Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20935 del 13/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20935 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: MELONI MARINA

Data pubblicazione: 13/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del direttore pro
tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato in Roma Via dei Portoghesi 12
– ricorrente –

Contro
1

VéGé Italia soc. coop. A r.l. in persona del legale
rappresentante, domiciliata in Roma Viale Giulio
presso lo studio dell’Avv.to Gabriele

Pafundi

giusta procura speciale

in calce al

controricorso

controricorrente-

avverso la sentenza n.25/22/07 depositata il
20/4/07 della Commissione Tributaria regionale
della Lombardia;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 8/1/2013 dal Consigliere
dott.ssa Marina Meloni; uditi gli avvocati Giuseppe
Albenzio per la ricorrente e Gabriele Pafundi per
Végé Italia soc.coop a r.l. presenti in aula; udite
le conclusioni del P.M. in persona del sostituto
Procuratore Generale dott. Pasquale Fimiani che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

A

seguito

dell’acquisizione

degli

atti

di

un’indagine penale svolta dalla G.d.F. di Milano,
2

Cesare 14,

l’Agenzia della Dogana

di Como notificava

alla società Végé Italia soc. coop. a r.l. (di
seguito Vègè) un avviso di rettifica di
accertamento nr. 21299 del 4/5/2004 per il recupero
dei prelievi agricoli evasi, iva ed interessi, in

1992,1993 e 1994, con le quali la società aveva
importato in Italia formaggi di origine svizzera,
beneficiando del pagamento di un prelievo agricolo
preferenziale, ridotto rispetto a quello intero,
sulla scorta del certificato modello IMA 1,
attestante il rispetto delle condizioni previste
dalla normativa comunitaria per il riconoscimento
del trattamento preferenziale.
Il predetto modello IMA l, allegato alle bollette
doganali per l’importazione di formaggi nel periodo
1992-1994, conteneva una clausola secondo la quale
per i prodotti designati non potevano essere
concessi all’acquirente sconti o premi o qualsiasi
altra forma di riduzione avente come conseguenza un
valore inferiore a quello minimo fissato
dall’importazione per il prodotto in questione. In
violazione della suddetta clausola la G.d.F. di
Milano accertava invece che in epoca successiva
agli sdoganamenti erano state accreditate alla
ditta importatrice somme riferibili alle operazioni
3

relazione alle bollette doganali emesse negli anni

di

importazione

a

titolo di abbuoni,

premi, sconti e bonifici che, complessivamente,
avevano decurtato il prezzo formalmente esposto in
fattura e dichiarato in dogana al di sotto di
quello del valore soglia previsto dalla normativa

La società importatrice presentava ricorso alla
Commissione Tributaria provinciale di Como la quale
con sentenza nr. 17/05/05 accoglieva il ricorso
annullando l’atto impugnato emesso nei confronti
della società sul presupposto dell’invalidità della
clausola contenuta nel certificato IMA/1.
Su ricorso in appello proposto dalla Agenzia delle
Dogane, la Commissione tributaria regionale della
Lombardia, con sentenza nr.25/22/07 depositata in
data 20/4/2007, confermava la sentenza di primo
grado. Avverso la sentenza della Commissione
Tributaria regionale ha proposto ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Dogane con cinque motivi
ed ha resistito la Végé con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Dogane lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt.112,163,183,189
cpc e 18,21 e 24 d.lgs.31/12/1992 n.546 in
4

comunitaria.

relazione

all’art.

360 n.4

cpc in quanto la CTR ha fondato la sua
decisione sulla invalidità della clausola
contenuta nel modello IMA l pronunciando
ultra petita, in violazione del principio di

quanto nessuno dei motivi di opposizione della
società importatrice concernevano la validità
della clausola contenuta nel certificato IMA/1
e dell’impegno assunto. Il motivo proposto è
infondato. Infatti questa Corte,
pronunciandosi su fattispecie analoga ha
affermato che “L’art. 12, comma secondo, della
legge 28 dicembre 2001, n. 448 che ha
sostituito l’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, nel riconoscere al giudice
tributario il potere di risolvere in via
incidentale questioni devolute ad altra
giurisdizione (quali la nullità di un negozio
giuridico), indipendentemente da un’espressa
domanda di parte, ha natura meramente
esplicativa di una regola generale già
esistente nell’ordinamento. Il processo
tributario, inoltre, pur avendo ad oggetto un
rapporto che vede il contribuente nella veste
di soggetto passivo, trae origine da un’azione

5

corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in

costitutiva,

volta

all’annullamento di un atto autoritativo, il
cui esercizio da parte del contribuente non fa
assumere all’Amministrazione finanziaria la
qualità di attrice in senso sostanziale, non

costituzionali che escludono la c.d.
presunzione di legittimità dell’atto
amministrativo, l’imposizione a suo carico
dell’onere di fornire la prova dei fatti
costitutivi della pretesa tributaria. Ne
consegue che il carattere impugnatorio del
processo, comportando l’identificazione del
“petitum” e della “causa petendi” con la
domanda ed i motivi del ricorso, non esclude
il potere del giudice di rilevare d’ufficio
eventuali cause di nullità di contratti, la
cui validità ed opponibilità
all’Amministrazione abbia costituito oggetto
dell’attività assertoria del ricorrente( Sez.
5, Sentenza n. 20398 del 21/10/2005).

