Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20914 del 12/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 20914 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 22088-2009 proposto da:
FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. 07973780013, (nuova
denominazione della FIAT AUTO S.P.A.) in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’Avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO (STUDIO
2013
2115

TOFFOLETTO – DE LUCA TAMAJO), che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati LUCA ROPOLO, FRANCO
BONAMICO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 12/09/2013

STANATO

CARMELA

STMCML49L42A263Z,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio
dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato POLI ELENA, giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 919/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 10/10/2008 R.G.N. 363/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito l’Avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE;
udito l’Avvocato COSSU BRUNO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– controricorrente

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, Stamato Carmela
conveniva in giudizio il datore di lavoro FIAT Auto s.p.a. e, assumendo
illegittima la sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria
(CIGS) per il periodo 9.12.02-1.12.03, ne chiedeva la condanna al
pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e
quanto spettante a titolo di retribuzione.
2.- Accolta la domanda e proposto appello da Fiat Group
Automobiles s.p.a. (succeduta a Fiat Auto s.p.a.), la Corte d’appello di
Torino con sentenza in data 10.08.08 rigettava l’impugnazione.
La sentenza di merito riteneva che FIAT, fin dall’inizio della
procedura (attivata con la comunicazione 31.10.02 alle r.s.u.), dovesse
indicare per iscritto i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata
previsione della rotazione, ai sensi dell’art. 1, c. 7, della 1. 23.7.91 n. 223, e
che tale disciplina non era modificata dall’art. 2, c. 5, del d.P.R. 10.6.00 n.
218, recante norme per la semplificazione del procedimento di
concessione del trattamento di c.i.g.s. e di integrazione salariale.
Nella specie i criteri indicati nella comunicazione di avvio della
procedura erano generici, in quanto non consentivano di verificare la
coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere,
il che rendeva illegittima la sospensione in CIGS dei dipendenti. Inoltre,
l’accordo intervenuto tra datore e 0o.ss. in data 18.3.03, a conclusione
della procedura di consultazione (e ribadito da altro successivo del
22.7.03), non assumeva efficacia sanante delle omissioni, in quanto il vizio
originario della comunicazione si ripercuoteva sull’intera procedura.
3.- Avverso questa sentenza FIAT Group Automobiles s.p.a.
proponeva ricorso per cassazione illustrato con memoria, che veniva
contrastato con controricorso dalla lavoratrice.
Motivi della decisione
4.- I motivi di ricorso di Fiat Group Automobiles possono
riassumersi come segue.
4.1.- La questione fondamentale posta a base del ricorso è se il
giudice abbia correttamente applicato l’art. 1, c. 7-8, della legge n. 223 del
1991, o se la norma in questione debba ritenersi abrogata per l’intervento
del d.P.R. n. 218 del 2000. Fiat sostiene che tale decreto, emanato in forza
dell’art. 20 della legge 15.3.97 n. 59, avrebbe delegificato il procedimento
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Svolgimento del processo

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amministrativo di autorizzazione e concessione della cigs e, quindi, tutti i
suoi momenti od atti coordinati e collegati in serie (frase preparatoria,
introduttiva, di istruzione e di decisione), con abrogazione implicita di
tutte le disposizioni già vigenti.
4.2.- Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l’indicazione
delle ragioni che eventualmente l’escludono, potrebbero essere indicate
non solo con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle
0o.Ss., ma anche all’esito dell’esame congiunto tra imprenditore ed
0o.ss. sulla crisi aziendale e sulle conseguenti esigenze di organizzazione
della produzione.
4.3.- Nel caso di specie, le parti sindacali avevano raggiunto un
accordo circa le modalità della rotazione il 18.3.03, all’esito dell’esame
congiunto, dopo che Fiat nel dicembre 2002 aveva aderito al più generale
accordo di programma, il cui perfezionamento costituiva la base per
l’assunzione di impegni amministrativi da parte del Governo a supporto
del superamento della più generale crisi aziendale. Avrebbe dunque errato
il giudice di merito a ritenere preminente il presupposto formale della
comunicazione e consultazione rispetto al contenuto dell’accordo
raggiunto con le 0o.ss. il 18.3.03, che assumeva invece valore sanante; ne
sarebbe, infatti, rimasta esclusa la possibilità per le parti stipulanti di
elaborare in corso di trattativa diversi criteri di gestione della crisi.
4.4.- Conseguenza di tale erronea preminenza assegnata al dato
formale, sarebbe stata la disapplicazione del verbale di esame congiunto
del Ministero del Lavoro del 5.12.02 (avente natura di atto pubblico a
contenuto certificativo, costituente prova della procedura di consultazione
svolta con la mediazione governativa.
4.5.- La comunicazione 31.10.02 di avvio della procedura di cigs,
che fissava il criterio di scelta nelle esigenze tecniche, organizzative e produttive,
in relazione alle esigenze professionali e funzionali, era comunque idonea allo
scopo di esternare le intenzioni del datore di lavoro in ordine alle ricadute
del programma di superamento della crisi aziendale in relazione alla
situazione dei singoli lavoratori, pur residuando la possibilità di procedere
a specificazione in sede di esame congiunto, all’esito dell’acquisizione da
parte delle oo.ss. di una completa informazione.
In ogni caso, avrebbe dovuto valutarsi in concreto la posizione
soggettiva del dipendente, in quanto, ove pure per ragioni formali fosse
dichiarata illegittima tutta la procedura, pur tuttavia avrebbe dovuto
valutarsi se la risoluzione di collocare i lavoratori in cigs fosse coerente

