Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20936 del 17/10/2016

Cassazione civile sez. VI, 17/10/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 17/10/2016), n.20936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.C.M. e C.G., elettivamente domiciliati in Roma,

via XX Settembre 3, presso l’avv. Donatella Rossi

(pec.studiorossid(at)cnfpec.it), rappresentati e difesi dagli avv.ti

Antonietta Pace e Gian Carlo Santilli, giusta procura alle liti in

calce al ricorso, i quali dichiarano di voler ricevere le

comunicazioni relative al processo presso gli indirizzi

avvantoniettaliberatapace(at)puntopec.it e

avvsantilligiancarlo(at)puntopec.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

avv. U.L., quale curatore delle minori D.C.G. e

J., nominata in data 7 marzo 2011 dal Tribunale per i minorenni

de L’Aquila, ammesso al patrocinio a spese dello Stato,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al

controricorso, dall’avv. Antonella Pellegrini che dichiara di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo alla p.e.c.

antonella.pellegrini(at)pecordineavvocatilaquila.it ed elegge

domicilio presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/2015 della Corte di appello di L’Aquila,

sezione per i minorenni, emessa il 24 febbraio 2015 e depositata il

30 settembre 2015, n. R.G. 457/2015.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Il Tribunale per i minorenni di L’Aquila, con sentenza n. 58/2014, ha dichiarato lo stato di adottabilità delle minori D.C.G. nata a Sulmona il 30 maggio 2007 e D.C.G. nata ad (OMISSIS) da D.C.M. e H.M.S..

2. Le due bambine erano state affidate al Servizio sociale del Comune di (OMISSIS) con decreto del T.M. del 7 marzo 2011 con la prescrizione di collocamento nella casa famiglia in cui erano già state inserite con precedente provvedimento del 29 marzo 2010 e i genitori erano stati sospesi dalla responsabilità genitoriale con contestuale nomina di un tutore provvisorio e di un curatore speciale. Nel corso del procedimento sono state acquisite numerose relazioni dei servizi sociali dalle quali è emerso che le bambine presentavano un grave ritardo nello sviluppo, che dall’estate (OMISSIS) la madre H.M.S. ha interrotto qualsiasi rapporto con loro, che il padre, se pure assistito dalla madre C.G., non è in grado di gestire una idonea relazione genitoriale, che l’ipotesi di un affidamento alla nonna paterna comportava tempi lunghi necessari a una rettifica della relazione con il figlio al fine di consentire una corretta esplicazione dei rispettivi ruoli, che le bambine presentano uno scarso interesse verso il padre che verso la nonna paterna.

3. Ha proposto appello contro la decisione del T.M. D.C.M. unitamente alla madre C.G., lamentando un atteggiamento di chiusura dei servizi sociali specie nei confronti del D.C., che non trovava conferma nella C.T.U. ma che si era riflesso nella decisione del T.M..

4. La Corte di appello, con sentenza n. 24/2015, ha respinto l’appello in quanto, pur dando atto della affettività e della buona volontà del D.C. nel tentare di occuparsi delle figlie e pur rilevando la capacità educativa e contenitiva della C. ha ritenuto contrario all’interesse delle bambine la protrazione della loro condizione di vita in comunità e non percorribile un ulteriore tentativo di recupero delle capacità genitoriali del padre.

5. Ricorrono per cassazione D.C.M. e C.G. che si affidano a tre motivi di impugnazione.

6. Propone controricorso l’avv. U.L. nella sua qualità di curatore speciale di D.C.G. e J..

7. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione ed errata applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8. Secondo i ricorrenti la Corte di appello avrebbe ritenuto la sussistenza della situazione di abbandono espandendo oltre ogni limite il contenuto dell’espressione usata dal legislatore nella disposizione normativa invocata senza cioè tener conto della ratio legis e della consolidata giurisprudenza in materia secondo cui la dichiarazione di adottabilità è una extrema ratio che può ricorrere solo in presenza di una situazione di grave carenza di cure materiali e morali da parte dei genitori e dei parenti più stretti che costituisca un serio pregiudizio per lo sviluppo e la crescita del minore.

8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 2. Secondo i ricorrenti la Corte di appello si è discostata dalla prescrizione di legge secondo cui la dichiarazione di adottabilità può intervenire solo nel caso si riveli l’impossibilità dell’assunzione di un adeguato ruolo genitoriale da parte della famiglia di origine nonostante l’aiuto e il sostegno che possano fornire i servizi sociali.

9. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 15. Secondo i ricorrenti la Corte di appello avrebbe dichiarato lo stato di adottabilità nonostante la loro piena e concreta disponibilità offerta ai servizi sociali.

Ritenuto che:

10. Il ricorso appare fondato alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’adozione del minore, recidendo ogni legame con la famiglia di origine, costituisce una misura eccezionale, una extrema ratio, cui possibile ricorrere non già per consentirgli di essere accolto in un contesto più favorevole, così sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici, ma solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ivi compreso l’affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio (Cass. civ. 1^ sezione, n. del 2016).

11. Nella specie le acquisizioni istruttorie sulle capacità di cura ed educazione della nonna paterna (attualmente sessantunenne) che ha già instaurato un rapporto significativo con le nipoti e ha sempre manifestato la propria disponibilità ad occuparsi e prendersi cura di loro anche in regime di affidamento temporaneo e la altrettanto certa disponibilità del padre a seguire un percorso terapeutico e di sostegno per poter svolgere adeguatamente il suo ruolo genitoriale rendono manifesta la necessità di percorrere tutti i tentativi necessari a superare la permanenza delle minori in casa famiglia e a favorire il loro rientro nella famiglia di origine.

12. Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello de l’Aquila perchè decida alla luce della giurisprudenza citata anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa con rinvio la sentenza della Corte di appello de L’Aquila che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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