Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2093 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30065/2018 proposto da:

S.I., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Ferrari Paola Maddalena, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 545/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 dal cons. DI STEFANO PIERLUIGI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

S.I., cittadino del Mali, ricorre con quattro motivi nei confronti del Ministero dell’interno – Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale avverso la sentenza del 28 marzo 2018 della Corte di Appello di Brescia che confermava il rigetto delle domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria.

Il richiedente segnalava di esser fuggito dai proprio paese per le percosse e le minacce di morte subite ad opera del capo del villaggio ove egli abitava perchè intenzionato a sposare una ragazza che il medesimo capovillaggio intendeva invece fare sposare al proprio figlio. Per tale fatto non aveva chiesto aiuto alla polizia che mai lo avrebbe protetto contro il capovillaggio.

La Corte di Appello riteneva che la vicenda narrata fosse “privata”, che il timore della mancata assistenza della polizia non era giustificata e che, comunque, l’area di residenza del richiedente era estranea alla zona, a nord del Mali, in cui si realizzano le condizioni di insicurezza, dovute al pregresso conflitto tra gruppi armati, che non consentono una efficace tutela dei cittadini da parte delle Autorità locali.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione di legge in riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omesso esame di un fatto decisivo. Rileva che la Corte di Appello ha basato la sua decisione sull’essere l’area di residenza del ricorrente ubicata nel sud del paese mentre dalla sentenza di primo grado risultava che, invece, è ubicata nella zona immediatamente a sud dell’area settentrionale interessata dal conflitto.

Tale motivo è infondato in quanto l’errore, se dei caso, è ininfluente poichè è in ogni caso indubbio che l’area di residenza è stata individuata per una zona esterna a quella interessata al conflitto. Il fatto asseritamente non valutato, non assume carattere di decisività.

Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto non sarebbe stato rispettato il principio dell’onere probatorio attenuato.

Il motivo è infondato. La Corte di Appello ha preso atto delle allegazioni di parte, valutandone innanzitutto la attendibilità ed attitudine a dimostrare la vicenda relativa ai rapporti personali. Ha quindi dato un motivato giudizio di non credibilità degli eventi narrati dal S. facendo riferimento alle circostanze da lui stesso riferite, tali da dimostrare la normalità degli interventi della polizia in occasione di condotte illecite del capovillaggio.

Ha, poi, riconosciuto affidabilità astratta anche alle circostanze narrate sulle condizioni di rischio generale nell’area specifica di provenienza del ricorrente e, nell’ottica del principio dell’onere della prova attenuato, ha esaminato la documentazione delle organizzazioni internazionali utili a rilevare le condizioni di sicurezza del Mali nell’area, giungendo ad un motivato giudizio di assenza di condizioni significative ai fini della protezione richiesta.

Con il terzo motivo deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la decisione impugnata respinto la domanda di protezione sussidiaria così non tenendo conto del criterio della “minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Il motivo è infondato perchè non considera i presupposti in fatto accertati dalla Corte di Appello che hanno consentito di escludere motivatamente la situazione di pericolo per l’individuo, comunque non collegata a comportamenti delle Autorità per quanto riguarda la vicenda “privata”.

Con il quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per il mancato esercizio dei poteri di ufficio di indagine e di informazione D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 3, per valutare la reale sussistenza di una situazione tipizzata di rischio qual è quella in cui versa la regione di Mopti in Mali, sulla base delle informazioni reperibili presso la Commissione nazionale per il diritto di asilo.

Il motivo è infondato in quanto si tratta di una deduzione generica che non tiene conto del contenuto della sentenza che ha espressamente effettuato le valutazioni in questione facendo riferimento alle informazioni disponibili secondo la tipologia di fonti di cui al D.Lgs. n. 35 del 2008, art. 2 bis.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.

Il richiedente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto non è tenuto al versamento del contributo unificato, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131 e, di conseguenza, neppure dell’ulteriore importo di cui all’art. 13, comma 1-quater, Decreto citato (cfr. Cass. 7368/2017; n. 32319 del 2018), se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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