Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20938 del 08/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/09/2017, (ud. 16/12/2016, dep.08/09/2017),  n. 20938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23140-2012 proposto da:

B.A.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma,

Via Catanzaro 9, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO MARIA

PAPADIA, che la rappresenta e difende, come da procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BO.GI., elettivamente domiciliato in Roma, Via F. S. Nitti 2,

presso lo studio dell’avvocato GAIA LUCILLA GALLO, che lo

rappresenta e difende, come da procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma,

Via dei Gracchi 209, presso lo studio dell’avvocato CESARE CARDONI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO

CONTICELLI, come da procura speciale a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

avverso la sentenza n. 3139/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

uditi gli avvocati delle parti, che si riportano agli atti e alle

conclusioni assunte, nonchè alle memorie depositate;

udito il sostituto procuratore generale, PEPE Alessandro, che

conclude per il rigetto del ricorso principale e accoglimento del

ricorso incidentale F..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Bo.Gi. agiva in giudizio nel maggio 2004 nei confronti di B.A.M. e di sua figlia F.D. per ottenere il trasferimento dell’intera proprietà di un casale in (OMISSIS), di proprietà al 50% di ciascuna delle convenute in virtù di preliminare stipulato il 29.5.2003. Rilevava che F.D. negava di aver sottoscritto il preliminare. In via subordinata, chiedeva l’affermazione dell’obbligo della signora B. a procedere al trasferimento dell’intera proprietà acquisendone i diritti dalla figlia e, in ogni caso, chiedeva il risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio.

2. La signora F. svolgeva domanda riconvenzionale per il riconoscimento del suo diritto di prelazione ai sensi dell’art. 732 c.c. sull’immobile in questione, con conseguente trasferimento dell’intera proprietà in suo favore e la condanna al rilascio ed al risarcimento del danno.

3. Il tribunale di Viterbo (sentenza n. 900/06) dichiarava apocrifa la sottoscrizione attribuita a F.D. nel preliminare di compravendita; pronunciava la risoluzione del preliminare per inadempimento della B., con condanna della stessa al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio; respingeva le altre domande; la signora B. era altresì condannata al rimborso delle spese processuali nei confronti di Bo. ed al rimborso delle spese di c.t.u. nei confronti della F.. Il tribunale compensava le altre spese processuali relative alla F..

In particolare, il tribunale riteneva la responsabilità della B. ai sensi degli artt. 1480 e 1479 c.c. per essere a conoscenza della mancata sottoscrizione da parte della figlia; escludeva, invece, la sussistenza dei presupposti per il retratto successorio difettando la dimostrazione che l’immobile fosse stato considerato come quota del patrimonio ereditario.

4. La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Viterbo n. 900/06, respingeva le domande di esecuzione e di risoluzione del preliminare di compravendita concluso in data 29.5.2003 tra B.A.M. e Bo.Gi. e condannava la B. al risarcimento del danno, in favore di quest’ultimo da liquidarsi in separato giudizio; respingeva l’appello incidentale di F.D. e compensava le spese di giudizio per entrambi i gradi nei riguardi di quest’ultima.

4.1 – In particolare la Corte di appello così riassumeva, per quanto ancora interessa in questa sede, i motivi di impugnazione della B.: a) la risoluzione del preliminare era stata pronunciata in violazione degli artt. 112 e 99 c.p.c. in quanto il Bo. aveva richiesto la sola esecuzione del contratto preliminare; b) non aveva mai promesso di vendere l’intero immobile ma solo la sua quota di comproprietà e l’usufrutto, con conseguente esclusione di qualsiasi inadempienza a suo carico; c) difettava qualsiasi prova di una presunta conoscenza della mancata sottoscrizione da parte della figlia.

Rilevava poi la Corte locale che il Bo. contestava la fondatezza dei suesposti motivi e svolgeva, in via subordinata, ex art. 1453 c.c., comma 2, nuova domanda di risoluzione del preliminare di vendita per inadempimento della B..

Precisava poi la Corte locale che la F. proponeva, a sua volta, appello incidentale ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione ai sensi dell’art. 732 c.c. e per l’accoglimento delle domande accessorie di rilascio dell’immobile e di risarcimento del danno, oltre che per il rimborso integrale delle spese processuali di primo grado”.

