Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20940 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/09/2017, (ud. 18/01/2017, dep.08/09/2017),  n. 20940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14216/2012 proposto da:

D.L.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA SIMONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati EMILIO BOVIO, PAOLO DE LEO;

– ricorrente –

T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

17/A, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO ARACHI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FAUSTO DONNO;

– controricorrente incidentale –

contro

D.L.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA SIMONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati EMILIO BOVIO, PAOLO DE LEO;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

T.A., T.G., T.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1158/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito l’Avvocato SIMONE Roberta con delega orale dell’Avvocato BOVIO,

difensore del ricorrente e controricorrente incidentale, che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso in principalità: accoglimento

primo e quarto motivo ricorso incidentale, assorbiti il secondo e il

terzo motivo dello stesso ricorso e i primi tre motivi del ricorso

principale. Accoglimento del quarto motivo ricorso principale.

In subordine: accoglimento primo e quarto motivo ricorso incidentale,

assorbiti il secondo e il terzo motivo dello stesso ricorso e i

primi tre motivi del ricorso principale. Rigetto quarto motivo

ricorso principale.

In ulteriore subordine: Accoglimento quarto motivo ricorso principale

e rigetto ulteriori motivi dello stesso ricorso e ricorso

incidentale.

In estremo subordine: rigetto entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Il Tribunale di Trani ha accolto la domanda proposta nel 2000 da D.L.G., proprietario di terreno con abitazione in (OMISSIS), di condanna di D.F. e T.D., proprietari di un fondo finitimo con villa, di arretramento alla distanza legale di m. 6 dal confine, prevista dal piano regolatore del comune per la zona estensiva media, degli ampliamenti – inclusa una platea cementizia – e della sopraelevazione sulle preesistenti fabbriche di essi vicini, con risarcimento da liquidarsi in separato giudizio.

2. – Pronunciando sull’appello proposto da D.F. e T.D., sulla resistenza di D.L.G. che ha proposto appello incidentale, con sentenza depositata il 22.12.2011 la corte d’appello di Bari – con dispositivo dante atto di rigetto di entrambe le impugnazioni – ha in effetti ritenuto, come da motivazione, parzialmente fondato l’appello principale, nella sola parte in cui era stato disposto arretramento anche per platea cementizia di spessore di cm. 30 portata fino al confine in prosecuzione di pavimentazione prospiciente il fabbricato, che essa corte non ha sostanzialmente qualificato costruzione; e ha ritenuto infondato l’appello incidentale, ritenendo il nuovo torrino per le scale di altezza pari a m. 2,20 un volume tecnico non valutabile ai fini delle distanze tra costruzioni.

3. – Avverso tale decisione ricorre per cassazione D.L.G. proponendo quattro motivi, cui resiste T.D. con controricorso contenente ricorso incidentale su quattro motivi, non espletando difese le altre parti T.A., G. e V., intimati quali eredi di D.F.. Al ricorso incidentale replica D.L.G. con ulteriore controricorso. Le parti costituite depositano altresì memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo – deducendo ex art. 360 cp.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 324,342,190 c.p.c. e art. 2909 c.c. – e con il secondo motivo – sotto il diverso profilo della deduzione della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – il ricorrente lamenta che, mentre il motivo n. 3 dell’atto di appello delle controparti è stato teso a impugnare la sentenza del tribunale di Trani esclusivamente per non aver considerato che le nuove costruzioni in sopraelevazione restavano nell'”impronta”, cioè nella proiezione sul piano orizzontale della “sagoma” dell’edificio preesistente da oltre cento anni, ed è stato quindi mancante di ogni critica specifica circa la decisione del tribunale circa la platea in calcestruzzo, non ricadente in detta proiezione, di cui il tribunale stesso ha ritenuto la natura di costruzione soggetta alle distanze legali, la corte d’appello – riferendosi alla “p. 3 della memoria conclusiva” delle controparti, riferimento questo ad atto inidoneo a integrare un motivo di appello inesistente – è pervenuta alla diversa valutazione della natura del manufatto quale prosecuzione della pavimentazione.

1.1. – In ordine al thema decidendum interessato dai predetti due motivi di ricorso principale, T.D. ha pregiudizialmente dedotto che la sentenza di appello sarebbe nulla in quanto essa – recante dispositivo dante atto di rigetto di entrambe le impugnazioni principale e incidentale – solo in motivazione ha in effetti statuito ritenendo parzialmente fondato l’appello principale, nella parte in cui si è criticata la disposizione di arretramento anche per la platea cementizia. Al riguardo, T.D. ha formulato il primo motivo di ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ritenendo insanabile il contrasto tra motivazione e dispositivo.