2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione dei
Regolamenti CEE n.1767/82 e 222/88 in
relazione all’art. 360 n.3 cpc, in quanto la
CTR, nel rigettare l’appello dell’Ufficio, ha
6

essendo dovuta a tale qualità, ma ai principi

finito

per

riconoscere

alla

società importatrice trattamenti agevolati non
spettanti, in violazione dei Regolamenti
Comunitari sopra citati, che disciplinano la

invalida come facente parte del contenuto
necessario del certificato IMA/1 ai fini del
riconoscimento del trattamento preferenziale.
Il motivo è fondato e deve essere accolto. In
tema di tributi doganali, la disciplina del
Regolamento CEE n. 1767/1982 della Commissione
in data 1 luglio 1982, applicabile “ratione
temporis” subordina la concessione del regime
preferenziale in favore dell’importatore alla
presentazione, al momento dello sdoganamento
dei beni, del certificato IMA l, e la
compilazione di questo in conformità delle
istruzioni enunciate negli allegati al citato
Regolamento costituisce, secondo la
giurisprudenza della Corte di Giustizia CE
dell’il giugno 1998 in C-41/97, condizione per
il riconoscimento del beneficio. Ne consegue
che, dovendo il certificato IMA l tra l’altro
attestare la non inferiorità del prezzo delle
merci franco frontiera alla “soglia” fissata
7

materia e prevedono la clausola dichiarata

dai regolamenti e

contenere

la

dichiarazione dell’importatore in ordine alla
mancata concessione, presente o futura, di
sconti, premi o altre forme di riduzione che

quello minimo fissato all’importazione per i
prodotti interessati, l’accertato godimento di
sconti, premi o riduzioni produttive degli
effetti appena precisati determina la non
corrispondenza del medesimo certificato alle
istruzioni enunciate nel Regolamento CEE n.
1767/1982 e, quindi, la perdita del
trattamento preferenziale.(Sez. 5, Sentenza n.
5385 del 04/04/2012.)
3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione degli artt. 112 e 346 cpc
in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 4 cpc in
quanto la CTR ha pronunciato in ordine al
motivo di opposizione formulato dalla società
importatrice nell’originario ricorso davanti
alla CTP, relativo all’annullamento in via di
autotutela di un precedente avviso di
pagamento poi sostituito dall’atto impugnato
nonostante il principio ne bis in idem,
sebbene tale eccezione non fosse stata
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possano determinare un valore inferiore a

oggetto

di

pronuncia da parte

della Commissione di primo grado e non fosse
stata ritualmente riproposta all’esame della
Commissione di secondo grado, contravvenendo

proposto appare infondato in quanto, al
contrario,la Végé, nell’atto di
controdeduzioni in appello, ha chiesto
espressamente di esaminare i motivi di
impugnazione proposti in primo grado e non
esaminati in quanto assorbiti dalla decisione
favorevole.
4. Il quarto motivo di ricorso riguarda la
violazione e falsa applicazione dell’art.2quater d.l. 30/9/1994 n.564 convertito in
legge 30/11/1994 n.656, dell’art. 84 DPR
23/1/73 n.43 dell’art.11 d.lgs 8/11/1990 n.374
ai sensi dell’art. 360 nr.3 cpc,in quanto la
CTR ha ritenuto che l’annullamento in via di
autotutela di un precedente avviso di
pagamento del 30/5/2001 non consentiva il
nuovo accertamento all’esito del quale era
stato emesso l’avviso di rettifica impugnato,
stante il principio del ne bis in idem. Il

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così al disposto dell’art. 346 cpc. Il motivo

motivo è fondato

in quanto in tema

di accertamento tributario, è legittimo il
comportamento dell’amministrazione finanziaria
che annulli un avviso di accertamento, già

del potere generale di autotutela, lo
sostituisca con un nuovo avviso. La
giurisprudenza di questa Corte appare infatti
concorde nell’affermare “Il potere di
autotutela tributaria, che si esprime in
quello di annullamento d’ufficio dell’atto, ha
come presupposto temporale, da un lato, la
mancata formazione del giudicato
sull’accertamento emesso dall’amministrazione
(d.P.R. 27 marzo 1992, n. 287), e da un altro,
la mancata scadenza del termine decadenziale
fissato per l’esercizio del potere di
accertamento tributario dalle singole leggi
d’imposta (Nella specie, è stato ritenuto
legittimo, l’esercizio del potere di
annullamento del primo avviso di accertamento
dell’amministrazione, sostituito, nel rispetto
dei due presupposti indicati, da un nuovo
accertamento dell’imposta in esame).( Sez. 5,
Sentenza n. 2531 del 22/02/2002).
10

notificato al contribuente e, nell’esercizio

itSENTE DA RET3!STr-tAZIONW
AI SENSI DEL
I . Dl TAB. ALL. B. – N. 5
USTUUMUBUIMUA

di

5. Il quinto motivo

ricorso,

riguardante l’insufficiente motivazione su
punti controversi e decisivi in relazione
all’art. 360 n.5 cpc, rimane assorbito

6. Per quanto sopra il ricorso proposto è fondato
e deve essere accolto in relazione ai motivi
due e quattro, assorbito il quinto, con
condanna alle spese del soccombente e
compensazione tra le parti delle spese del
giudizio di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto in relazione ai motivi
due e quattro, assorbito il quinto, cassa la
sentenza e decidendo nel merito rigetta il ricorso
introduttivo. Condanna Végé Italia soc.coop.a
r.l.al pagamento delle spese del giudizio a favore
di Agenzia delle Dogane
7.000,00 oltre s.p.ad.

che si liquidano in C
Compensa tra le parti le

spese del giudizio di merito.

dall’accoglimento del secondo e quarto motivo.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
DePOSITATO IN CANCELLERIA
V sezione civile il 8/1/2013

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