Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20941 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20941 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 18344 del ruolo generale
dell’anno 2008, proposto

da
Agenzia delle dogane, in persona del direttore pro
tempore,

in persona del direttore

pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura dello
Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12, domicilia;

ricorrente contro
Fertim s.r.1., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al
ricorso, dagli avvocati Francesco Punzo e Gioacchino

RG n. 18344/2008

Angelina-Mari

Data pubblicazione: 13/09/2013

Adrignola, con i quali domicilia in Roma, alla via Flaminia, n. 362, presso lo
studio dell’avv. Pasquale Trane
controricorrente —
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Sicilia, sezione 13°, depositata in data 21 maggio 2007, n. 54/13/07;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 8 gennaio 2013
dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
uditi per l’agenzia delle dogane l’avv. dello Stato Roberta Tortora e per la
società l’avv. Francesco Punzo;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott.
Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
Fatto
Fertim s.r.l. importò urea di origine russa con bolletta d’importazione in
relazione alla quale l’ufficio aveva provveduto in data 12 luglio 1999 alla
liquidazione dei diritti doganali, con accertamento divenuto definitivo in tale
data.
Successivamente l’ufficio promosse una revisione dell’accertamento e
notificò dapprima, in data 29 giugno 2002, l’avviso di accertamento numero
348/03 e poi, in data 16 febbraio 2004, l’atto n. 1/2004, d’irrogazione delle
sanzioni amministrative conseguenti all’accertamento in rettifica.
La società impugnò l’avviso d’irrogazione delle sanzioni e la commissione
tributaria provinciale di Palermo respinse il ricorso.
La commissione tributaria regionale con la sentenza impugnata ha accolto
l’appello della contribuente, escludendo l’operatività per la sanzione di un
termine superiore a quello triennale, decorrente dall’accertamento definitivo,
applicabile alla revisione dell’accertamento.
Ricorre l’agenzia delle dogane per ottenere la cassazione della sentenza,
affidando il ricorso a due motivi. La società resiste con controricorso.
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Angelina-Maria Pe • o estensore

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Diritto
/.- Col primo e col secondo motivo di ricorso, entrambi proposti ex articolo
360, 1 0 comma, numero 3, c.p.c., da esaminare congiuntamente perché
strettamente avvinti, l’agenzia delle dogane lamenta:
-la violazione e falsa applicazione dell’articolo 328 del testo unico delle
leggi doganali e dell’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo numero 374

del 1990, sostenendo che il termine triennale di decadenza per la contestazione
delle sanzioni decorre dalla definitività della revisione dell’accertamento
doganale —primo motivo;
-la violazione e falsa applicazione dell’articolo 11, commi 1 e 8, del decreto
legislativo numero 374 del 1990, reputando che la rettifica cui fa riferimento il
legislatore quando richiama la contestazione delle sanzioni per infedele
dichiarazione sia quella divenuta definitiva —secondo motivo.
2.- In linea generale per le sanzioni, il 1° comma dell’articolo 20 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, numero 472, nel testo vigente ratione temporis,
stabilisce che l’atto di contestazione ovvero l’atto d’irrogazione «…devono
essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto
per l’accertamento dei singoli tributi>>.
Nel nostro caso, la contestazione della sanzione è conseguita al
procedimento di revisione dell’accertamento, di guisa che il diverso termine
applicabile è quello stabilito dall’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre
1990, n. 974, a norma del quale la revisione dell’accertamento è eseguita, a pena
di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data in cui l’accertamento è
divenuto definitivo.
3.-La definitività è ancorata, in base al 2° comma dell’articolo 9 del
medesimo decreto da ultimo indicato, alla data in cui è apposta sulla bolletta
d’importazione l’annotazione dell’ufficio concernente l’esito dei controlli della
dichiarazione doganale; la norma trova riscontro nell’articolo 67 del regolamento
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errino estensore

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CE del Consiglio 12 ottobre 1992, numero 2913, secondo cui

