Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20925 del 05/08/2019

Cassazione civile sez. II, 05/08/2019, (ud. 21/06/2018, dep. 05/08/2019), n.20925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11196-2014 proposto da:

P.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COL DI

LANA n. 28, presso lo studio dell’avvocato CARLOTTA DI RIENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO GASPARI;

– ricorrente –

contro

D.A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

DARDANELLI n. 46, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO SPINELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO CARNEVALE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 5.10.2006 D.A.C. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Milano P.P.G. invocandone la condanna alla restituzione di Euro 1.549.371, corrispondenti a Lire 3.000.000.000, che l’attrice deduceva di aver prestato al convenuto nel febbraio 2002. A sostegno della domanda, l’attrice produceva due scritture firmate dal convenuto, rispettivamente in data 23.7.2004 e 11.12.2005; con la prima di esse, il P. dichiarava di aver stipulato una polizza assicurativa a garanzia del prestito, mentre con la seconda – sottoscritta anche dalla D.A. – si impegnava alla restituzione della somma ricevuta in prestito senza interessi.

Il convenuto si costituiva negando di aver mai ricevuto la somma di cui alla citazione, disconoscendo la sottoscrizione apposta in calce al secondo documento (datato 11.12.2005) e producendo comunque una versione differente di quest’ultimo, in particolare per l’aggiunta di una condizione mai realizzatasi. Il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte di Appello confermava la decisione.

La Corte territoriale riteneva in particolare che il prestito fosse stato erogato mediante una operazione bancaria articolata in un prelievo dal conto corrente della D.A. e da un versamento sul conto corrente del P., eseguiti in pari data (14.2.2002) e per il medesimo importo. Riteneva inoltre che non fosse credibile la spiegazione alternativa proposta dal P., secondo cui costui avrebbe versato in contanti sul suo conto corrente i risparmi della madre, anche perchè posto che il versamento del 14.2.2002 era stato eseguito in Euro – moneta avente corso legale a partire dal 2.1.2002 – per poter accumulare l’intera somma di cui è causa la madre del convenuto avrebbe dovuto recarsi in banca quasi quotidianamente e convertire in Euro oltre cento milioni di lire al giorno. La Corte territoriale riteneva ancora che la polizza assicurativa indicata dal primo documento del 23.7.2004 fosse stata accesa a garanzia della restituzione e che tale circostanza fosse evidenziata dai tempi, rispettivamente del prestito e della costituzione della garanzia, e confermata dalle prove orali escusse in prime cure. Infine, la Corte milanese riteneva che la condizione apposta al documento dell’11.12.2005, nella sola versione prodotta dal P., fosse stata aggiunta dopo la sottoscrizione dello stesso, provenisse dalla mano del P. e, comunque, fosse da ritenere nulla in quanto integrante una donazione non di modico valore realizzata senza il rispetto del requisito formale previsto dall’art. 782 c.c.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il P. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la D.A., eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame per difetto della procura speciale prevista dagli artt. 365 e 366 c.p.c., posto che quest’ultima è rilasciata su foglio a parte aggiunto al ricorso, reca la data del 10.4.2013, anteriore a quella del deposito della sentenza impugnata (13.1.2014), e non indica gli estremi della delibera di ammissione del ricorrente al beneficio del gratuito patrocinio. Non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente esaminata, e respinta, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per asserito difetto della procura speciale sollevata dalla parte controricorrente. La doglianza relativa al rilascio della procura su foglio a parte è infondata, posto che per giurisprudenza ormai consolidata la procura speciale può essere conferita su foglio separato dal ricorso al quale accede, purchè a quest’ultimo sia materialmente unita al momento della costituzione della parte in giudizio. In termini, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10031 del 14/10/1997 (Rv. 508868) secondo la quale “E’ valida la procura rilasciata su foglio separato rispetto al ricorso ed a questo materialmente congiunto mediante punti metallici (anche se la penultima pagina del ricorso medesimo -quella, cioè, immediatamente precedente il foglio contenente la procura- non sia riempita integralmente), elementi indispensabili al raggiungimento dello scopo di certezza che le forme stabilite dall’art. 83, in relazione all’art. 125 c.p.c. intendono realizzare (sotto il profilo della esistenza così come della tempestività della procura) essendo soltanto quelli dell’adozione della forma scritta e del deposito della documentazione relativa al momento della costituzione della parte in giudizio. La presenza di questi due elementi consente, difatti, esaustivamente, la riferibilità dell’attività del procuratore alla parte del rapporto controverso”.

