annotazione, la giustificazione fornita dalla sig.ra Br.Ad.An.”.

15. Il secondo motivo è incentrato sulla mancata allegazione, da parte dell’Ufficio, del provvedimento dell’autorità giudiziaria che aveva disposto l’accesso presso il domicilio del contribuente, e sull’omessa valutazione, da parte della CTR, dei presupposti (sussistenza di gravi indizi) legittimanti l’accesso domiciliare ai sensi di quanto prevedono il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 2, e il D.P.R. n. 600 del 1972, art. 33.

16. Per quanto concerne il primo profilo, va osservato che questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui “In materia tributaria, le irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento non comportano, di per sè e in assenza di specifica previsione, la loro inutilizzabilità, salva solo l’ipotesi in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale” (Cass. n. 4066/2015 – Cass. n. 27149/2011).

17. In buona sostanza, i presupposti legittimanti l’accesso domiciliare risultano essere: a) provvedimento del PM autorizzante l’accesso; b) sussistenza dei gravi indizi di violazioni tributarie.

18. Entrambi i presupposti, trattandosi nella specie di provvedimento che incide su un diritto soggettivo a rilevanza costituzionale (tutela del domicilio) non operano alternativamente, bensì congiuntamente, sul piano formale e sostanziale, in ordine alla valenza ed utilizzabilità probatoria di atti e/o documenti acquisiti in mancanza di autorizzazione all’accesso, o in presenza di autorizzazione rilasciata in assenza di gravi indizi.

19. Ciò posto, nella fattispecie in disamina, la sussistenza del primo elemento, non contestata, peraltro dallo stesso ricorrente, risulta attestata dalla sentenza ora impugnata, mentre per quanto attiene il secondo presupposto (mancata motivazione della CTR sull’esistenza dei gravi indizi), le doglianze mosse dal ricorrente per un verso sono inammissibili e per altro verso infondate, in quanto era onere della ricorrente che assume, seppure, implicitamente, la mancanza di motivazione dell’autorizzazione, in relazione alla sussistenza dei gravi indizi, riprodurre il testo di tale provvedimento, non essendo consentito a questa Corte di conoscere ed esaminare gli atti di causa (se non per la verifica di eventuali “errores in procedendo”) rilevanti ai fini del merito.

20. Per altro verso, in disparte la circostanza che l’apprezzamento della gravità degli indizi è, comunque, esternabile anche in modo sintetico o indiretto attraverso il riferimento ai dati allegati dall’autorità richiedente (Cass. n. 15826/2018), la contribuente non può, nella specie, dolersi dell’illegittimità di un atto amministrativo infraprocedimentale, dalla stessa non assoggettato a gravame congiuntamente all’atto conclusivo del procedimento impositivo entro il quale si colloca l’autorizzazione all’accesso.

21. Ritiene, infatti, il Collegio che l’ampliamento della giurisdizione tributaria a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 448 del 2001, con l’estensione non solo della possibilità dell’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento impositivo, bensì, anche, del sindacato sulla legittimità degli atti presupposti e preparatori, ivi compresi, per quanto qui di interesse, i provvedimenti autorizzatori gli accessi domiciliari; comporta che gli stessi debbano essere sottoposti a diretta contestazione ed impugnazione, da parte del contribuente, unitamente all’atto finale del procedimento impositivo, mancando la quale, risulta preclusa l’attivazione e l’esercizio, al riguardo, di poteri esercitabili d’ufficio dal giudice di merito, poichè nel processo tributario, analogamente a quanto avviene nel processo del lavoro (art. 421 c.p.c.), il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, che prevede la possibile acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, è norma eccezionale, la quale preclude al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori in un processo a connotato tendenzialmente dispositivo.

22. Non hanno pregio, pertanto, le censure sottese a denunciare, nella specie, il mancato esercizio di poteri istruttori officiosi da parte della CTR.

23. Quanto dedotto con il terzo motivo di gravame in ordine alla violazione dell’onere probatorio nella “subiecta materia”, risulta assorbito dalle considerazioni svolte in precedenza nella disamina concernente il primo motivo.

24. Il quarto motivo s’appalesa in parte inammissibile, con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rilasciate dal legale rappresentante della Siem S.r.l., in quanto attinenti ad una sostanziale revisione del merito delle risultanze istruttorie e dei convincimenti rassegnati dalla CTR, improponibili, come tali, nel giudizio di legittimità, ed in parte infondato in merito alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, atteso che per quanto concerne la portata istruttoria delle mere dichiarazioni rese da terzi, questa Corte (Cass. n. 20032/2011 – Cass. n. 21812/2012) è unanime nel ritenere che, la disposizione del citato art. 7, secondo cui nel processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, in quanto limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverossia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio; le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte dai verificatori, ed inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova e convincimento, sebbene non siano state assunte o verbalizzate in contraddittorio con il contribuente.

25. La CTR ha fornito corretta applicazione dei principi ora richiamati, posto che ha valutato e considerato, sul piano probatorio, le sole propalazioni raccolte dagli accertanti, secondo modalità compatibili con le disposizioni regolanti il processo tributario.

26. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la SIEM al pagamento delle spese del presente giudizio a favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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