Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20913 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 17/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 17/10/2016), n.20913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6008-2015 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE GIUSEPPE

MAZZINI 41, presso lo studio dell’avvocato INSABATO FRANCESCO

SAVERIO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO RENI

2, presso lo studio dell’avvocato VALERIO VIANELLO ACCORRETTI, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 2286/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. DI MARZIO FABRIZIO;

udito l’Avvocato INSABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Roma respinse la domanda svolta da Andrea Sacripanti nei confronti di T.F. e Your Store s.p.a. volta alla condanna delle controparti al pagamento di una somma di denaro a suo tempo consegnata dall’attore al T. affinchè fosse investita tramite la società Your Store (nel frattempo dichiarata fallita), sui mercati mobiliari.

Adita da S. la corte di appello riformò la decisione condannando T. al pagamento a controparte di Euro 6.000,00 a titolo di responsabilità contrattuale.

Avverso tale pronuncia ricorre per tassazione T.F. esponendo due motivi.

Resiste S.A. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso può essere così sintetizzato.

Si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione degli artt. 2043, 1218, 1704 e 1754 c.c. e D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, nonchè omesso esame di un fatto decisivo criticando la ricostruzione del fatto e la qualificazione giuridica ritenuta dalla corte di appello secondo cui tra S. e T. si sarebbe realizzato un contatto sociale qualificato, in forza del quale il primo versò al secondo una somma di denaro perchè la stessa fosse investita sui mercati mobiliari. Osserva, in contestazione a tale ricostruzione, il ricorrente, come in realtà egli chiarì da subito nel corso delle trattative che controparte dell’investitore era la società poi dichiarata fallita, cosicchè il T. non avrebbe assunto mai un ruolo autonomo nella trattativa nè avrebbe effettuato alcuna mediazione tra le parti. In nessun modo, pertanto, avrebbe potuto ritenersi integrato un contatto sociale fonte di responsabilità contrattuale tra S. e T.. Ciò anche sulla scorta del rilievo decisivo, tuttavia ignorato dalla corte di appello, secondo cui tra le parti intercorse un contratto scritto in cui sarebbe risultato evidente la posizione di contraente non di T. bensì della società.

2. La corte di appello ha ritenuto di inquadrare la relazione intercorsa tra le parti e volta alla conclusione di un accordo sull’investimento di una somma di denaro, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., come relazione di valenza contrattuale idonea a fondare una responsabilità, pertanto, di tipo contrattuale, a seguito del “contatto sociale qualificato” instauratosi tra le parti, contatto inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell’art. 1173 c.c. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. (sul che cfr., da ultimo, Cass. n. 14188/2016).

Così ragionando, la corte territoriale, sulla scorta del materiale istruttorio acquisito agli atti, ha limitato il suo esame al rapporto instauratosi tra le parti dell’odierno giudizio.

Nel ricorso si afferma l’erroneità di tale ricostruzione, e l’estraneità del ricorrente a detto rapporto, che sarebbe invece intercorso tra la società per cui avrebbe prestato la propria opera l’odierno ricorrente e S..

Non si critica, dunque, la qualificazione giuridica in astratto, ma la pertinenza di tale qualificazione al caso di specie: attesa l’affermata estraneità dell’odierno ricorrente al rapporto contrattuale intercorso tra le parti.

Tale conclusione è, tuttavia, affidata, nel ricorso, al mero riferimento circa l’esistenza di un contratto scritto intercorso tra S. e Your Store s.a.s. Nulla si dice, nondimeno, nel ricorso, dell’eventuale deposito di tale contratto agli atti di causa, con ciò non consentendo a questa corte di verificare l’esistenza di detto contratto e la sottoposizione dello stesso all’esame dei giudici del merito.

Ne discende il rigetto del ricorso.

3. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.100,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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