Il profilo concernente la data del rilascio della procura è parimenti infondato, in quanto è evidente che quest’ultima, proprio perchè allegata al ricorso e riportata nella copia notificata alla controricorrente, esisteva all’atto della notificazione dell’atto. In proposito, può essere richiamato il principio secondo il quale la prova che il mandato sia stato conferito prima della notificazione del ricorso può essere desunta da qualsiasi elemento, purchè specifico ed univoco (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 17866 del 23/07/2013, Rv. 627261 e Cass. Sez.1, Sentenza n. 14967 del 02/07/2007, Rv. 597750). Inoltre, è evidente che l’indicazione della data del 10.4.2013 contenuta in calce al negozio di conferimento dello ius postulandi costituisce il frutto di un errore materiale, posto che il ricorso è datato 23.4.2014 e risulta notificato il 24.4.2014.

Irrilevante, infine, è la mancata indicazione nella procura e nel ricorso del numero della delibera di ammissione del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, posto che la carenza non incide sulla regolarità del negozio di conferimento dello ius postulandi ma piuttosto sul riconoscimento del beneficio in via definitiva, in relazione al quale – peraltro – quel che rileva è che la delibera ammissiva sia comunque depositata agli atti del giudizio prima della decisione.

Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1830 c.c., art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c., art. 117 c.p.c., art. 1353 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe innanzitutto errato nel ritenere acquisita la prova della dazione del denaro dalla D.A. al P., in quanto la prima avrebbe dedotto, nell’atto di citazione introduttivo del giudizio, che la consegna avvenne in contanti: non essendo stata raggiunta la prova su detta consegna in contanti, mancherebbe la prova del rapporto di mutuo ipotizzato dalla sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente lamenta che la Corte di Appello, avendo ritenuto che il mutuo si fosse perfezionato mediante un’operazione bancaria, avrebbe pronunciato oltre la domanda dell’attrice, ledendo il diritto di difesa el ricorrente7. In aggiunta, secondo il P. mancherebbe la prova del fatto che la somma prelevata in contanti dalla D.A. in data 14.2.2002 fosse effettivamente la stessa che, in pari data, era stata versata dal P. sul suo conto corrente, posto che l’operazione non era unitaria, ma suddivisa in due distinti atti, uno di prelevamento ed uno di versamento, sia pure per il medesimo importo. Il ricorrente deduce poi che la dichiarazione da lui resa in interrogatorio, secondo la quale egli avrebbe apposto la condizione sulla scrittura dell’11.12.2005 dopo le parole “In fede” ma prima che le parti la sottoscrivessero, non avrebbe valore confessorio, posto che l’interrogatorio era stato espletato tre anni dopo i fatti, di talchè poteva essere giustificata una certa confusione del ricorrente nel ricordo di tutti i dettagli, e considerata comunque la prevalenza degli esiti della C.T.U. grafologica rispetto alle risultanze dell’interpello. Infine, il ricorrente lamenta che la Corte milanese avrebbe errato nel ritenere illecita la condizione apposta sulla scrittura dell’11.12.2005 di cui anzidetto.

La doglianza, che introduce vari temi di indagine, è comunque inammissibile, posto che con essa il ricorrente invoca una complessiva rivalutazione e rilettura dei dati fattuali apprezzati dal giudice di merito e delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del giudizio.

In continuità con il precetto contenuto nella sentenza delle S.U. di questa Corte n. 24148 del 25/10/2013 (Rv. 627790) il motivo di ricorso non può mai risolversi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento…” del giudice di merito “… tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”. Il motivo non è neppure utilmente scrutinabile sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che il ricorso è soggetto, ratione temporis, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore a seguito della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012), e quindi il vizio di motivazione deve essere interpretato “… alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Restano quindi esclusi da un lato qualunque altro vizio della motivazione e, dall’altro lato, l’omesso esame di elementi istruttori che non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (in senso conforme, Cass. Sez.6-3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014, Rv.632914; Cass. Sez.6-3, Sentenza n. 23828 del 20/11/2015, Rv.637781; Cass. Sez.3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017, Rv.645828).

Inoltre, la censura difetta anche della necessaria specificità, quanto al primo e al secondo profilo (relativi alle modalità con cui in concreto fu consegnato il denaro dalla mutuante al mutuatario), poichè il ricorrente non riporta i documenti che dimostrerebbero le modalità con cui fu materialmente eseguita l’operazione di prelievo e versamento del 14.2.2002, nè fornisce la prova di aver impostato la propria difesa, nelle fasi di merito, soltanto sulla movimentazione in contanti e di non essere quindi stato in grado senza sua colpa, com’egli sostiene nel ricorso, di svolgere le sue difese anche sulla movimentazione della somma “per banca”.