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con i criteri di scelta concretamente indicati ab initio nella comunicazione
di avvio della procedura sindacale.
5.- Preliminarmente deve rigettarsi la richiesta, avanzata dalla parte
controricorrente di dichiarare inammissibile il ricorso principale per
l’intervenuta definizione del procedimento per repressione del
comportamento antisindacale, promosso dalle 0o.ss. nei confronti di
Fiat, per violazione degli oneri di informazione nell’ambito della
procedura collettiva che ha condotto all’applicazione della cigs di cui ora
si discute (v. le sentenze di questa Corte 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n. 15393
che rigettano il ricorso per cassazione di Fiat avverso la sentenza di
appello che riteneva esistente il comportamento antisindacale e dichiarava
l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione in cigs adottati a seguito
della procedura avviata con la comunicazione del 31.10.02).
Secondo la controricorrente dette sentenze esplicherebbero
efficacia di giudicato anche nel presente giudizio, in forza di una lettura
costituzionalmente orientata dell’art. 2909 c.c. in relazione agli arti. 24 e
111 Cost., per la quale chi è stato estraneo al giudizio in cui il giudicato si
è formato non può sottrarsi ai suoi effetti ove esso non gli procuri effetti
pregiudizievoli. Il passaggio in giudicato della statuizione di illegittimità
della collocazione in CIGS della controricorrente, in ogni caso, farebbe
venir meno l’interesse di Fiat a coltivare il ricorso, perché dal suo
accoglimento non trarrebbe alcun beneficio.
Rileva il Collegio che la richiesta è infondata in quanto nella specie
non è ravvisabile il giudicato, atteso che le pronunzie invocate dal
controricorrente non possono spiegare la stessa autorità in un diverso
giudizio, dato che il giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi
limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone — a differenza di
quanto qui riscontrabile — che tra la precedente causa e quella in atto vi sia
identità di parti, oltre che di petitum e di causa petendi (giurisprudenza
consolidata, v. per tutte Cass. 27.01.06 n. 1760). Nel caso ora in esame,
oltre la diversità dei soggetti in causa, esiste diversità di petitum (che qui ha
ad oggetto anche la richiesta di risarcimento in misura pari alla quota di
retribuzione non percepita) e di causa petendi, facendosi questione anche
della posizione soggettiva del lavoratore in causa (v. sub 4.5).
Tali considerazioni consentono di superare l’eccezione di
inammissibilità non solo per la pretesa esistenza del giudicato, ma anche
per la dedotta carenza di interesse di Fiat Automobiles, la quale invece
vanta un interesse al ricorso quantomeno per la corretta definizione del
rapporto diretto esistente tra di essa ed il lavoratore in causa.

