Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20938 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20938 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 10935 del ruolo generale
dell’anno 2008, proposto

da
Fertim s.r.1., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al
ricorso, dagli avvocati Francesco Punzo e Gioacchino
Adrignola, con i quali domicilia in Roma, alla via
Flaminia, n. 362, presso lo studio dell’avv. Pasquale Trane

-ricorrente
1c)
contro
– tQ)
Agenzia delle dogane, in persona del direttore pro
tempore,

in persona del direttore

pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura dello
Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12, domicilia,
RG n. 10935/2008

Angelina-Maria rrino estensore

Data pubblicazione: 13/09/2013

-controricorrente
contro
Agenzia delle dogane, circoscrizione doganale di Palermo, in persona del
direttore pro tempore;

-intimata

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Sicilia, sezione 24°, depositata in data 27 febbraio 1997, n. 17/24/07;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 8 gennaio 2013
dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
uditi per la ricorrente l’avv. Francesco Punzo e per l’Agenzia delle dogane l’avv.
dello Stato Roberta Tortora;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott.
Pasquale Fimiani, che ha concluso per il rigetto del ricorso

Fatto
Fertim s.r.l. importò urea di origine russa con bolletta d’importazione in
relazione alla quale l’ufficio aveva provveduto in data 10 aprile 2000 alla
liquidazione dei diritti doganali, con accertamento divenuto definitivo in tale
data.
Successivamente l’ufficio promosse una revisione dell’accertamento e
notificò dapprima, in data 22 febbraio 2003, l’avviso di accertamento numero
348/03 e poi, in data 16 febbraio 2004, l’atto n. 2/2004, d’irrogazione delle
sanzioni amministrative conseguenti all’accertamento in rettifica.
La società impugnò entrambi gli avvisi e la commissione tributaria
provinciale di Palermo respinse i ricorsi.
La commissione tributaria regionale con la sentenza impugnata ha
confermato la sentenza di primo grado, rilevando che la notifica dell’avviso di
accertamento in rettifica è stata compiuta entro il termine triennale previsto dalla
legge e che soltanto successivamente l’ufficio ha notificato l’invito al
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pagamento della sanzione, in quanto la società «non aveva provveduto al
pagamento di quanto le era stato legittimamente contestato»; ha poi rimarcato
che era evidente il proposito della società di evadere il pagamento del dazio
antidumping, in considerazione del collegamento esistente tra la venditrice
Mugavero Teresa s.a.s. e l’importatrice Fertim s.r.1., rilevante ai fini della
determinazione del valore doganale delle merci, a norma dell’articolo 29, 10
comma, lettera d) del regolamento comunitario 12 ottobre 1992, numero 2913.

Ricorre la società per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il
ricorso a due motivi. L’agenzia delle dogane resiste con controricorso, mentre
non spiega difese la circoscrizione doganale di Palermo dell’agenzia.
Diritto

L

.

Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1° co., n. 3, c.p.c.,

la società lamenta, quanto all’atto numero 212004 d’irrogazione delle sanzioni,
la violazione e falsa applicazione degli articoli 16 e 20 del decreto legislativo 18
dicembre 1997 n. 472 nonché degli articoli 11 e 9 del decreto legislativo 8
novembre 1990, n. 374.
Denuncia al riguardo che il precedente avviso di accertamento in rettifica non
ha irrogato alcuna sanzione, limitandosi a prospettare l’applicabilità del 30
comma dell’articolo 303 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio
1973, numero 43 e che l’avviso d’irrogazione delle sanzioni previste in caso di
configurabilità dell’illecito amministrativo previsto dall’articolo 303 dinanzi
citato è stato notificato quando era ormai decorso il termine triennale all’uopo
previsto. Formula il seguente quesito di diritto: «dica la Cassazione se l’atto di
accertamento suppletivo e di rettifica numero 34812003, in mancanza della
quantificazione della sanzione, possa ritenersi atto idoneo alla interruzione del
termine prescrizionale di cui all’art. 20 d.lgs. 18.12.1997 n. 472 e se
conseguentemente quando l’atto di contestazione, contenente la effettiva
irrogazione e quantificazione della sanzione, viene notificato oltre i tre anni, la
pretesa tributaria deve ritenersi estinta per prescrizione».
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Il motivo è fondato e va accolto.
/./.-In linea generale per le sanzioni, il 1° comma dell’articolo 20 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, numero 472, nel testo vigente ratione temporis,
stabilisce che l’atto di contestazione ovvero l’atto d’irrogazione «…devono
essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto

