Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20939 del 12/10/2011

Cassazione civile sez. un., 12/10/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 12/10/2011), n.20939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. LUPI Fernando – Presidente di Sezione –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 195-2011 proposto da:

ROMA CAPITALE (già Comune di Roma), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso gli Uffici

dell’Avvocatura Comunale, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, rappresentato e

difeso dall’avvocato MURRA RODOLFO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FASTWEB S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA DE ROSSI,

30, presso lo STUDIO LEGALE DEWEY & LEBOEUF, rappresentata e

difesa

dagli avvocati CAIAZZO RINO, FIENGA SERGIO, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT S.P.A.;

– intimata –

avverso la decisione n. 7323/2010 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 06/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

uditi gli avvocati Nicola SABATO per delega dell’avvocato Rodolfo

Murra, Rino CAIAZZO, Sergio Fienga;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso de 22 luglio 2005 la Fastweb s.p.a., che aveva eseguito lavori di scavo in alcune strade della città di Roma per installare cavi di telecomunicazione, impugnò dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio la deliberazione con cui l’amministrazione comunale, in data 12 maggio 2005, le aveva richiesto, in aggiunta al canone di occupazione di suolo pubblico, il pagamento di Euro 150.767,54 per il ristoro del degrado stradale e per i connessi oneri di sorveglianza e verifica, a titolo di maggiorazione forfettaria dovuta in base alla previsione di un regolamento adottato dal comune il 17 maggio 2002. Furono altresì impugnati, co medesimo ricorso, tutti gli atti presupposti e consequenziali, ivi compreso il suaccennato regolamento, e lo furono anche, con motivi aggiunti, due cartelle esattoriali che alla Fastweb erano state poi notificate.

L’adito tribunale regionale, con sentenza del 26 luglio 2009, si dichiarò carente di giurisdizione, non senza tuttavia rilevare anche l’infondatezza nel merito delle proposte domande.

La Fastweb propose appello ed il Consiglio di Stato, con decisione resa pubblica il 6 ottobre 2010, in riforma della pronuncia di primo grado, annullò la deliberazione comunale impugnata.

Il Consiglio di Stato ritenne infatti sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi dell’impugnazione di un provvedimento di carattere autoritativo, e, quanto al merito, stimò che detto provvedimento fosse illegittimo perchè non vi si indicava l’attività di sorveglianza e verifica dei luoghi esercitata dal comune nè quale fosse in concreto il presupposto del pagamento richiesto.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Roma capitale, prospettando due motivi di doglianza, poi illustrati anche con memoria, entrambi volti a contestare l’affermata giurisdizione del giudice amministrativo.

La Fastweb ha resistito con controricorso.

Nessuna difesa ha svolto in questa sede la Equitalia Gerit s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso l’amministrazione capitolina lamenta la violazione degli artt. 100, 103 e 113 Cost. poichè sostiene che “la vertenza investe la fondatezza di una pretesa creditoria derivante da un rapporto di concessione-contratto rispetto al quale le parti si trovano in posizione paritaria. Il petitum dell’azione esperita dalla Fastweb, secondo la ricorrente, riguarda il mancato accertamento in concreto dei presupposti del credito vantato dall’amministrazione, investendo perciò più i quantum che l’an debeatur. donde la giurisdizione, nella presente causa, del giudice ordinario.

Il secondo motivo di ricorso, ugualmente volto ad affermare la giurisdizione del giudice ordinario, fa leva sull’art. 113, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo (emanato con D.Lgs. n. 104 del 2010), che ha sostanzialmente riprodotto il dettato della L. n. 1034 del 1971, art. 5. In base alle citate norme la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessione di beni pubblici è esclusa quando la controversia riguardi indennità, canoni ed altri corrispettivi, e tale sarebbe, appunto, la controversia in esame, giacchè la somma richiesta al concessionario costituisce la contropartita della perdita di valore della strada pubblica in conseguenza degli scavi e rappresenta, quindi, il corrispettivo per l’autorizzazione a compierli.

2. I riferiti motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, non appaiono fondati.

2.1. Conviene muovere dal rilievo che tanto l’art. 113, comma 1, lett. b), de codice del processo amministrativo quanto la L. n. 1034 del 1971, art. 5 (come successivamente modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7), vigente al momento in cui è sorta la presente causa, attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, fatte salve però quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri corrispettivi. Questa eccezione, se vale a sottrarre le controversie in tema di indennità, canoni o altri corrispettivi all’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non implica però l’instaurazione per esse di un regime di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario. Dette controversie restano, cioè, soggette al regime generale di riparto della giurisdizione: ricadono in quella ordinaria ogni qualvolta abbiano ad oggetto diritti soggettivi ed in quella del giudice amministrativo quando, viceversa, si faccia questione dell’esercizio legittimo di un potere spettante alla pubblica amministrazione.