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6.- Per quanto riguarda la questione principale (v. 4.1-4.2) deve
osservarsi che la legge 23.7.91 n. 223 — che introduce una visione organica
della cigs, ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi
dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonché alla
proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel
tempo — prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e
l’approvazione dei programmi e per tutta la loro durata, all’esito di una
articolata procedura, il Ministero del Lavoro con decreto conceda il
trattamento straordinario di integrazione salariale (artt. 1-2).
Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in cigs
adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse
mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I “criteri di
individuazione dei lavoratori” e “le modalità della rotazione” sono
oggetto di consultazione sindacale, in forza del dettato normativo, che
impone la loro comunicazione alle 0o.ss. e l’esame congiunto di cui
all’art. 5 della 1. 20.5.75 n. 164. Qualora il datore, per ragioni di carattere
tecnico-organizzativo, non intenda attuare la rotazione dovrà indicarne i
motivi nel programma di ristrutturazione (art. 1, c. 7-8, della legge 223).
Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo
la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della
rotazione e promuovere un incontro tra le parti. Ove non si pervenga ad
un accordo entro tre mesi dalla concessione del trattamento di
integrazione il Ministro stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione
sulla base delle proposte formulate dalle parti (c. 8, secondo periodo).
7.- Su tale assetto intervenne il d.P.R. 10.6.00 n. 218, emanato per
delega conferita dall’art. 20 della legge di semplificazione amministrativa
15.3.97 n. 59, che inserì il procedimento per la concessione della CIGS come regolato dalla 1. n. 223 del 1991 — tra quelli sottoposti a
delegificazione mediante regolamento emesso ai sensi dell’art. 17, c. 2,
della 1. 23.8.88 n. 400 (art. 20, c. 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla
legge stessa).
8.- I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza
di questa Corte nel senso che la disciplina del d.P.R. 218 non abroga la
legge n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione
fissati dall’art. 1 di quest’ultima. Il d.P.R. n. 218 non incide, infatti, sulle
disposizioni del combinato disposto dell’art. 5 della legge n. 164 del 1975
e dell’art. 1, c. 7, della legge n. 223 del 1991 — riguardanti l’obbligo
datoriale di comunicare in avvio della procedura per l’integrazione
salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei

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lavoratori da sospendere nonché le modalità di rotazione poste da tali
disposizioni in capo dell’imprenditore — atteso che la disciplina da esso
fissata attiene alla fase propriamente amministrativa del procedimento di
concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n. 28464).
Può, dunque, affermarsi con questa impostazione (poi ripresa da
numerose altre sentenze, tra le quali v. Cass. 31.1.11 n. 2155, n. 2156, n.
2157, Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152) che per la scelta dei lavoratori da
porre in cassa integrazione, la legge n. 223 del 1991, art. 1, c. 7, prescrive
che il datore di lavoro comunichi alle 0o.ss. i criteri di scelta dei lavoratori
da sospendere, in relazione a quanto previsto dall’art. 5 della legge n. 164
del 1975. Tale disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i
diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle 0o.ss., anche dopo
l’entrata in vigore della disciplina del d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, la
quale non abroga o modifica le suddette disposizioni ma solo regola
diversamente il procedimento amministrativo, di rilevanza pubblica, di
concessione di integrazione salariale.
Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che
riguarda gli obblighi di rilevanza collettiva del datore (art. 1, c. 7-8, della
legge n. 223), precisando che la detta normativa regolamentare non ha
spostato l’informazione sui criteri di scelta e sulle modalità della rotazione
dal momento iniziale della comunicazione di avvio a quello
immediatamente successivo dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il
contenuto della norma di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 218 cit. sarebbe
estraneo all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo
e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte
datoriale con compressione dei diritti di informazione spettanti al
sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale
palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e 1.7.09 n.15393, entrambe
emanate a conclusione del procedimento per condotta antisindacale
promosso dalle 0o.ss. nei confronti di Fiat con riferimento alla procedura
di cigs ora in esame avviata con la comunicazione del 31.10.02).
9.- Sulla base di queste considerazioni, all’esito dell’esame delle
questioni sub 4.1 e 4.2, può ritenersi corretto l’assunto del giudice di
merito che — pur dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 218 del 2000 — la
comunicazione che il datore, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 164 del 1975,
è tenuto a dare alle rappresentanze sindacali aziendali debba contenere
l’indicazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le
modalità della rotazione, i quali solo successivamente dovranno costituire
oggetto del successivo esame congiunto.