per l’accertamento dei singoli tributi».
Nel nostro caso, la contestazione della sanzione è conseguita al
procedimento di revisione dell’accertamento, di guisa che il diverso termine
applicabile è quello stabilito dall’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre
1990, n. 374, a norma del quale la revisione dell’accertamento è eseguita, a pena
di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data in cui l’accertamento è
divenuto definitivo.
1.2.-La definitività è ancorata, in base al 2° comma dell’articolo 9 del
medesimo decreto da ultimo indicato, alla data in cui è apposta sulla bolletta
d’importazione l’annotazione dell’ufficio concernente l’esito dei controlli della
dichiarazione doganale; la norma trova riscontro nell’articolo 67 del regolamento
CE del Consiglio 12 ottobre 1992, numero 2913, secondo cui

«salvo

disposizioni specifiche contrarie, la data da prendere in considerazione per
l’applicazione di tutte le disposizioni che disciplinano il regime doganale per il
quale le merci sono dichiarate è la data di accettazione della dichiarazione da
parte dell’autorità doganale».
Nel caso in questione, dunque, secondo quanto emerge dagli atti, la
definitività dell’atto di accertamento risale al 10 aprile 2000, là dove l’avviso di
contestazione delle sanzioni è stato notificato nel febbraio 2004.
1.3.-Le norme citate dall’agenzia per contrastare questa ricostruzione anziché
incrinarla, la confortano.
La controricorrente invoca:

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-l’articolo 11, 8° comma, del decreto legislativo 8 novembre 1990, numero 374,
il quale stabilisce che «divenuta definitiva la rettifica l’ufficio procede al
recupero dei maggiori diritti dovuti dall’operatore ovvero promuove d’ufficio la
procedura per il rimborso di quelli pagati in più. La rettifica dell’accertamento
comporta, ove ne ricorrano gli estremi, la contestazione delle violazioni
per le dichiarazioni infedeli o delle più gravi infrazioni eventualmente

rilevate» e
-l’articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973,
numero 43, a norma del quale «nei casi di vertenza fra la dogana e l’operatore
disciplinati dalle disposizioni del presente testo unico, alla contestazione
delle contravvenzioni e degli illeciti amministrativi per infedeli
dichiarazioni doganali può procedersi solo dopo che l’accertamento sia
divenuto definitivo».
1.4.-Va anzitutto precisato che l’articolo 328, il quale riguarda
giustappunto la contestazione degli illeciti amministrativi per dichiarazioni
infedeli, in relazione ad uno dei quali è prevista la sanzione di cui si discute, si
limita a fissare la regola in base alla quale la contestazione postula che
l’accertamento divenga definitivo, qualora esso sia stato contestato (ossia, in
base al tenore della norma, qualora in relazione ad esso sia stata instaurata una
vertenza in base alle norme del decreto). Difatti, il decreto, agli articoli 65 e
seguenti, si limita a regolare le contestazioni -e le loro modalità di soluzione in
via amministrativa- che insorgano nel corso dell’accertamento.
1.5.-La norma per conseguenza non può interferire col regime della
revisione dell’accertamento il quale, si è visto, implica, di contro, che
l’accertamento sia divenuto definitivo: si veda, sul punto, Cass. 28 luglio 2010,
n. 17602, secondo cui «in tema di controversie doganali, secondo il sistema
normativo previsto dal d.leg. n. 374 del 1990 è da ritenere definitivo
l’accertamento doganale contro cui siano stati presentati ricorsi amministrativi
per la revisione, per la rettifica della revisione e per l’ulteriore verificazione
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della rettifica della revisione, anche se non sia ancora intervenuta la decisione
amministrativa». La sentenza ha precisato che:
-è definitivo l’accertamento doganale che conclude il suo procedimento di
formazione, di guisa che la definitività corrisponde alla perfezione;
-l’autorità doganale può procedere all’esecuzione della sua pretesa tributaria
anche prima dell’esaurimento del procedimento di revisione o (come nella

