Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20929 del 05/08/2019

Cassazione civile sez. II, 05/08/2019, (ud. 14/01/2019, dep. 05/08/2019), n.20929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4525-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUNGOTEVERE

MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato LAURA OSTILI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO DI ROBBIO;

– ricorrente –

contro

L.A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE

GIANTURCO 1, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PAVAROTTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINICIO SQUILLACIOTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2821/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO

che:

– la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del tribunale che, nella causa promossa da L.A. contro M.A., aveva condannato il convenuto, proprietario di un fondo contiguo a quello dell’attrice, ad arretrare, fino a metri 7,5 dal confine, opere realizzate a distanza inferiore;

– la corte d’appello ha riconosciuto che i terreni delle parti in causa ricadevano nella zona E/2 c.d. agricola di cui al piano regolatore approvato con D.P.G.R. 4 agosto 1998, n. 7030;

– ha precisato che tale inquadramento, proposto dal consulente tecnico, trovava conferma nel certificato di destinazione urbanistica del 21 dicembre 1993, attestante che si tratta di “beni aventi la suddetta destinazione urbanistica E/2, e relativamente ai quali lo strumento locale prevedeva una distanza assoluta fra fabbricati di 15 metri ed una distanza minima dal confine di metri 7,5, indipendentemente dall’altezza del fabbricato”;

– per la cassazione della sentenza il M. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, cui L.A. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

-con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza là dove la corte d’appello ha recepito la classificazione proposta dal consulente tecnico, che aveva collocato i terreni delle parti nella zona E/2 in base al piano regolatore vigente;

– l’esperto non aveva considerato che la Regione, nell’approvare il piano regolatore, ne aveva disposto l’integrazione, unificando le due zone E/1 e E/2 in unica zona E;

– secondo il ricorrente, in assenza di specifica previsione che imponesse una distanza dal confine riferita alla zona E, dovevano trovare applicazione le norme del codice civile, per cui l’arretramento doveva arrestarsi al limite di un metro e mezzo dal confine;

– il motivo è inammissibile;

– come si eccepisce nel controricorso la unificazione nella unica zona E delle zone E/1 e E/2 non risulta essere stata dedotta dinanzi alla corte d’appello;

– nella sentenza non si legge alcunchè che sia riferibile a tale questione;

– nondimeno il ricorrente è del tutto silente sui tempo e modi della deduzione della stessa questione innanzi al giudice di merito, il che comporta appunto l’inammissibilità della censura, in base al principio secondo cui “qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla S.C. di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione” (Cass. n. 15430/2018; n. 20694/2018);

– ed invero “il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità” (Cass. n. 15196/2018);

-il ricorso, pertanto, è rigettato, con addebito di spese.

– ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del/ controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2019

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