Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20914 del 11/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 11/10/2011), n.20914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2267-2010 proposto da:

FINANZIARIA SRL (OMISSIS) (già Finanziaria SpA) in persona

dell’amministratore unico e legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 162, presso lo studio dell’avvocato

MEINERI GIOVANNI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SABUCCO ALBERTO, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIANDOTTO PAOLA,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 526/2009 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

22.9.09r depositata il 31/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Benito Panariti che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

“La Finanziaria s.r.l., con ricorso notificato il 22 gennaio 2010 al sig. P.A., ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, depositata il 31 ottobre 2009, notificata il 23 novembre 2009, che ha dichiarato inammissibile la domanda di revocazione della sentenza n. 136 del 16 marzo 2006 di quella Corte d’appello, quanto al primo motivo, proposto in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 4, per essere stato l’atto introduttivo notificato oltre il termine di legge e, quanto al secondo motivo, formulato in relazione all’art. 395 c.p.c., n. 3, per essere stata la deduzione del ritrovamento, in data 18 maggio 2006, di documenti decisivi tardivamente formulata solo nella comparsa conclusionale e per essere stato comunque l’atto introduttivo del giudizio notificato oltre il trentesimo giorno dal ritrovamento.

Con il primo motivo del ricorso a questa Corte si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione alla domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 3 non rispondendo al vero che essa fosse stata formulata solo nella comparsa conclusionale, essendo stata invece formulata, in via subordinata, sin dall’atto di citazione, alle pagg. 13 e 14.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 155 c.p.c., come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. f) per avere erroneamente la Corte d’appello ritenuto proposta oltre i trenta giorni dalla scoperta dei documenti decisivi, avvenuta il 18 maggio 2006, la citazione notificata il 19 giugno 2006, nonostante che il 17 giugno fosse sabato, così erroneamente applicando il previgente testo dell’art. 155 c.p.c, nonostante che il nuovo testo dell’art. 155 c.p.c., il quale proroga al primo giorno non festivo i termini che scadono il sabato, fosse già entrato in vigore il giorno 1 marzo 2006.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la sentenza impugnata condannato la società ricorrente al pagamento di tutte le spese sostenute dalla controparte, comprese quelle relative ad una domanda di sequestro proposta da quest’ultima, poi ritirata, relativamente alla quale aveva presentato una distinta nota spese.

Considerato che il primo motivo appare inammissibile, per un verso non essendovi stata omessa pronuncia sulla domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 3, costituendo pronuncia su tale domanda anche la pronuncia in rito della sua inammissibilità; per altro verso poichè, anche interpretando la censura formulata con il motivo quale allegazione della erroneità della pronuncia adottata in rito, sotto il profilo dell’errata interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio, il motivo si appalesa parimenti inammissibile, non deducendosi con esso, come era necessario a pena d’inammissibilità, che in tale atto fossero stati indicati il giorno in cui la società ricorrente ebbe notizia dell’esistenza del documento e i relativi elementi di prova (Cass. 21 aprile 2006, n. 9369; 4 febbraio 2005, n. 2287; 24 aprile 2009, n. 9826).

Considerato che il secondo motivo deve ritenersi assorbito in relazione a detto profilo d’inammissibilità.

Considerato che il terzo motivo appare a sua volta inammissibile, non risultando specificamente dedotto e dimostrato che gli onorari e diritti liquidati eccedessero i massimi consentiti in relazione alle voci della tariffa applicabili per le attività effettivamente prestate per il giudizio di merito nel quale la società ricorrente è rimasta soccombente”;

considerato che la parte intimata ha depositato controricorso e, dopo la fissazione del ricorso per l’esame in camera di consiglio, memoria, chiedendo in quest’ultima la condanna della controparte per lite temeraria;

che il collegio ha condiviso la relazione e la proposta del relatore;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo, mentre la domanda di danni per responsabilità aggravata è inammissibile in quanto tardivamente formulata in memoria (Cass. Sez. un. 17 agosto 1990, n. 8363).

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro quattromiladuecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2011

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