specie) prima della definitività della rettifica, anche allorché sia stata attivata
controversia amministrativa per la risoluzione delle contestazioni alla revisione.
Per un verso, difatti, il ricorso amministrativo non costituisce una fase
necessaria prima dell’introduzione del ricorso giurisdizionale (Corte di giustizia,
11 gennaio 2001 in C-1799, Kofisa), anche in base al principio comunitario
fissato dall’articolo 244 del codice doganale comunitario, a norma del quale «la
presentazione di un ricorso non sospende l’esecuzione della decisione
contestata»; per altro verso, nell’ordinamento nazionale non è riscontrabile un
diritto soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo
interno ed al compiuto svolgimento delle sue fasi, restando meramente eventuale
l’instaurazione della controversia doganale e riservato all’operatore di adire
sempre l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a
garanzia di una tutela immediata della sfera dei propri diritti (in termini, Cass. 6
settembre 2006, n. 19193).
1.6.-Parimenti irrilevante è il riferimento all’8° comma dell’articolo 11 del
decreto legislativo numero 374 del 1990, che richiede la definitività della
rettifica ai fini della sua concreta esecuzione, mediante il recupero dei maggiori
diritti dovuti dall’operatore.
1. 7. -Il recupero dei maggiori diritti dovuti evoca la loro riscossione, alla

quale si applica l’articolo 84 del decreto del presidente della Repubblica numero
43/1973 (decreto espressamente richiamato dall’articolo 3 del decreto legislativo
numero 374 del 1990, intitolato alla «liquidazione e riscossione dei diritti
e delle spese»), secondo cui «l’azione dello Stato per la riscossione dei
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diritti doganali si prescrive nel termine di cinque anni» -termine
successivamente ridotto a tre anni dall’articolo 29 della legge 29 dicembre 1990,
numero 428. Il dies a quo di decorrenza per tale riscossione è dalla norma
variamente fissato e nel nostro caso è ancorato alla << d) ...data in cui i diritti sono divenuti esigibili... >>, ossia, appunto, alla definitività della rettifica.

decreto legislativo 374 del 1990, secondo cui la rettifica dell’accertamento
comporta la contestazione delle violazioni per le dichiarazioni infedeli, è
autonomo per lettera e per ratio:
è autonomo per lettera, in quanto, a differenza che nel primo caso, non richiede
la definitività della rettifica;
è autonomo per ratio, giacché non concerne la riscossione dei diritti
immediatamente derivanti dalla rettifica, ma regola un altro capitolo
dell’accertamento doganale, quello inerente alle violazioni ed alle più gravi
infrazioni, che trovano nella rettifica soltanto il loro presupposto di fatto.
1.9.-Anche questa norma, dunque, non è destinata ad interferire nel
procedimento d’irrogazione delle sanzioni.
1.10.-D’altronde, va rimarcato, il decreto legislativo 18 dicembre 1997,
numero 472, volto a dettare «disposizioni generali in materia di sanzioni
amministrative per le violazioni di norme tributarie», in attuazione dell’articolo 3,
comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante delega al Governo per
l’emanazione di uno o più decreti legislativi per la revisione organica ed il
completamento della disciplina delle sanzioni tributarie non penali, ha stabilito, con
gli articoli 16 e 17, un procedimento unitario d’irrogazione delle sanzioni, con
riferimento a tutti i tributi, abrogando le norme procedimentali contenute nelle
singole leggi d’imposta (articolo 26, 1° comma, del decreto legislativo 472/1997).
Non solo: l’articolo 10, 3° comma del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero
473 espressamente stabilisce che «i richiami all’articolo 15 della legge 7 gennaio
1929, n. 4,presenti negli articoli 325, quarto comma, e 326, primo comma, primo
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1.8.-11 secondo nucleo normativo dell’8° comma dell’articolo 11 del

periodo, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si
intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nella disciplina
generale sulle sanzioni amministrative per violazioni delle norme tributarie»; il
che significa che il procedimento di applicazione e di contestazione delle sanzioni, in
precedenza regolato dagli articoli 325 e 326 del decreto del presidente della