1.2. – Deve essere rigettato il primo motivo del ricorso incidentale, dovendo i primi due motivi di quello principale essere esaminati congiuntamente a esso e accolti, in particolare sotto l’angolo visuale della mancata osservanza dell’art. 112 c.p.c.. Quanto alla dedotta nullità della sentenza, deve darsi continuità alla giurisprudenza di questa corte (v. Cass. n. 15585 del 2007 e n. 15088 del 2015) secondo la quale l’esatto contenuto della pronuncia va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, è da ritenere prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento che va, quindi, interpretato in base all’unica statuizione che, in realtà, esso contiene. Nel caso in esame, benchè in dispositivo – molto sinteticamente e con “lapsus calami” evidentemente indotto dalla numerosità di questioni affrontate – si dia atto del rigetto delle contrapposte impugnazioni, avendo la corte in motivazione specificamente riconosciuto la fondatezza della doglianza relativa alla platea, la stessa deve ritenersi chiaramente accolta, pur non risultando tale affermazione nel dispositivo della pronuncia.

Venendo quindi, su tali basi, ai motivi anzidetti del ricorso principale, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., se non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonchè in base all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante, implica, tuttavia, il divieto per lo stesso giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto. Ne consegue che, avendo con l’atto di appello la parte impugnato nel caso di specie le sole statuizioni relative alle porzioni costruttive ricadenti nella proiezione dell’originario edificio, il giudice di appello non avrebbe potuto d’ufficio (essendo inidonee a costituire valido e tempestivo motivo specifico di appello le espressioni di critica generale contenuto nell’atto di impugnazione ovvero quelle, più afferenti il tema, inserite tardivamente nella memoria “conclusiva”) estendere la sua cognizione al diverso capo della sentenza del tribunale concernente la platea di calcestruzzo, non impugnata e – quindi – passata in giudicato. Tale ultima considerazione, stante la non necessità di ulteriori accertamenti di fatto, consente dunque la cassazione senza rinvio, con pronuncia nel merito di questa corte riproduttiva del decisum della sentenza di primo grado sull’argomento.

2. – Resta assorbito l’esame del terzo motivo del ricorso principale, con cui ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la parte ricorrente deduce, in ordine alla predetta statuizione concernente la platea cementizia alta circa cm. 30, violazione della nozione di costruzione accolta dall’art. 873 c.c..

3. – Con il quarto motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c., in relazione alla L. n. 765 del 1967 e alle norme di attuazione del piano regolatore del comune, nonchè incongrua motivazione, per avere la corte d’appello, disattendendo motivo di appello incidentale e confermando sul punto la sentenza di primo grado, ritenuto volume tecnico, da non computarsi ai fini delle distanze, il torrino alto m. 2,20 dal piano del lastrico, realizzato a copertura delle scale.

3.1. – Anche tale motivo è fondato. Tenuto conto che la doglianza proposta da D.L.G. ed esaminata nelle sentenze di primo e secondo grado, come risulta anche da quest’ultima, concerne il rispetto da parte dei costruttori di detto torrino della distanza ex art. 873 c.c. (essendo i riferimenti in ricorso alle norme in tema di altezza massima degli edifici irrilevanti ai fini della tutela civilistica ripristinatoria, non trattandosi tra l’altro di disposizioni neanche indirettamente relative distanze – v. art. 872 c.c.), si deve sul punto effettivamente rilevare che la corte d’appello barese non si è attenuta alla giurisprudenza di legittimità (v. ad es. Cass. n. 2566 del 2011 e, di recente, n. 11049 del 2016, ove talora l’altezza viene in rilievo quale indiretto parametro per stabilire la distanza applicabile) secondo la quale – nella non applicabilità di diverse disposizioni date da circolari amministrative e salve diverse disposizioni di norme integrative dell’art. 873 c.c. – in tema di distanze legali tra fabbricati integra la nozione di “volume tecnico”, non computabile a tal fine, solo l’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi – quali quelli connessi alle condotte idriche o termiche o all’ascensore – di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali e che non possono essere ubicati nella stessa, e non anche quella che costituisce – come il vano scale – parte integrante del fabbricato e costruzione anch’essa. Ne consegue che, ai fini del rispetto delle distanze rileva il torrino della cassa scale, la cui prosecuzione al di sopra della linea di gronda del fabbricato integra un sopralzo. Anche sul punto, stante la non necessità di ulteriori accertamenti di fatto, è consentita dunque la cassazione senza rinvio, con pronuncia nel merito di questa corte, con accoglimento della domanda del De Leo estesa al torrino.

4. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale, T.D. – per l’ipotesi, come innanzi realizzatasi, di ritenuta idoneità dell’impugnata sentenza ad esprimere accoglimento parziale dell’appello incidentale in ordine alla platea cementizia – si è doluto della violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e di vizio motivazionale, per avere la corte compensato le spese in luogo di tener conto della soccombenza della controparte. Con il terzo motivo, analogamente, si è doluto dell’omessa pronuncia con violazione dell’art. 112 c.p.c., sull’istanza della condanna della controparte alle spese di entrambi i gradi di giudizio, avendo il tribunale addossato al medesimo le spese del primo grado.

4.1. – I predetti due motivi sono assorbiti, quale conseguenza della soccombenza dei signori T. sulle domande del De Leo, emersa in questo giudizio di legittimità, che impone nuova statuizione sulle spese del secondo grado.

