Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20912 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 30/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 30/09/2020), n.20912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23366-2014 proposto da:

SCUOLA SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LOCALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato MARIA BEATRICE MICELI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 463/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/04/2014 R.G.N. 75/2013;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda, ha dichiarato il diritto di C.F. alla stabilizzazione del rapporto di lavoro con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale a decorrere dal 1 gennaio 2010 ed ha condannato l’appellata a corrispondere all’originario ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni maturate dalla data sopra indicata sino all’effettiva assunzione in servizio;

2. la Corte territoriale, per quel che rileva in questa sede, ha premesso in punto di fatto che il C. aveva stipulato in data 21 dicembre 2005, a seguito di selezione concorsuale, un contratto di lavoro di durata triennale ed aveva domandato di essere stabilizzato ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519;

3. il giudice d’appello ha ritenuto applicabile alla fattispecie la disposizione invocata ed ha valorizzato il tenore letterale della stessa per escludere che il compimento del triennio dovesse realizzarsi nell’anno 2007, avendo il legislatore richiesto solo che il contratto a termine fosse stato stipulato anteriormente al 29 settembre 2006;

4. ha conseguentemente ritenuto che la stabilizzazione non fosse condizionata dalla cessazione dal servizio di personale di ruolo e che il diritto ad essere definitivamente assunto fosse sorto il giorno successivo alla scadenza del contratto a termine, prorogato al 31 dicembre 2009;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale sulla base di un unico motivo, al quale C.F. ha opposto difese con tempestivo controricorso;

6. il Procuratore generale con atto depositato il 5 marzo 2020 ha concluso per l’accoglimento del motivo.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 519 e 526, ed addebita, in sintesi, alla Corte territoriale di avere erroneamente interpretato le disposizioni normative che vengono in rilievo, da riferire, rispettivamente, alle stabilizzazioni consentite per l’anno 2007 ed a quelle autorizzate per l’anno successivo;

1.1. solo per le prime è richiesta come unica condizione la maturazione del triennio, mentre per le altre l’immissione in ruolo è condizionata dalle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente, presupposto, questo, non verificatosi nella fattispecie;

1.2. aggiunge la ricorrente che il comma 519 non può essere invocato nell’ipotesi in cui il triennio non fosse maturato entro l’anno 2007 e precisa che la disciplina dettata dalla L. n. 296 del 2006 deve essere letta nel suo complesso, perchè il legislatore ha inteso dare continuità al processo di stabilizzazione ed ha previsto condizioni diverse per ogni annualità interessata dai processi in corso;

2. è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del controricorrente, perchè il motivo non è volto a sollecitare una diversa valutazione dei fatti di causa, pacifici fra le parti, bensì a denunciare l’errore interpretativo nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale e dal quale sarebbe derivato un vizio di sussunzione, ossia l’errata riconduzione della fattispecie concreta ad una norma non destinata a disciplinarla;

3. la censura, seppure ammissibile, è infondata in quanto l’amministrazione ricorrente fa leva su un’esegesi della disposizione normativa che svaluta del tutto il tenore letterale della stessa, non considera le finalità perseguite dal legislatore nè tiene conto del fatto che la procedura di stabilizzazione, per come disciplinata ed in ragione dei requisiti richiesti, si protrae nel tempo e può concludersi non solo in annualità diversa da quella in cui la stessa prende avvio ma anche, per i singoli partecipanti, in momenti temporali non coincidenti;

4. la L. n. 296 del 2006, art. 1 prevede, al comma 519, che “Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purchè sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma,….in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione… Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalità di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39, comma 3-ter, e successive modificazioni”;

4.1. il successivo comma 526, per quel che qui rileva, stabilisce che ” Le amministrazioni di cui al comma 523 possono altresì procedere, per l’anno 2008, nel limite di un contingente di personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al comma 519″ ed il comma 536 aggiunge che “Le assunzioni di cui ai commi 523, 526, 528 e 530 sono autorizzate secondo le modalità di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 4, e successive modificazioni, previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e dei relativi oneri”;

4.2. dalla comparazione fra le due disposizioni in commento emerge un primo dato del quale occorre tener conto ai fini della soluzione della questione controversa, ossia che il legislatore ha disciplinato procedure distinte le quali, pur se destinate alla medesima platea di “stabilizzandi”, prevedono, per il resto, presupposti diversi che legittimano il ricorso al reclutamento, perchè solo per quelle riferite all’anno 2008 è richiesta l’ulteriore condizione del rispetto del limite della spesa pari al 40% di quella derivante dai rapporti di lavoro cessati nell’anno precedente;