sanzionatorio, dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero
472 (da ultimo, sia pure con riguardo alla disciplina sostanziale, nel senso che il
decreto legislativo numero 471 del 1997 «detta una disciplina destinata a valere, in
generale, per tutti i tributi», vedi Cass. 24 febbraio 2012, n. 2951).
/.//.-Anche sul piano sistematico dunque, argomentando dal sistema
procedimentale delineato dal decreto legislativo numero 472 del 1997, è agevole
rilevare che la contestazione e l’irrogazione della sanzione non postulano affatto
la definitività dell’accertamento del tributo al quale la sanzione inerisce: ne sono
chiare espressioni il procedimento di irrogazione immediata con atto complesso
contenente l’avviso di accertamento o di rettifica del tributo nonché l’atto
d’irrogazione delle sanzioni (articolo 17, 1° comma) nonché, ancor di più, il
procedimento d’irrogazione immediata mediante iscrizione a ruolo delle sanzioni
per omesso o ritardato pagamento dei tributi (articolo 17, 3 0 comma).
1.12.-In questo contesto, è manifestamente irrilevante la circostanza che
con l’avviso di accertamento dei maggiori diritti doganali l’ufficio abbia
prospettato l’applicabilità ai fini sanzionatori della violazione prevista
dall’articolo 303 del decreto del presidente della Repubblica numero 43 del
1973. Per la specifica funzione che assolve, la decadenza non ammette
interruzione né sospensione: essa non può essere impedita se non dal
compimento dell’atto (ex articolo 2966 del codice civile), che, nel nostro caso,
doveva tradursi nella contestazione o direttamente nell’irrogazione della
sanzione, debitamente quantificata.
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Repubblica numero 43 del 1973, è disciplinato, a seguito della revisione del sistema

1.13.- Va dunque affermato il seguente principio di diritto: «In tema di
controversie doganali, l’avviso di contestazione delle sanzioni per un illecito
amministrativo che faccia seguito ad un avviso di rettifica emesso in esito a
revisione dell’accertamento, dev’ essere notificato entro il termine triennale di
decadenza stabilito per procedere alla revisione».
1. 14. -La sentenza va dunque cassata sul punto e, non occorrendo ulteriori

accertamenti in fatto, la controversia va decisa nel merito, con l’accoglimento
della corrispondente impugnazione originariamente proposta dalla contribuente.

2.- Col secondo motivo di ricorso, anch’esso proposto ex articolo 360, 1°
comma, numero 3, c.p.c., la contribuente lamenta, in relazione all’avviso di
accertamento dei maggiori diritti doganali, la violazione e falsa applicazione
degli articoli 220 e 29 del codice doganale comunitario previsto dal regolamento
del consiglio dell’Unione europea 12 ottobre 1992, n. 2913. Invoca in particolare
l’esimente stabilita dall’articolo 220 del codice doganale comunitario, in quanto
l’agenzia delle dogane disponeva sin dal compimento dell’operazione doganale
di tutti gli elementi necessari alla corretta determinazione dei diritti doganali; in
particolare, sottolinea, all’ufficio doganale era ben noto che la società inglese
Generai Chemical Corporation aveva venduto la merce per 104 $ per tonnellata a
s.a.s. Mugavero Teresa, che quest’ultima l’ha rivenduta a s.r.l. Fertim per euro
116,202 per tonnellata e che Mugavero Gandolfo e Mugavero Teresa, entrambi
soci di Fertim s.r.l. e di Mugavero Teresa s.a.s., sono fratelli.
Formula il seguente quesito di diritto: «dica la Cassazione se, a fronte di
una oggettiva conoscenza dei rapporti di collegamento sopra enunciati, la
mancata contestazione —al momento delle operazioni di sdoganamento- di
maggiori diritti doganali dovuti configuri la esimente di cui all’articolo 220 del
codice doganale comunitario di cui al regolamento Consiglio Ue 12.10 1992 n.
2913 nonché la improcedibilità della contabilizzazione a posteriori dei maggiori
oneri doganali in seguito ad errore dell’autorità doganale».

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2.1.- Il motivo, pur essendo ammissibile, in quanto l’affermazione contenuta
in sentenza della legittimità della contabilizzazione a posteriori postula
necessariamente l’insussistenza di esimenti, è infondato.
La Corte ha già avuto occasione di rimarcare che, in tema di tributi doganali,
lo stato soggettivo di buona fede dell’importatore, richiesto dall’artico 220, 2°
comma, lettera b), del Regolamento CEE n. 2913 del 1992, ai fini dell’esenzione

