Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20916 del 12/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 20916 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 24100-2008 proposto da:
POSTE

ITALIANE

S.P.A.,

in persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato
PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2212

GRAMENZI

DERNA

GABRIELLA

grmdng73h621103p,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195,
presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che la

Data pubblicazione: 12/09/2013

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LALLI
CLAUDIO, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 940/07 della CORTE D’APPELLO dì
L’AQUILA, depositata il 04/10/2007, r.g.n. 192/06;

udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega RESSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 24100/2008
FATTO E DIRITTO
Con sentenza n. 92 del 2005, il Giudice del lavoro del Tribunale di
Teramo respingeva la domanda proposta da Gramenzi Derna Gabriella nei

del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi tra le parti, con le pronunce
consequenziali.
La lavoratrice proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma, con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello degli Abruzzi — L’Aquila, con sentenza depositata il
4-10-2007, in accoglimento dell’appello, dichiarava la nullità del termine
apposto al primo contratto di lavoro stipulato tra le parti (ex art. 25 ceni del
2001 per “esigenze tecniche organizzative e produttive, connesse anche alle
punte di più intensa attività prevista per fine, inizio anno”), con la conseguente
sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato dal 6-12-2001, “tuttora in
essere”, e condannava l’appellata alla riammissione in servizio dell’appellante,
nonché al pagamento delle retribuzioni maturate dalla messa in mora, oltre
rivalutazione e interessi, detratto quanto percepito in altre occupazioni.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con quattro
motivi.
La Gramenzi ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

1

confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità

Ciò posto, va rilevato che con il primo motivo la società censura la
sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che non è stato provato dal

fd%

datore di lavoro – come era suo onere – il rispetto della percentuale massima
prevista per le assunzioni a termine (“clausola di contingentamento”).

della prova della violazione della quota numerica e che, in ogni caso, al
riguardo i giudici del merito avrebbero dovuto provvedere d’ufficio agli atti
istruttori idonei.
Il motivo è infondato.
Come è stato affermato da questa Corte, infatti, “nel regime di cui alla
legge 28 febbraio 1987, n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di
individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di
lavoro è subordinata dall’art. 23 alla determinazione delle percentuali di
lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei
dipendenti; pertanto, non è sufficiente l’indicazione del numero massimo di
contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di
invalidità dell’apposizione del termine nei contratti stipulati in base all’ipotesi
individuata ex art. 23 citato, l’indicazione del numero dei lavoratori assunti a
tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra
lavoratori stabili e a termine. L’onere della prova dell’osservanza di detto
rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui all’art. 3 della
legge 18 aprile 1962, n. 230, secondo cui incombe al datore di lavoro
dimostrare l’obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione
di un termine al contratto di lavoro.” (v. per tutte Cass. 19-1-2010 n. 839).

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In particolare la ricorrente sostiene che incombeva sul lavoratore l’onere

Del resto, al riguardo, neppure è censurabile genericamente, in questa
sede, il mancato esercizio di poteri istruttori d’ufficio, ove la parte non precisi
di aver investito il giudice del merito di una specifica richiesta in tal senso,
indicando anche i relativi mezzi istruttori (v. Cass. 12-3-2009 n. 6023, Cass.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine
alla affermazione della Corte di merito secondo cui “non vi sono stati, a
differenza di quanto accaduto nella vigenza del precedente contratto collettivo
e nonostante la previsione in tal senso da parte del nuovo contratto, accordi
attuativi su base nazionale o regionale” ed al riguardo rileva che i giudici di
merito non hanno considerato l’accordo del 18-1-2001.
Osserva il collegio che, considerata la affermazione, da parte della Corte
d’Appello, della nullità del termine sulla base di due autonome rationes
decidendi (mancato rispetto della quota percentuale prevista e mancanza degli
accordi attuativi) il rigetto del primo motivo rende superfluo l’esame del
secondo non potendo comunque la eventuale fondatezza portare alla cassazione
della sentenza, che rimarrebbe ferma sulla base della prima argomentazione
riconosciuta esatta, v. Cass. sez. III 24-5-2001 n. 7077, Cass. 21-6-2004 n.
11505, Cass. 6-6-2003 n. 9131, Cass. sez. 118-5-2005 n. 10420, Cass. sez. III
20-1-2006 n. ri 1101, 1106 e 1107).
Con il terzo motivo la società denuncia violazione dell’art. 10 del d.lgs. n.
368/2001, considerato che tale norma prevede l’esenzione da limitazioni
quantitative per i contratti a tempo determinato conclusi per intensificazione
dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno.

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2.6-6-2006 n. 14731).

Anche tale motivo non merita accoglimento, atteso che la sentenza
impugnata correttamente ha applicato nella fattispecie la disciplina pregressa

Pou

ex 1. n. 56 /87 prevista dall’art.. 25 del ceni 2001, in virtù della normativa
transitoria di cui all’art. 11 del citato d.lgs., pur essendo stato il contratto de

Come è stato infatti precisato da questa Corte, “in materia di assunzione a
termine dei lavoratori subordinati, l’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56,
che attribuisce alla contrattazione collettiva la possibilità di identificare nuove
ipotesi di legittima apposizione del termine, continua a trovare applicazione
anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 368 del 2001, che pure ne
reca la formale abrogazione, in relazione alle clausole dei contratti collettivi di
lavoro precedentemente stipulati sotto la vigenza della legge del 1987 ed
ancora in corso di efficacia al momento dell’entrata in vigore del citato d.lgs.
fino alla scadenza dei contratti collettivi, atteso che la disciplina transitoria,
desumibile dall’art. 11 del d.lgs. n. 368, ha proprio la finalità di garantire una
transizione morbida tra il vecchio ed il nuovo sistema.” (v. Cass. 4-8-2008 n.
21092 e successive).
Infine con il quarto motivo, sul piano delle conseguenze economiche, la
ricorrente deduce che nella fattispecie la lavoratrice non avrebbe fornito la
prova dell’effettivo danno subito, che comunque andrebbe ridotto in ragione
dell’aliunde perceptum, e che neppure vi sarebbe stata una effettiva offerta
della prestazione con conseguente mora accipiendi del datore di lavoro.
Tale motivo risulta del tutto generico e astratto (così come il relativo
quesito conclusivo formulato ex art. 366 bis applicabile ratione temporis, cfr.
Cass. 21-2-2012 n. 2499).
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quo stipulato in data successiva all’entrata in vigore del medesimo d.lgs..

Posto, infatti, che la impugnata sentenza ha condannato la società al
pagamento delle retribuzioni dalla messa in mora individuata nel tentativo
obbligatorio di conciliazione, la società censura tale decisione in modo
assolutamente generico, senza neppure riportare il testo dell’atto che, secondo

mora (contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito).
La società, inoltre, limitandosi a ribadire in astratto la propria tesi, neppure
considera che la impugnata sentenza ha già espressamente limitato la condanna
con la detrazione di “quanto percepito in altre occupazioni”, di guisa che la
censura risulta altresì inconferente con il decisum.
Così risultato inammissibile il quarto motivo, riguardante le conseguenze
economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere in qualche
modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dall’art. 32,
commi 5 0 , 6° e 7 0 della legge 4 novembre 2010 n. 183.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di
principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso,
in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato
dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 272-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad

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il suo assunto, non avrebbe integrato la offerta della prestazione e la messa in

essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v.
fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 cit.).

MI4

Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente va condannata al pagamento

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società a pagare alla Gramenzi le
spese, liquidate in euro 50,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi oltre
accessori di legge.
Roma 19 giugno 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Donatella C

delle spese in favore della Gramenzi.

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