4.3. non a caso il comma 536 ha disciplinato autonomamente l’autorizzazione necessaria ai fini dell’assunzione ex art. 1, comma 526, autorizzazione che, pur a fronte di un medesimo rinvio alla L. n. 449 del 1997, alla quale a sua volta rimanda il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35 non coincide in toto con quella prevista dal comma 519, perchè solo nel primo caso la condizione prioritaria della quale va fornita la dimostrazione è la cessazione dal servizio, mentre nell’altro il giudizio va espresso in relazione al fabbisogno attuale di personale, a prescindere da limitazioni ulteriori rispetto a quelle derivanti dall’ammontare dei fondi stanziati e dalle necessità di organico;

4.4. d’altro canto che le iniziative di stabilizzazione previste dal comma 526 siano diverse ed ulteriori rispetto a quelle disciplinate dal comma 519 è reso evidente dall’incipit della disposizione e dal significativo utilizzo dell’avverbio “altresì”, che rimarca la diversità fra le procedure, pensate dal legislatore in successione, con l’evidente finalità di assicurare il più possibile il superamento del precariato e, quindi, di consentire l’assunzione, ma a determinate condizioni, anche del personale rimasto escluso dalla prima stabilizzazione;

5. dalla ritenuta diversità delle procedure disciplinate, rispettivamente, dai commi 519 e 526 discende che, quanto ai requisiti necessari ai fini della stabilizzazione, non è possibile estendere alla prima le condizioni richieste per l’altra procedura, come, invece, finisce per sollecitare l’amministrazione ricorrente la quale, pur riconoscendo di avere avviato la stabilizzazione ai sensi del comma 519, insiste nel sostenere che il C., classificatosi in posizione utile, non poteva essere immesso definitivamente in ruolo in quanto maturava il triennio in un’annualità, il 2008, in relazione alla quale occorreva anche l’ulteriore requisito del rispetto del turn over;

6. nè si può ritenere che l’applicabilità del comma 519 debba essere circoscritta ai soli assunti a tempo determinato che maturavano entro il 2007 il requisito triennale, perchè detta interpretazione contrasta con il tenore letterale della norma;

6.1. la disposizione, infatti, nel ricomprendere nella platea degli “stabilizzandi” tutto il personale che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente al 29 settembre 2006, non fissa una data limite entro la quale il requisito stesso deve essere posseduto, data che, pertanto, non può che essere quella necessariamente correlata al dies a quo, ossia il 29 settembre 2009 (tre anni dal 29.9.2006);

6.2. il richiamo all’anno 2007 è riferito alla sola imputazione di spesa, non alla maturazione del triennio, che, nell’intento del legislatore, poteva essere anche successiva all’entrata in vigore della legge, purchè il contratto fosse stato stipulato anteriormente e sempre che la stabilizzazione avvenisse solo una volta realizzatasi la condizione posta; 6.3. va osservato al riguardo che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 16041/2010) nell’interpretare il comma 519 non hanno individuato alcun limite temporale, diverso da quello correlato al dies a quo, entro il quale il requisito doveva essere posseduto ed hanno fatto riferimento all’avvenuta maturazione o meno del triennio solo al fine di stabilire un ordine di priorità fra coloro che la stabilizzazione avevano richiesto;

6.4. dal suo canto la Corte Costituzionale, sia pure pronunciando in fattispecie nella quale veniva in rilievo il comma 558, che disciplina le procedure degli enti locali, ha evidenziato che la disposizione, di tenore non dissimile da quella che qui viene in rilievo, “ammetteva alla stabilizzazione personale dirigenziale che avesse già maturato tre anni di servizio alla data di entrata in vigore della medesima L. n. 296 del 2006… ovvero che fosse destinato a maturarli in forza di contratti stipulati prima del 29 settembre 2006 e, quindi, al massimo, tenuto conto del triennio di servizio necessario, entro il 28 settembre 2009”;

7. l’interpretazione qui sostenuta è avvalorata dalla L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 90, che, nell’ammettere per gli anni 2008 e 2009 alle procedure di stabilizzazione di cui al comma 526 il personale “che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007”, ha “fatte salve le procedure di stabilizzazione di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 519”, in tal modo rimarcando la diversità fra le due procedure di stabilizzazione, diversità dalla quale discende, come già detto, la impossibilità di estendere all’una le condizioni richieste per l’altra;

8. la Corte territoriale ha fondato la decisione su una corretta esegesi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519 e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo;

9. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater perchè la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per competenze professionali oltre al rimborso delle spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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