Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20926 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. I, 30/09/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 30/09/2020), n.20926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6534/2019 proposto da:

D.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Murdaca,

elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi, 12,

presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 12/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2020 dal Cons. Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto notificato in data 15 gennaio 2019, il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso proposto da D.C., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento negativo della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato: a) che l’esame degli elementi raccolti consentiva di confermare la valutazione di credibilità della narrazione del ricorrente, quanto alle vicende concernenti il suo matrimonio e al pestaggio sofferto nel (OMISSIS), ma non anche quanto a ciò che sarebbe accaduto successivamente e, in particolare, alle minacce di morte ricevute nel (OMISSIS) e poste a fondamento della richiesta di protezione internazionale; b) che le incongruenze erano del tutto insuperabili; c) che, con riferimento alla protezione umanitaria, non erano stati allegati fatti diversi da quelli posti a fondamento delle domande principali; d) che lo svolgimento, da parte del ricorrente, di attività lavorativa, non dimostra un effettivo radicamento nel territorio italiano, laddove egli poteva contare in (OMISSIS), dove si trovavano anche i propri figli, sul sostegno della propria famiglia di origine.

3. Avverso tale decreto nell’interesse di D.C. è stato proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, criticando la genericità della motivazione del decreto, non sorretto ad una indagine sul livello di integrazione del richiedente in Italia, esposto a grave ed irreparabile pregiudizio in caso di rimpatrio.

La doglianza è inammissibile.

Questa Corte ha chiarito, in linea generale, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).

Ora, nel caso di specie, le censure sono di assoluta genericità e risultano prive di specifica correlazione con il caso concreto, facendo riferimento a non meglio precisate “condizioni familiari e sociali del ricorrente” e prospettano un altrettanto imprecisato rischio di grave ed irreparabile pregiudizio in caso di rientro in patria.

2. In conseguenza il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’amministrazione resistente, da liquidare in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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