4.2 – La Corte romana rilevava, in ordine ai motivi dell’appello principale di B., che “la fattispecie non è inquadrabile nella promessa di vendita di bene parzialmente altrui, per gli effetti di cui all’art. 1480 c.c. in quanto è pacifico che dalla parte delle promittenti venditrici siano contemplate le effettive titolari dell’intera proprietà dell’immobile; piuttosto è stato accertato che la firma di una delle comproprietarie è, in realtà, apocrifa e, quindi, non si è formata l’imprescindibile volontà di una delle parti, da considerarsi unitariamente in relazione all’oggetto del divisato trasferimento, vale a dire l’intera proprietà del casale (in tal senso Cass. 5 giugno 2003 n. 8983; Cass. 26 novembre 2002 n. 16678)”. Aggiungeva la Corte locale che “il difetto del consenso di una delle parti configura la radicale nullità del preliminare ai sensi dell’art. 1418, comma 2, in relazione all’art. 1325 c.c., n. 1, con conseguente esclusione di ogni questione di esecuzione e di risoluzione dell’ipotetico rapporto di fonte contrattuale”.

La Corte locale poi confermava la statuizione di primo grado circa la condanna della B. al risarcimento del danno in favore del promissario acquirente, Bo.. La Corte osservava che “secondo le incontestate allegazioni di costui il preliminare in data 29.5.2003 gli fu sottoposto, per la stipula, dalla stessa B. con la firma, apparentemente già apposta dalla figlia, F.D., all’interno dell’Hotel Il Rinaldone appartenente a F.S., padre di D.”. Tali circostanze di fatto, secondo la Corte locale, “tenuto conto dello stretto rapporto di parentela tra le due comproprietarie, erano all’evidenza idonee a ingenerare nel promissario acquirente la ragionevole presunzione di autenticità della firma apparentemente apposta da F.D., con conseguente responsabilità precontrattuale della madre B. ex art. 1337 c.c. per il falso affidamento suscitato attraverso la consegna di un preliminare recante la firma apocrifa della figlia”.

4.3 – La Corte romana confermava anche la statuizione circa la compensazione delle spese, così respingendo l’appello incidentale F., in considerazione dell’illecito subito da Bo. in sede di stipulazione del preliminare e dello stretto rapporto di parentela tra F. e B.”.

5. Impugna tale decisione la signora B. con quattro motivi. Resiste il Bo. con controricorso. Con controricorso la F. aderisce all’impugnazione della B. quanto al secondo e al terzo motivo e propone ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, circa la disposta compensazione delle spese. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A. Il ricorso principale.

I motivi.

1. Col primo motivo si deduce: “violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 99 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della pronuncia gravata”.

Il Giudice d’appello ha rigettato tutte le richieste formulate dal Bo. (conferma della sentenza del Tribunale di Viterbo, che dichiarava la risoluzione del contratto ex art. 1479 c.c. con il conseguente risarcimento del danno, e, in via subordinata, risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della stessa B. con condanna della medesima al risarcimento del danno). Il Giudice del gravame ha ritenuto nullo il preliminare, ai sensi dell’art. 1418, comma 2, in relazione all’art. 1325 c.c., n. 1 per mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti, riconoscendo al Bo. il diritto al risarcimento dei danni, non in ragione dell’inadempimento bensì per responsabilità precontrattuale della B., ex art. 1137 c.c., “per il falso affidamento suscitato attraverso la consegna di un preliminare recante la firma apocrifa della figlia”.

Rileva la ricorrente che il Bo. non ha mai formulato alcuna richiesta di risarcimento danni a titolo di responsabilità precontrattuale della B.. Trattandosi di due titoli del tutto diversi non poteva la Corte locale, in assenza di domanda, riconoscere una responsabilità di cui non era stato mai chiesto l’accertamento.

2. Col secondo motivo si deduce: “violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all’art. 1337 c.c., della norma di cui all’art. 1227 c.c. e dell’art. 2043 e art. 2056 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

La Corte di appello ha affermato che “la consegna materiale del contratto preliminare (che secondo la ricostruzione dello stesso promissario sarebbe avvenuta presso la struttura alberghiera del padre della F.) unitamente al rapporto di filiazione tra la B. e la F., costituirebbe l’elemento costitutivo della supposta responsabilità precontrattuale della B. ai sensi dell’art. 1337 c.c.).

Tale conclusione è errata, perchè “la presunta consegna del contratto preliminare al Bo. (…) non è stata fatta materialmente dalla sig.ra B. e comunque la stessa nulla sapeva della figlia, con cui all’epoca, purtroppo, non intratteneva che rapporti formali”, nè rileva che la vicenda si sia svolta presso l’albergo di proprietà del padre della F.. Ritiene la ricorrente che l’affermazione della sua responsabilità è del tutto apodittica, avendo invece il giudicante omesso di verificare il comportamento del Bo., che aveva omesso ogni verifica ed accertamento circa la sottoscrizione da parte della figlia.