della contabilizzazione a posteriori, non ha valenza esimente in re ipsa, ma solo
in quanto sia riconducibile ad una delle situazioni fattuali individuate dalla
normativa comunitaria, tra le quali va annoverato l’errore incolpevole, ossia non
rilevabile dal debitore di buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza,
che, per assumere rilievo scriminante, deve essere in ogni caso imputabile a
comportamento attivo delle autorità doganali (Cass. 16 maggio 2012, n. 7674;
Cass. 7 marzo 2012, n. 7531; Cass. 31 marzo 2010, n. 7837).
2.2.- Ed anche la Corte di giustizia ha ripetutamente sottolineato che la
deroga al recupero a posteriori prevista dall’articolo 220, numero 2, lettera b),
del codice doganale postula l’errore delle autorità competenti, la sua ragionevole
riconoscibilità e l’osservanza da parte del debitore di tutte le prescrizioni della
normativa in vigore (Corte di giustizia 14 maggio 1996, C-153/94, C-204/94,
Faroe Seafood ed altri, punto 83: Corte di giustizia 3 marzo 2005, causa C499/03. Biegi Nahrungsmittel, punto 46; Corte di giustizia 18 ottobre 2007, C173/06, Agrover, punto 30; Corte di giustizia 15 dicembre 2011, C-409/10,
Afasia Knits, punto 47).
2.3.- Nel nostro caso, è indubbio —e, comunque, non è contestato- che
l’accertamento definitivo oggetto di revisione sia avvenuto in base alle
dichiarazioni contenute nella bolletta d’importazione presentata in dogana, in
base, dunque, agli elementi forniti dalla società contribuente. E risulta altresì
accertato in sentenza che il legame tra le due società abbia influito sul prezzo,
rendendo il valore della transazione inaccettabile ai sensi dell’articolo 29 del
regolamento doganale comunitario.
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2.4.-Non è allora ravvisabile un errore incolpevole della società dovuto ad un
comportamento attivo dell’amministrazione, sibbene, al contrario, un errore
dell’amministrazione dovuto alla condotta della società.
2.5.- Va considerato, al riguardo che l’articolo 71 del codice doganale
comunitario stabilisce che «i risultati della verifica della dichiarazione servono
di base per l’applicazione delle disposizioni che regolano il regime doganale al

quale le merci sono vincolate. Quando non si proceda alla verifica della
dichiarazione, l’applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 viene
effettuata in base alle dichiarazioni figuranti nella dichiarazione».
2.6.-Le prescrizioni del codice, alla luce del suo sesto considerando
(«considerando che, tenuto conto della grande importanza che il commercio
esterno ha per la Comunità, occorre sopprimere o per lo meno limitare, per
quanto possibile, le formalità e i controlli doganali»), vanno interpretate nel
senso che, per un verso, «il sistema appena descritto, il quale non prevede che
le dichiarazioni in dogana siano sistematicamente sottoposte a verifica,
presuppone che il dichiarante fornisca all’autorità doganale informazioni esatte
e complete» (Corte di giustizia, 15 settembre 2011, C-138/10, DP Group
EOOD, punto 38) e, per l’altro, « …al momento dell’accettazione della
dichiarazione in dogana, l’autorità suddetta non si pronuncia sull’esattezza
delle informazioni fornite dal dichiarante, di cui quest’ultimo si assume la
responsabilità> > (punto 39 della medesima sentenza).
2.7.- Nel nostro caso, allora, è del tutto irrilevante la condotta pregressa
dell’autorità doganale; ed irrilevante sarebbe altresì la «conoscenza dei rapporti
di collegamento», se effettivamente riscontrabile: si consideri che, in ricorso, la
società non deduce di aver allegato l’esistenza del collegamento, ma si limita ad
asserire che la circostanza doveva essere nota all’ufficio, in considerazione del
dato che << ... circa il 40% delle operazioni che impegnano il predetto ufficio riguardano proprio le predette società ....». Di qui l'esclusione dell'opreratività dell'esimente invocata. RG n. 10935/2008 Ange1ina-IyIariaPerrino estensore 11 CSENTE DA REGISTRAZIONE AI SENSI DEL D7.R. 2fli>/191ffi6
N. 131 TA3.

_5

MATE;GA

Questo motivo va in conseguenza respinto.

3.-L’esito complessivo del giudizio comporta la compensazione di tutte le
voci di spesa. Nulla per le spese in relazione alla parte non costituita.

per questi motivi
La Corte
-accoglie il primo motivo di ricorso;

corrispondente impugnazione originariamente proposta dalla società ricorrente;
-rigetta il secondo motivo di ricorso;
-compensa tutte le voci di spesa.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2013.

-cassa sul punto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la

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