Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20919 del 05/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/08/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 05/08/2019), n.20919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13245-2015 proposto da:

ASI – AGENZIA SPAZIALE ITALIANA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3143/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/06/2014 R.G.N. 2543/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’estinzione del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Roma P.G., titolare di incarico dirigenziale presso l’Agenzia Spaziale Italiana, con contratto a tempo determinato, quale responsabile dell’Unità organizzativa affari legali, incarico conferitogli quale soggetto esterno all’amministrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 con decorrenza dal 15 settembre 2003 e scadenza al 9 luglio 2006, per la significativa esperienza e qualificazione professionale dal medesimo maturata, impugnava il licenziamento irrogatogli in data 9 settembre 2004.

Secondo il ricorrente il provvedimento espulsivo non era stato preceduto da alcuna contestazione di addebito ma da una mera richiesta di attestazione di non versare in situazioni di incompatibilità e pertanto era viziato per violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 nonchè dell’art. 18, commi 1 e 2 del c.c.n.l. dirigenti comparto ricerca e della clausole 6, 7 e 9 del contratto individuale.

2. Il Tribunale, con sentenza n. 205/2008, respingeva la domanda ritenendo la legittimità della procedura seguita con il recesso.

3. La decisione era riformata dalla Corte d’appello di Roma che, nella contumacia dell’Agenzia Spaziale Italiana, con sentenza n. 3143/2014, dichiarava l’illegittimità del licenziamento e condannava l’ASI al pagamento in favore del P. delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento al 9 luglio 2006, oltre interessi legali come per legge.

Riteneva la Corte territoriale che nella lettera del 28 luglio 2004, che aveva preceduto il licenziamento, non vi fosse menzione dell’aspetto disciplinare nè addebiti specifici, ma solo il rinvio ad una lettera anonima pervenuta all’Agenzia, con la finalità di chiedere notizie al lavoratore sulla veridicità o meno delle informazioni nella stessa contenute.

4. Tale decisione era impugnata per revocazione dall’Agenzia Spaziale Italiana.

5. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3462/2016, riteneva ammissibile il ricorso per revocazione dell’ASI, ma nel merito accoglieva l’appello del P., in quanto, a differenza di quanto affermato dal Tribunale, era stato violato l’art. 18 del c.c.n.l. dirigenti – enti di ricerca, perchè il P. non aveva ricevuto informazione scritta e specifica dell’infrazione addebitata, e sussisteva l’onere del datore di lavoro di invitare il lavoratore a discolparsi.

6. Avverso la sentenza n. 3462/2016, resa sul ricorso per revocazione, l’Agenzia Spaziale Italiana proponeva ricorso per cassazione che era respinto da questa Corte con sentenza n. 13667/2018.

7. Il presente ricorso dell’Agenzia Spaziale Italiana domanda la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3143/2014, poi oggetto di revocazione e di successiva pronuncia di questo giudice di legittimità.

4. E’ stata depositata in data 10 giugno 2019 rinuncia al ricorso da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La rinuncia al ricorso è stata notificata a P.G..

2. L’art. 306 c.p.c. stabilendo che il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio, quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione, fonda il diritto ad accettare la rinuncia stessa, ovvero quello, opposto, a non accettarla, nell’essere la parte costituita nel giudizio – cfr. Cass. 24 marzo 2011, n. 6850; Cass. 10 dicembre 2010, n. 24376; Cass. 11 ottobre 1999, n. 11384 -.

La rinunzia al ricorso per cassazione, infatti, non ha carattere cosiddetto accettizio (che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali) – cfr. Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 5 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971 -.

L’accettazione rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo l’art. 391 c.p.c., comma 2 che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.

La rinuncia, dunque, ancorchè notificata, in presenza di parte non costituita, determina automaticamente l’estinzione del processo.

2. Nella specie, alla declaratoria di estinzione non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

3. Il tenore della pronuncia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del processo; nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2019

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