«salvo

disposizioni specifiche contrarie, la data da prendere in considerazione per
l’applicazione di tutte le disposizioni che disciplinano il regime doganale per il
quale le merci sono dichiarate è la data di accettazione della dichiarazione da
parte dell’autorità doganale».
Nel caso in questione, dunque, secondo quanto emerge dagli atti, la

definitività dell’atto di accertamento risale al 12 luglio 1999, là dove l’avviso di
contestazione delle sanzioni è stato notificato nel febbraio 2004.
3.- Le norme richiamate dalla ricorrente a sostegno della complessiva
censura proposta per contrastare questa ricostruzione anziché incrinarla, la
confortano.
L’agenzia invoca specificamente:
– l’articolo 11, 8° comma, del decreto legislativo 8 novembre 1990, numero 374,
il quale stabilisce che «divenuta definitiva la rettifica l’ufficio procede al
recupero dei maggiori diritti dovuti dall’operatore ovvero promuove d’ufficio la
procedura per il rimborso di quelli pagati in più. La rettifica dell’accertamento
comporta, ove ne ricorrano gli estremi, la contestazione delle violazioni
per le dichiarazioni infedeli o delle più gravi infrazioni eventualmente
rilevate» e
-l’articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973,
numero 43, a norma del quale «nei casi di vertenza fra la dogana e l’operatore
disciplinati dalle disposizioni del presente testo unico, alla contestazione
delle contravvenzioni e degli illeciti amministrativi per infedeli
dichiarazioni doganali può procedersi solo dopo che l’accertamento sia
divenuto definitivo».
4. Va anzitutto precisato che l’articolo 328, il quale riguarda giustappunto

la contestazione degli illeciti amministrativi per dichiarazioni infedeli, in
relazione ad uno dei quali è prevista la sanzione di cui si discute, si limita a
fissare la regola in base alla quale la contestazione postula che l’accertamento
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divenga definitivo, qualora esso sia stato contestato (ossia, in base al tenore della
norma, qualora in relazione ad esso sia stata instaurata una vertenza in base alle
norme del decreto). Difatti, il decreto, agli articoli 65 e seguenti, si limita a
regolare le contestazioni -e le loro modalità di soluzione in via amministrativache insorgano nel corso dell’accertamento.

5.- La norma per conseguenza non può interferire col regime della

revisione dell’accertamento il quale, si è visto, implica, di contro, che
l’accertamento sia divenuto definitivo: si veda, sul punto, Cass. 28 luglio 2010,
n. 17602, secondo cui «in tema di controversie doganali, secondo il sistema
normativo previsto dal d.leg. n. 374 del 1990 è da ritenere definitivo
l’accertamento doganale contro cui siano stati presentati ricorsi amministrativi
per la revisione, per la rettifica della revisione e per l’ulteriore verificazione
della rettifica della revisione, anche se non sia ancora intervenuta la decisione
amministrativa». La sentenza ha precisato che:
-è definitivo l’accertamento doganale che conclude il suo procedimento di
formazione, di guisa che la definitività corrisponde alla perfezione;
-l’autorità doganale può procedere all’esecuzione della sua pretesa tributaria
anche prima dell’esaurimento del procedimento di revisione o (come nella
specie) prima della definitività della rettifica, anche allorché sia stata attivata
controversia amministrativa per la risoluzione delle contestazioni alla revisione.
Per un verso, difatti, il ricorso amministrativo non costituisce una fase
necessaria prima dell’introduzione del ricorso giurisdizionale (Corte di giustizia,
11 gennaio 2001 in C-1799, Kofisa), anche in base al principio comunitario
fissato dall’articolo 244 del codice doganale comunitario, a norma del quale «la
presentazione di un ricorso non sospende l’esecuzione della decisione
contestata»; per altro verso, nell’ordinamento nazionale non è riscontrabile un
diritto soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo
interno ed al compiuto svolgimento delle sue fasi, restando meramente eventuale
l’instaurazione della controversia doganale e riservato all’operatore di adire
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Angelina-Mari errino estensore

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sempre l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a
garanzia di una tutela immediata della sfera dei propri diritti (in termini, Cass. 6
settembre 2006, n. 19193).
6.- Parimenti irrilevante è il riferimento all’8° comma dell’articolo 11 del
decreto legislativo numero 374 del 1990, che richiede la definitività della
rettifica ai fini della sua concreta esecuzione, mediante il recupero dei maggiori

diritti dovuti dall’operatore.
7.- Il recupero dei maggiori diritti dovuti evoca la loro riscossione, alla
quale si applica l’articolo 84 del decreto del presidente della Repubblica numero
43/1973 (decreto espressamente richiamato dall’articolo 3 del decreto legislativo
numero 374 del 1990, intitolato alla «liquidazione e riscossione dei diritti
e delle spese»), secondo cui «l’azione dello Stato per la riscossione dei
diritti doganali si prescrive nel termine di cinque anni» -termine
successivamente ridotto a tre anni dall’articolo 29 della legge 29 dicembre 1990,
numero 428. Il dies a quo di decorrenza per tale riscossione è dalla norma
variamente fissato e nel nostro caso è ancorato alla «…

