Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20942 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. II, 12/10/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 12/10/2011), n.20942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10808-2006 proposto da:

MARIGO ITALIA SRL, in persona del Presidente del C.d.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VILLA PIANA 28, presso lo

studio dell’avvocato PERSIANI LAURA, rappresentata e difesa dagli

avvocati DI MARTINO DOMENICO, ESPOSITO VITALIANO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CAMILLUCCIA 341 INT 7/C, presso lo studio dell’avvocato RIITANO

DOMENICO PIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CAGGIANO MARCO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 360/2006 del GIUDICE DI PACE di CASTELLAMMARE

DI STABIA, depositata il 18/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2010 dal Consigliere Relatore dott. IPPOL1STO PARZIALE;

è presente il Procuratore Generale dott. PIERFELICE PRATI S che

nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La ricorrente impugna la sentenza n. 360 del 2006, depositata il 18 gennaio 2006, resa dal giudice di pace di Castellammare di Stabia ex art. 281 sexies c.p.c., con la quale veniva accolta la domanda dell’odierna intimata, tesa ad ottenere il pagamento di prestazioni professionali per l’importo di Euro 671,39.

2. – La ricorrente denuncia col primo motivo la violazione dell’art. 145 c.p.c., essendo stata la notifica della citazione introduttiva dei giudizio effettuata non alla sede legale della società ((OMISSIS)) ma presso un deposito merci in (OMISSIS). Col secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione del D.M. n. 127 del 2004 (tariffario professionale) per essere stati liquidati Euro 900 per spese in un giudizio avente ad oggetto il pagamento di Euro 671,39.

3. – Resiste con controricorso la parte intimata.

4. – Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., la Procura Generale ha concluso perchè il ricorso debba essere rigettato, perchè manifestamente infondato.

5. – Le parti non hanno depositato memorie.

6. – Il ricorso è infondato e va respinto.

6.1 – Occorre rilevare che in tema d’impugnazione di sentenze del giudice di pace, in base al combinato disposto dall’art. 339, comma 3, (nel testo previgente alla riforma del 2006) e art. 113 c.p.c., comma 2, questa Corte ha ritenuto inappellabili (e perciò immediatamente ricorribili per Cassazione) tutte le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore di Euro 1.100,00, a prescindere dal fatto che esse siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, a tal fine dovendo considerarsi non il contenuto della decisione ma, appunto, solamente il valore della controversia, da determinarsi applicando analogicamente le norme di cui all’art. 10 e segg. cod. proc. civ. in tema di competenza (Cass. 2007 n. 4890).

Nel caso di specie la sentenza impugnata deve ritenersi emessa secondo equità, essendo stato richiesto il pagamento di una somma inferiore al limite indicato dal richiamato art. 113 c.p.c., comma 2.

Trattandosi di sentenza decisa secondo equità, questa Corre, intervenendo sui limiti della impugnazione, ha più volte affermato che tali sentenze sono impugnabili con ricorso per cassazione, oltre che per le violazioni e i motivi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1 e 2 solo – con riferimento al n. 3 dello stesso articolo – per violazioni della Costituzione, delle norme di diritto comunitario sovranazionali, della legge processuale, nonchè, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 2004, dei principi informatori della materia, restando pertanto escluse, anche dopo tale pronuncia, le altre violazioni di legge, mentre sono soggette a ricorso per cassazione – in relazione allo stesso art. 360 cod. proc. civ., n. 4 – per nullità attinente alla motivazione, solo ove questa sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni contrastanti o perplesse o, comunque, inidonee ad evidenziare la ratio decidendi (Cass 2007 n. 6382).

Il ricorso appare quindi, anche ammissibile, risultando denunciate violazioni in procedendo, mentre non lo è quanto alla dedotta violazioni di legge per mancata applicazione del tariffario professionale nella liquidazione delle spese (Cass. 8 novembre 2000 n. 14529).

6.2 – Il ricorso è peraltro infondato.

6.2.1 – Occorre osservare, infatti, quanto al primo motivo, che la notifica fu effettuata presso la sede di Pompei, ritenuta pertanto la sede effettiva della società, sulla base di una serie di elementi disponibili in altri (quali in particolare la corrispondenza intercorsa tra le parti, che indicava in tal senso la sede della società), nonchè sulla base della precisa relata di notifica dell’ufficiale giudiziario, dalla quale risulta la consegna ad un addetto alla ricezione degli atti (“a mani dell’impiegato signor I.E., tale qualificatosi, addetto alla ricezione degli atti”).

Tanto è sufficiente a far ritenere integrata la regolarità della notifica, essendo eventualmente onere della società ricorrente dimostrare che il luogo della notifica non poteva essere considerato alla stregua della sede effettiva della società e l’estraneità del soggetto ricevente, che si qualifica come incaricato alla ricezione degli atti, rispetto alla società stessa (vedi al riguardo Cass. 2009 n. 6021; Cass. 2005 n. 12754).

6.2.2 – Quanto al secondo motivo, oltre che inammissibile, è comunque anch’esso infondato poichè la doglianza è generica, riguardando il complessivo importo liquidato, senza far riferimento specificamente alle voci riconosciute dal giudice di pace (Euro 50 per le spese, Euro 350 per i diritti e Euro 500 per gli onorari) alle attività svolte e a quant’altro necessario per apprezzare il contenuto della censura, mentre con il ricorso per cassazione vanno specificate le singole voci, dimostrando quali siano dovute e quali no (Cass. 11 gennaio 2006 n. 270).

7. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 600,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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