In ogni caso, sul punto la motivazione resa dalla Corte di Appello è pienamente convincente e condivisibile, posto che il giudice di secondo grado ha ritenuto dimostrata la consegna della somma dalla D.A. al P. alla luce dei documenti prodotti dalla prima ed in particolare delle movimentazioni dei conti correnti delle parti (prelievo e versamento nella stessa data dell’importo di cui si discute, con operazione contestuale). Ha poi ritenuto inverosimile la tesi del P., il quale aveva allegato che la mutuante aveva prelevato e tenuto le somme per sè, mentre lui aveva versato sul suo conto i risparmi della madre, che li teneva in casa, alla luce tanto della testimonianza T. – direttore della filiale all’epoca dei fatti -, il quale aveva riferito che il furgone con Euro 1.500.000 in contanti non era mai arrivato presso la filiale in quei giorni (il che smentisce l’ipotesi del prelievo in contanti); quanto del fatto che il versamento sul conto del mutuatario del 14.2.2002 era stato eseguito in Euro, valuta entrata in vigore il 2.1.2002, per cui la madre del ricorrente avrebbe dovuto recarsi in banca ogni giorno, dal 2.1.2002 sino alla data dell’operazione, per cambiare in Euro circa cento milioni di lire al giorno. Inoltre, la Corte ha valorizzato la circostanza che il mutuatario, nell’arco dei 4 giorni successivi all’operazione, avesse prelevato tutte le somme ivi giacenti ed estinto il conto, ed ha ritenuto che la testimonianza del broker I. e la vicinanza temporale tra dazione della somma e accensione della polizza assicurativa (14.2.2002 – 6.4.2002) costituissero elementi idonei a fondare la presunzione che la seconda era stata effettivamente costituita per garantire il prestito di cui è causa. Ancora, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata la causa del trasferimento di denaro, alla luce delle due scritture a firma del P., rispettivamente del 23.7.2004 e dell’11.12.2005, ed ha attribuito valenza confessoria alle dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di interrogatorio, posto che il verbale nel quale quelle dichiarazioni erano state riportate era stato firmato dal P.. Infine, la Corte di secondo grado ha valorizzato la disarmonia esistente tra il tenore generale della scrittura dell’11.12.2005 e la condizione risultante sulla sola copia in possesso del ricorrente, e ha ritenuto che ciò dimostrasse che essa fu apposta in epoca successiva alla firma del documento. Ha ritenuto comunque nulla la condizione predetta, in quanto finalizzata a realizzare una donazione non avente modico valore in difetto della forma solenne, ed ha respinto anche l’estrema richiesta del ricorrente, di fissazione di un termine per la restituzione della somma di cui è causa, evidenziando il comportamento totalmente inadempiente tenuto dal mutuatario nei confronti dell’obbligo di restituzione su di lui gravante.

Le differenti rationes individuate dalla Corte territoriale non risultano attinte se non parzialmente dal motivo in esame, che comunque va ritenuto inammissibile per i diversi, ma concorrenti, profili sin qui evidenziati.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto diversi profili. In primo luogo, il ricorrente ritiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare, nell’interpretare le risultanze della testimonianza del T. ed in particolar modo la dichiarazione che nei giorni prossimi all’operazione del 14.2.2002 non era arrivato presso la filiale alcun furgone portavalori con 1,5 milioni di Euro in contanti, l’ipotesi che in realtà la D.A. non avesse prelevato alcuna somma dal proprio conto corrente. In secondo luogo, il ricorrente afferma che dal verbale di udienza risulterebbe che il teste T., pur essendo direttore della filiale, e quindi esperto del settore, avrebbe descritto l’operazione del 14.2.2002 in termini generici; ciò confermerebbe l’esistenza di una ipotesi alternativa a quella ravvisata dal giudice di appello, secondo la quale la D.A. non avrebbe prelevato alcuna somma dal suo conto corrente e quindi non avrebbe potuto consegnare alcunchè al P., il quale invece avrebbe depositato sul suo conto denaro proprio. Infine, il ricorrente deduce che la polizza assicurativa alla quale si riferisce il teste I. nella sua deposizione sarebbe collegata ad un diverso prestito eseguito il 18.4.2002 (ossia nello stesso mese in cui era stata accesa la polizza di cui sopra) ed evidenzia l’incoerenza che sussisterebbe tra il valore della garanzia assicurativa (2,5 milioni di Euro) e l’importo del prestito di cui si discute (1,5 milioni di Euro).

Anche questo motivo è inammissibile perchè si risolve nella richiesta di revisione del giudizio di merito svolto dal giudice di seconda istanza. Inoltre anche in questo caso la censura difetta della necessaria specificità in quanto il ricorrente, nel richiamare le risultanze della prova testimoniale e i documenti asseritamente allegati agli atti del giudizio, non ne riporta testualmente il contenuto nè indica il momento processuale in cui tali documenti sarebbero stati depositati e sarebbero state proposte le tesi difensive e sollevate le eccezioni alle quali fa riferimento l’odierna doglianza. Nè sussiste alcun vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, posto che il giudice di merito è libero di valutare le risultanze istruttorie e di ritenere maggiormente pregnanti alcune di esse rispetto alle altre e attesa l’insindacabilità di tale giudizio, secondo il principio per cui “In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci, quale vizio di motivazione, l’insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poichè è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25927 del 23/12/2015, Rv.638292).

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorrente è stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non è dovuto il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 10.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2019

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