Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20940 del 06/08/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/08/2019, (ud. 25/10/2018, dep. 06/08/2019), n.20940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8660-2013 proposto da:

M.A.R., M.M., elettivamente domiciliati in ROMA

VIA MONFALCONE 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO

FORTUNA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 09/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Edilmassimi s.n.c. di M.M. & C. impugnava la cartella emessa nei suoi confronti, a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, per il pagamento dell’Iva 2001, eccependo la tardività della notifica dell’atto, eseguita il 6.6.06.

La CTP di Roma accoglieva il ricorso.

L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione è stato accolto dalla CTR del Lazio che, dato atto della mancata costituzione della società nel giudizio di gravame, ha rilevato che la cartella era stata notificata entro il termine del 31.12.2006 fissato a pena di decadenza dalla L. n. 156 del 2005.

La sentenza, depositata il 9.2.012 è stata impugnata da M.A.R. e M.M., nella loro qualità di soci della s.n.c., cancellatasi nelle more dal R.I, con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Ufficio ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 49,nonchè dell’art. 330 c.p.c., i ricorrenti lamentano che la CTR abbia ritenuto rituale la notifica dell’atto d’appello, eseguita presso la sede della s.n.c., al (OMISSIS), anzichè presso lo studio del difensore costituito in giudizio, sito nello stesso Comune ma alla piazza Vittorio Veneto 7, dove la società aveva eletto domicilio.

3. Col secondo motivo i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione della sentenza, nella quale non risulterebbero esplicitate le argomentazioni giuridiche sulle quali si fonda la decisione.

3. Il primo motivo è inammissibile.

La CTR ha accertato che l’atto di appello era stato ritualmente notificato alla società nel domicilio eletto nel ricorso introduttivo, ossia presso lo studio Picconesi in (OMISSIS).

A fronte di tale accertamento, in ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, i ricorrenti avrebbero dovuto allegare al ricorso l’atto introduttivo del giudizio o, quantomeno, indicarne l’esatta collocazione processuale, anzichè limitarsi a produrre una visura camerale dalla quale emerge che l’indirizzo corrispondeva alla sede sociale, posto che tale circostanza non è di per se stessa idonea ad escludere che al medesimo indirizzo vi fosse anche lo studio del difensore o che questi avesse a sua volta eletto domicilio presso la predetta sede.

Non appare superfluo rilevare, peraltro, che l’eventuale errore compiuto dalla CTR nell’individuazione del domicilio eletto costituirebbe vizio revocatorio, denunciabile ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

4. La seconda censura è del pari inammissibile, non potendo configurarsi vizio di motivazione rispetto ad una questione che, non essendo in contestazione la data della notifica della cartella, era di puro diritto e che dunque ben poteva essere decisa dal giudice attraverso la mera enunciazione della norma di legge applicabile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio sostenute dall’Agenzia, che liquida in Euro 4.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2019

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