Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20927 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.07/09/2017),  n. 20927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12609/2016 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA, 38,

presso lo studio legale CAPORALE e ASSOCIATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCIO NICASTRO;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNOBIO,

11, presso lo studio dell’avvocato LUCA ZONETTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIAMPIETRO RISIMINI;

– controricorrente –

e contro

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

25, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ERRANTE, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO BRUDAGLIO;

– controricorrente –

e contro

MA.AN., C.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 860/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con separati atti di citazione notificati il 26 luglio 2005 Ma.An. e D.T.E. (cui poi succedette C.A.) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Fasano P.D. chiedendo il risarcimento del danno arrecato alle abitazioni delle attrici a causa dei lavori di ristrutturazione fatti eseguire dal P. nei sottostanti locali da lui condotti in locazione. Si costituì in data 21 aprile 2005 il convenuto chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa del direttore dei lavori e dell’esecutore degli stessi. I chiamati in causa eccepirono la carenza di procura alle liti con riferimento alla chiamata in giudizio e la carenza degli elementi di cui all’art. 164 c.p.c., comma 4, ed il giudice istruttore con ordinanza del 21 dicembre 2005 assegnò al P. termine per l’integrazione della domanda ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 5. Previa riunione dei giudizi, il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda, condannando il convenuto al risarcimento del danno nella misura di Euro 1.800,00 a favore della Ma. e di Euro 1.300,00 a favore della C. e dichiarò l’estromissione dal giudizio dei terzi chiamati. Osservò in particolare il Tribunale che “il procuratore avrebbe dovuto munirsi di apposito mandato giudiziale per esercitare l’azione di chiamata in causa del terzo, e nè l’originario mandato apposto in calce all’atto di citazione ritualmente notificato reca tale previsione nè successivamente esso è stato conferito”. Avverso detta sentenza proposero appello il P. ed appello incidentale le originari attrici relativamente al capo sulle spese processuali. Con sentenza di data 30 ottobre 2015 la Corte d’appello di Lecce rigettò l’appello principale e accolse l’appello incidentale.

Premise la corte territoriale, per quanto qui rileva, che con il motivo di appello si denunciava che agli atti del procedimento vi erano due procure speciali con specifico conferimento di “ogni e più ampia facoltà di legge fra cui anche quella di chiamare terzi” depositate il 23 settembre 2010 e l’11 gennaio 2011, le quali avrebbero sanato il precedente vizio di mancanza di procura ai sensi dell’art. 182 c.p.c., comma 2, sulla base dello spontaneo deposito da parte del P. in mancanza di assegnazione del termine da parte dell’istruttore ai sensi della medesima norma. Osservò quindi che non trovava applicazione l’art. 182 c.p.c., comma 2, ma l’art. 125 c.p.c., comma 2, poichè si trattava non di procura viziata, fattispecie contemplata dalla prima norma, ma di procura inesistente, la cui assenza poteva essere sanata solo dopo l’avvenuta notifica dell’atto introduttiva del giudizio, ma prima della costituzione, come previsto dall’art. 125, comma 2. Aggiunse il giudice di appello che a tergo dell’atto di citazione richiamato dall’atto di chiamata in causa vi era un mandato che difettava del tutto della procura a chiamare in causa i terzi e che le procure menzionate dall’appellante erano state depositate ben oltre il termine di cui all’art. 125, comma 2.

Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo Donato P. e resistono con controricorso M.R. e S.L.. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 75,82,83,84,164,167 e 269 c.c., nonchè l’art. 1708 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che, stante il tenore della procura conferita nell’ambito del giudizio di primo grado (“vi delego a rappresentarmi assistermi e difendermi in ogni fase, stato e grado del presente giudizio, conferendovi ogni e più ampia facoltà di legge, compresa quella di transigere”), si intende che era stato conferito anche il potere di chiamare in causa i terzi, come confermato dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. U. 14 marzo 2016, n. 4909).

Il motivo è inammissibile. Nella sentenza di appello si indica che il motivo di appello aveva ad oggetto il deposito di due procure speciali che avrebbero sanato l’originaria mancanza di procura. Stante l’accertamento del giudice di merito in ordine al contenuto dell’atto di appello il ricorrente avrebbe dovuto indicare in modo specifico quale fosse stato il contenuto dell’impugnazione al riguardo. La statuizione di primo grado era stata la seguente: “il procuratore avrebbe dovuto munirsi di apposito mandato giudiziale per esercitare l’azione di chiamata in causa del terzo, e nè l’originario mandato apposto in calce all’atto di citazione ritualmente notificato reca tale previsione nè successivamente esso è stato conferito”. Tale statuizione doveva essere impugnata per evitarne il passaggio in cosa giudicata. Il motivo di appello, alla stregua della motivazione della sentenza di appello, è stato invece nel senso che le due procure speciali con specifico conferimento di “ogni e più ampia facoltà di legge fra cui anche quella di chiamare terzi”, depositate successivamente, avrebbero sanato il precedente vizio di mancanza di procura. Il ricorrente si limita nel ricorso ad indicare le conclusioni dell’atto di appello, che erano nel senso del rigetto dell’eccezione preliminare sollevata dal terzo chiamato sulla presunta carenza di procura ad litem. Dalle conclusioni dell’appello, così come illustrate dal ricorrente, non si comprende se oggetto dell’impugnazione sia stata la questione delle due procure speciali o anche quella dell’originario mandato apposto in calce all’atto di citazione notificato. In mancanza di tale decisiva specificazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non è consentito al collegio di accedere agli atti del processo. Il ricorso resta pertanto inammissibile per violazione della disposizione indicata.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore del procuratore dichiaratosi anticipatario quanto a M.R..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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