In tal senso, condivisibilmente, si è più volte espresso il Consiglio di Stato, secondo cui, in materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi della normativa sopra richiamata, sono unicamente quelle con un contenuto meramente patrimoniale, che derivano dall’attuazione del rapporto instauratosi tra il privato e la pubblica amministrazione e nelle quali non entra in gioco alcun potere autoritativo di quest’ultima a tutela di interessi generali.

Qualora, viceversa, la controversia coinvolga l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell’indennità o di altro corrispettivo, come accade ad esempio nel caso di ricorsi proposti contro l’atto col quale si istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di beni pubblici, la questione appartiene alla sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (si vedano, ex multis, Cons. Stato 20 luglio 2009, n. 4561; e Cons. Stato 4 agosto 2009, n. 4886).

Analogo orientamento hanno già manifestato anche le sezioni unite di questa corte, ribadendo in più occasioni che, nella materia in esame, la giurisdizione del giudice ordinario è riferibile solo alle controversie con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d’intervento della pubblica amministrazione a tutela di interessi generali; e che, al contrario, quando la controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, che incidono sull’economia dell’intero rapporto concessorio, e non semplicemente l’accertamento tecnico dei presupposti fattuali dello stesso, entra in gioco la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (Sez. un. 24 giugno 2011, n. 13903; Sez. un. 1 luglio 2010, n. 15664; Sez. un. 18 novembre 2008, n. 27333; Sez. un. 5 aprile 2007, n. 8518; Sez. un. 12 gennaio 2007, n. 411; e Sez. un. 32 ottobre 2006, n. 22661).

2.2. Ciò posto, va osservato che, nel caso di specie, la contestazione sollevata dalla Fastweb a fronte della richiesta di pagamento, in aggiunta al canone di occupazione di suolo pubblico, di un’ulteriore somma, quantificata forfettariamente a norma di una precedente disposizione regolamentare emanata dal comune, è sì rivolta, in primo luogo, contro lo specifico provvedimento col quale quella somma è stata determinata (e contro i successivi conseguenti atti di riscossione), ma implica la messa in discussione del modo stesso in cui è stato esercitato dalla pubblica amministrazione il potere regolamentare dal quale trae origine la pretesa dell’amministrazione. E ciò in quanto, secondo la Fastweb, non avrebbe potuto legittimamente il comune porre un siffatto onere economico a carico del privato autorizzato ad installare cavi nel sottosuolo della strada pubblica, così determinando un corrispettivo aggiuntivo, ma avrebbe solo potuto eventualmente prevedere il ristoro ex post delle spese sostenute dall’amministrazione per attività rese necessarie da tale installazione.

La controversia derivante da tale contestazione investe, quindi, non tanto l’attuazione di diritti ed obblighi nascenti dal rapporto in forza del quale il privato ha occupato il suolo pubblico e vi ha disposto le suindicate installazioni, bensì il modo in cui la pubblica amministrazione, nell’esercizio del suo potere regolamentare, ha inteso disciplinare un aspetto di tale rapporto.

Nè vale obiettare che la Fastweb avrebbe dovuto allora impugnare tempestivamente ed in via principale il summenzionato regolamento, che invece è stato posto in discussione solo a seguito della concreta attuazione datane con la “determinazione dirigenziale” contenente la richiesta di pagamento poi posta in esecuzione. Le questioni concernenti la tempestività dell’impugnazione del regolamento ed il momento in cui è sorto l’interesse della parte ad impugnarlo concernono il merito della vertenza ed esulano perciò dall’ambito del presente giudizio di legittimità, che è limitato al tema della giurisdizione. A questo fine, anche a prescindere dall’individuazione dei singoli atti formalmente impugnati dal privato dinanzi al giudice amministrativo, quel che importa è il contenuto effettivo della domanda, la quale, come già s’è detto, necessariamente investe la legittimità dell’atto regolamentare, poichè mette in discussione la possibilità stessa per l’amministrazione comunale di fissare ex ante a carico del concessionario un onere del genere di quello previsto nel caso di specie.

3. Il ricorso, perciò, deve essere rigettato, confermandosi la giurisdizione del giudice amministrativo, con la conseguente condanna dell’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che vengono liquidate in Euro 8.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte, pronunciando a sezioni unite, rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2011

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