d) …data in cui i

diritti sono divenuti esigibili… », ossia, appunto, alla definitività della rettifica.
8.- Il secondo nucleo normativo dell’8° comma dell’articolo 11 del decreto
legislativo 374 del 1990, secondo cui la rettifica dell’accertamento comporta la
contestazione delle violazioni per le dichiarazioni infedeli, è autonomo per
lettera e per ratio:
è autonomo per lettera, in quanto, a differenza che nel primo caso, non richiede
la definitività della rettifica;
è autonomo per ratio, giacché non concerne la riscossione dei diritti
immediatamente derivanti dalla rettifica, ma regola un altro capitolo
dell’accertamento doganale, quello inerente alle violazioni ed alle più gravi
infrazioni, che trovano nella rettifica soltanto il loro presupposto di fatto.
9.- Anche questa norma, dunque, non è destinata ad interferire nel
procedimento d’irrogazione delle sanzioni.
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10.- D’altronde, va rimarcato, il decreto legislativo 18 dicembre 1997,
numero 472, volto a dettare «disposizioni generali in materia di sanzioni
amministrative per le violazioni di norme tributarie», in attuazione dell’articolo
3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante delega al Governo
per l’emanazione di uno o più decreti legislativi per la revisione organica ed
il completamento della disciplina delle sanzioni tributarie non penali, ha

sanzioni, con riferimento a tutti i tributi, abrogando le norme procedimentali
contenute nelle singole leggi d’imposta (giusta l’articolo 26, 1° comma, del
decreto legislativo 472/1997).
Non solo: l’articolo 10, 3 0 comma del decreto legislativo 18 dicembre 1997,
numero 473 espressamente stabilisce che «i richiami all’articolo 15 della legge 7
gennaio 1929, n. 4, presenti negli articoli 325, quarto comma, e 326, primo comma,
primo periodo, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si
intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nella disciplina
generale sulle sanzioni amministrative per violazioni delle norme tributarie»; il
che significa che il procedimento di applicazione e di contestazione delle sanzioni, in
precedenza regolato dagli articoli 325 e 326 del decreto del presidente della
Repubblica numero 43 del 1973, è disciplinato, a seguito della revisione del sistema
sanzionatorio, dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero
472 (da ultimo, sia pure con riguardo alla disciplina sostanziale, nel senso che il
decreto legislativo numero 471 del 1997 «detta una disciplina destinata a valere, in
generale, per tutti i tributi», vedi Cass. 24 febbraio 2012, n. 2951).
//.- Anche sul piano sistematico dunque, argomentando dal sistema
procedimentale delineato dal decreto legislativo numero 472 del 1997, è agevole
rilevare che la contestazione e l’irrogazione della sanzione non postulano affatto
la definitività dell’accertamento del tributo al quale la sanzione inerisce: ne sono
chiare espressioni il procedimento di irrogazione immediata con atto complesso
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stabilito, con gli articoli 16 e 17, un procedimento unitario d’irrogazione delle

MENTE DA REGISTRAZIONI
AI SENSI DEL
N. 131 TAD. ALI,. A – N .

MATERIA TRII), UTAMA

contenente l’avviso di accertamento o di rettifica del tributo nonché l’atto
d’irrogazione delle sanzioni (articolo 17, 1° comma) nonché, ancor di più, il
procedimento d’irrogazione immediata mediante iscrizione a ruolo delle sanzioni
per omesso o ritardato pagamento dei tributi (articolo 17, 3° comma).
/2.- In questo contesto, è manifestamente irrilevante la circostanza che con
l’avviso di accertamento dei maggiori diritti doganali l’ufficio abbia prospettato

decreto del presidente della Repubblica numero 43 del 1973. Per la specifica
funzione che assolve, la decadenza non ammette interruzione né sospensione:
essa non può essere impedita se non dal compimento dell’atto (ex articolo 2966
del codice civile), che, nel nostro caso, doveva tradursi nella contestazione o
direttamente nell’irrogazione della sanzione, debitamente quantificata.
13.- Va dunque affermato il seguente principio di diritto: «In tema di
controversie doganali, l’avviso di contestazione delle sanzioni per un illecito
amministrativo che faccia seguito ad un avviso di rettifica emesso in esito a
revisione dell’accertamento, dev’essere notificato entro il termine triennale di
decadenza stabilito per procedere alla revisione».

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

14.- Il ricorso va in conseguenza respinto.

i13 SET.2013

Le spese seguono la soccombenza.

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per questi motivi

La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Curo 12.000,00 per
compensi, oltre Curo 200,00 per spese ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2013.

11 F

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l’applicabilità ai fini sanzionatori della violazione prevista dall’articolo 303 del

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