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10.- Consegue l’irrilevanza della questione attinente il rilievo
assegnato alla documentazione di provenienza ministeriale. Ove si ritenga
che criteri di individuazione e modalità di rotazione debbono essere
indicate ab initio nella comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la
tesi che assegna valore asseverativo ad un documento che attesta che
quell’indicazione è avvenuta solo in un momento successivo, e cioè in
sede di esame congiunto.
11.- Neppure può sostenersi che l’accordo 18.3.03.7.03 avrebbe
sanato ogni eventuale vizio della procedura attivata con la lettera 31.10.02.
In proposito va precisato che la giurisprudenza richiamata dalla
ricorrente (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) parte dal
presupposto che l’accordo sia esaustivo delle esigenze conoscitive e di
esternazione imposte dal combinato normativo degli artt. 5 della legge n.
164 e dell’art. 1, c. 7-8, della legge n. 223, in quanto in tal caso sarebbe
solo inutile formalismo imporre al datore di comunicare alle 0o.ss. quei
criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n.
8353). Nel caso di specie, tuttavia, l’accordo — intervenuto a procedura già
iniziata e quando centinaia di lavoratori erano già posti in cassa
integrazione — si limita a formulare un sistema di rotazione a partire
dall’aprile 2003, senza indicare il procedimento di individuazione dei
soggetti interessati, il che esclude quel carattere esaustivo sopra rilevato.
Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le
modalità concordate in sede di accordo non soddisfano l’essenziale
esigenza cui la preventiva comunicazione è preposta, e cioè quella di
consentire (non solo alle 0o.ss. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai
lavoratori coinvolti — tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo
— di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione da parte del datore sia
coerente al programma di superamento della crisi adottato e, quindi, di
consentire la tutela della loro posizione individuale, nella sostanza
controllando il potere del datore di collocarli in cassa integrazione (v.
anche Cass. 10.5.10 n. 11254).
12.- Escludendo il carattere sanante dell’accordo 18.3.03 ed
assegnando natura ostativa alla omissioni della comunicazione, il giudice
di merito si è attenuto al principio pacifico, affermato da Cass., S.u.,
11.5.00 n. 302, secondo cui in caso di intervento straordinario di
integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea
eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività
lavorativa è illegittimo qualora il datore, sia che intenda adottare il

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meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare
alle 0o.Ss., ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente
diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono
essere sospesi (in base al combinato disposto degli artt. 1, c. 7, legge 223
del 1991, e 5, c. 4-5, legge n. 164 del 1975). Ove l’illegittimità può essere
fatta valere dai lavoratori davanti al giudice ordinario, in via incidentale,
per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.
13.- Quanto all’incidenza della comunicazione 31.10.82 sulla
posizione del ricorrente deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di
cassazione ha precisato che “i criteri di individuazione dei lavoratori da
sospendere …”, di cui all’art. 1 della legge n. 223 del 1991, debbono
essere connotati dal requisito della specificità, ovvero, dalla “idoneità dei
medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica
della corrispondenza della scelta ai criteri”, precisandosi che
l’aggettivazione “non individua una specie nell’ambito del genere criterio
di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in
grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa
integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è
effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico
indirizzo nella scelta” (v. Cass. 1.7.09 n. 15393, che richiama Cass. 23.4.04
n. 7720, e fa chiaro riferimento a S.u. n. 302 del 2000, citata).
Tale specificità non è stata riscontrata dal giudice di merito, che —
analizzando il contenuto specifico dei documenti in considerazione — ha
ritenuto non evidenziato con sufficiente specificità il percorso aziendale
che ha portato all’individuazione dei singoli lavoratori da sospendere in
cassa integrazione, il quale pure faceva riferimento ai lavoratori adibiti alla
produzione di un singolo modello di vettura.
Trattasi di valutazioni di merito che, in quanto congruamente
motivate, non sono suscettibili di censura in sede di legittimità.
14.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, come di seguito liquidate,
seguono la soccombenza e vanno distratte a favore dell’Avv. Bruno
Cossu, sottoscrittore del ricorso dichiaratosi antistatario.
15.- I compensi professionali vanno liquidati in € 1.000 sulla base
del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi
previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione, decisione) ed al
valore di € 8.110,84, corrispondente alla somma della complessiva
soccombenza di parte convenuta, come determinata dal giudice di merito.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 50 (cinquanta) per esborsi ed in €
1.000 (mille) per compensi, oltre Iva e Cpa, con distrazione a favore
dell’antistatario Avv. Bruno Cossu.
Così deciso in Roma in data 13 giugno 2013
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Per questi motivi

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