5. – Con il quarto e ultimo motivo del ricorso incidentale, in effetti costituito da più doglianze separate, T.D. lamenta da un lato omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e dall’altro violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c., in relazione alle modifiche introdotte dal nuovo piano urbanistico – p.u.g. – approvate dal consiglio comunale di Trani il 31 marzo 2009 e pubblicate nel bollettino ufficiale regionale il 7 maggio 2009, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente incidentale, la corte d’appello avrebbe omesso di motivare sul fatto – attestato anche da una nota dell’ufficio tecnico comunale – che parti di manufatto preesistenti erano state demolite, onde dalle nuove realizzazioni il D.L. non era pregiudicato. Inoltre, la corte barese non avrebbe tenuto conto – violando le norme di diritto indicate – del fatto che le nuove disposizioni urbanistiche, meno restrittive e quindi idonee a far venir meno eventuali illegittimità preesistenti, avrebbero introdotto una minore distanza minima dal confine di m. 5. In ordine a tale ultimo aspetto, nel controricorso rispetto al ricorso incidentale, D.L.G., rilevando non avere la controparte dedotto anteriormente la sopravvenienza di norme sulle distanze, dichiara di aver egli prodotto innanzi a questa corte la documentazione relativa al p.u.g. e chiede a questa corte di pronunciare nel merito condannando le controparti al rispetto delle nuove distanze.

5.1. – Senza che sia necessario qualificare la posizione del signor D.L. circa le nuove disposizioni sulle distanze come rinuncia al motivo di ricorso (come invece ritenuto, in memoria, dalla parte controricorrente-ricorrente incidentale), trattandosi di adesione a conclusioni relative a nuovo regime sulle distanze, va dato atto che, su iniziativa delle parti, è stata portata a conoscenza di questa corte (benchè trattisi di disciplina già esistente dal 2009) la sopravvenienza di una siffatta nuova disciplina (art. 6.08.01 delle norme tecniche di attuazione del nuovo P.U.G. di cui al bollettino ufficiale Regione Puglia n. 68 del 7.5.2009, prevedente per la zona ES una distanza dai confini pari a un mezzo dell’altezza con un minimo di metri cinque). Di tale disciplina va fatta applicazione, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di questa corte, i regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata efficacia, salvi i limiti, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti diritti quesiti, e, nel caso di norme più favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione; ipotesi quest’ultima non verificatasi nel caso di specie. Sarebbe invero illegittimo l’ordine di demolizione di costruzioni che, in violazione delle distanze secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi medio tempore, ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l’avvento della nuova disciplina (v., tra le molte, Cass., n. 14446 del 15/06/2010). Va precisato che, anche indipendentemente dall’attività assertiva e probatoria delle parti, avendo le norme integrative delle distanze valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), il giudice, in virtù del principio iura novit curia, avrebbe dovuto acquisirne diretta conoscenza anche d’ufficio (cfr. ad es. Cass. n. 17692 del 29/07/2009 e n. 25501 del 02/12/2014). In definitiva, va accolto il quarto motivo del ricorso incidentale, restando assorbito il profilo – dovendo in sede esecutiva verificarsi lo stato dei luoghi – del sussistere di demolizione di parti di manufatto.

5.2. – La sentenza impugnata va dunque cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa corte può, senza procedere a rinvio, come già in precedenza, pronunciare nel merito, a tal fine considerando in particolare che il lastrico solare pacificamente si innalza a m. 8 dal calpestio e che il torrino si eleva per ulteriori m. 2,20, per cui l’arretramento a disporsi – a norma del predetto art. 6.08.01 – non è quello minimo di m. 5, ma della metà dell’altezza complessiva di m. 10,20, cioè di m. 5,10, superiore al minimo ma comunque più favorevole di quella di cui alla disciplina preesistente di m. 6.

6. – Le spese del grado d’appello e del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza globalmente in capo ai signori T., non rilevando ai fini di una valutazione globale le conseguenze dello ius superveniens che hanno condotto a parziale accoglimento del ricorso incidentale.

PQM

 

La corte accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso principale, assorbito il terzo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti il secondo e il terzo, e accoglie il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, pronunciando nel merito, condanna T.D., A., G. e V. all’arretramento degli ampliamenti a m. 5,10 dal confine, ricompresi tra i manufatti ad arretrarsi la platea cementizia e il torrino scale; conferma, quanto alla condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio e alla pronuncia sulle spese, la sentenza del Tribunale di Trani depositata il 23.2.2007; condanna in solido tra loro T.D., A., G. e V. alla rifusione a favore di D.L.G. delle spese processuali che liquida, quanto al grado di appello, in Euro 2.500 per diritti, Euro 5.000 per onorari ed Euro 350 per esborsi oltre rimborso forfettario nella misura del 12,5% nonchè, quanto al giudizio di legittimità, in Euro 5.000 per compensi ed Euro 200 per esborsi oltre rimborso forfettario nella misura del 15%; oltre – in ogni caso – accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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