3. Col terzo motivo si deduce: “omessa ego insufficiente e/o contraddittoria motivazione o comunque incongruità della stessa, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in relazione all’art. 116 c.p.c., all’art. 1218 c.c., all’art. 1227 c.c. e art. 2697 c.c.”. Il Bo. non ha fornito alcuna prova della conoscenza da parte della ricorrente della mancata sottoscrizione del preliminare da parte della figlia, risultando anzi, dagli atti dallo stesso prodotti in giudizio con riguardo alla causa intentata nei confronti dell’Agenzia, che il Bo. fosse a conoscenza della non riferibilità della sottoscrizione del contratto da parte della F., essendo presente al momento della relativa sottoscrizione e a conoscenza anche della totale estraneità della B. alla vicenda.

4. Col quarto motivo si deduce: “evidente contrasto tra motivazione e dispositivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”. Il contrasto tra dispositivo e la motivazione quanto alla condanna al risarcimento del danno potrebbe esporre la ricorrente ad azioni anche diverse. Di qui l’interesse alla nullità della sentenza.

B. Il ricorso incidentale.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione degli artt. 91,92 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione per aver la Corte confermato la compensazione delle spese in primo grado e disposto parimenti per il gravame, a fronte della reiezione delle domande del Bo. ed alla sua accertata estraneità alla vicenda.

C. Il ricorso principale è infondato e va respinto.

1. Il primo motivo è infondato. Non sussiste la violazione dedotta dell’art. 112 e artt. 11299 c.p.c., perchè già in primo grado in sede di conclusioni il Bo. aveva così concluso: “condannare in ogni caso, le convenute in solido, o subordinatamente quantomeno la sola signora B.A.M. – quest’ultima in particolare anche nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda riconvenzionale della signora F. – al risarcimento di tutti i danni subiti dal dr. Bo.Gi. in conseguenza dell’inadempimento della parte venditrice e della mala fede della controparte nei comportamenti tenuti nel corso della formazione del contratto e nell’indurre il promittente acquirente a fare affidamento nell’acquisto, nella misura che sarà determinata in corso di causa o, se del caso, in separato giudizio; con vittoria delle spese”.

Sulla base di tali conclusioni, la Corte locale ha correttamente interpretato la domanda di risarcimento dei danni, ricomprendendovi anche l’ipotesi, poi riconosciuta, di responsabilità precontrattuale.

2. Anche il secondo motivo è infondato. Per sostenere l’insussistenza della responsabilità precontrattuale, la ricorrente si fonda sostanzialmente sulla contestazione dell’avvenuta consegna del preliminare di vendita, con la sottoscrizione della F. già apposta, nelle circostanze indicate. La Corte d’appello ha, invece, correttamente concluso in tal senso evidenziando che la circostanza in questione era rimasta sostanzialmente incontestata. Non vi è quindi violazione di legge nè vizio di motivazione, posto che la Corte d’appello ha correttamente evidenziato una serie di indizi concludenti rispetto alla decisione raggiunta, fondandola su un ragionamento privo dei vizi denunciati.

3. E’ infondato anche il terzo motivo, perchè si basa su affermazioni che non risultano provate e in contrasto con la complessiva ricostruzione della vicenda operata dalla Corte locale.

4. E’ infine infondato anche l’ultimo motivo, posto che il denunciato contrasto tra motivazione e dispositivo appare solo potenziale e comunque agevolmente superabile.

D. Il ricorso incidentale F. sulle spese è fondato.

1. La Corte di appello ha errato nel confermare la compensazione delle spese in primo grado nel rapporto Bo.- F., nel quale il primo era rimasto totalmente soccombente, motivandola in ragione del solo rapporto di parentela esistente tra la F. e la B., di per sè non influente sul regime di regolazione delle spese processuali. Parimenti la Corte locale ha errato nel disporre la compensazione delle spese tra le stesse parti anche per il giudizio di appello, pur confermando la soccombenza totale del Bo. nel reciproco rapporto. In questo caso manca una motivazione esplicita e, se la Corte ha inteso richiamare la stessa motivazione adottata per le spese di primo grado, ha errato per le medesime ragioni su indicate.

2. La sentenza impugnata va quindi riformata sul punto e rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che valuterà nuovamente la questione delle spese di giudizio tra Bo. e F. e procederà poi alla regolazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale F.; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, anche per le spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2017

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