Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20912 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 17/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 17/10/2016), n.20912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7431 – 2014 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CASTRENSE

7, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO PORRONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI SALERNO giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA (OMISSIS) SAS nonchè di N.M., nella persona

del Curatore Avv. ROBERTA NAPOLITANO, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BOCCIONI 4, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

SMIROLDO, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA RASCIO giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 137/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. DI MARZIO FABRIZIO;

udito l’Avvocato SALERNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Napoli rigettò, per carenza di prova, la domanda svolta ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. dal (OMISSIS). s.a.s. nei confronti di M.F., acquirente di un bene immobile compravenduto dalla società debitrice.

Invece la corte di appello, ammessi nuovi documenti probatori ritenuti indispensabili per la decisione, riformò integralmente la sentenza di primo grado accogliendo la domanda attrice.

Avverso tale pronuncia ricorre M.F. esponendo cinque motivi ulteriormente illustrati in memoria.

Resiste la curatela fallimentare con controricorso e memoria illustrativa in atti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso può essere così sintetizzato.

Nei primi tre motivi si espongono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo in vigore antecedentemente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012.

Premette il ricorrente che il tribunale respinse la domanda revocatoria osservando come la curatela fallimentare non avesse fornito prova della anteriorità di almeno taluni dei crediti ammessi al passivo rispetto all’atto dispositivo oggetto di revocazione, così non soddisfacendo all’allegazione e dimostrazione dell’elemento di fattispecie previsto nell’art. 2901 c.c., al fine di valutare sia l’elemento soggettivo rilevante in capo ai contraenti (scientia fraudis o consilium fraudis) sia l’eventuale capienza del patrimonio residuo rispetto ai debiti esistenti alla data dell’alienazione.

Critica a tal punto il ricorrente che la corte di appello, condividendo la decisione del tribunale sull’indispensabilità della documentazione non prodotta ai fini della prova richiesta all’attore per l’accoglimento della domanda, abbia ritenuto di poter autorizzare il deposito di tale documentazione ai sensi dell’art. 345 c.p.c., del tutto trascurando che l’omissione probatoria, nel giudizio di primo grado, era attribuirsi alla negligenza di controparte.

In tal modo, sulla scorta del deposito in appello dello stato passivo, è stato possibile acquisire la prova sull’anteriorità dei crediti e sulla consistenza patrimoniale del fallendo all’epoca dell’atto dispositivo.

Conclude parte ricorrente che in tal modo la corte di merito avrebbe commesso violazione dell’art. 345 c.p.c., fondando la propria decisione su documenti producibili in primo grado dalla parte interessata ma depositati soltanto nel giudizio di appello.

Nel terzo motivo di ricorso si puntualizza che anche la pronuncia sulla condanna al pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del bene da revocarsi, e nel frattempo alienato a terzi, resterebbe inficiata dagli stessi vizi, fondandosi anche tale punto della decisione sull’accoglimento della domanda revocatoria.

Nel quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 2901 c.c., criticando che la corte di appello da un lato ha affermato nella propria decisione che con l’atto di compravendita si realizzò anche l’effetto di pagare un debito scaduto (e ciò attraverso l’accollo delle rate di mutuo non corrisposte dall’acquirente) senza, tuttavia, ritenere conseguentemente applicabile, dall’altro lato, la disposizione di cui all’art. 2901 c.c., comma 3, sull’irrevocabilità del pagamento di debito scaduto.

L’ultimo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omesso esame, nella sentenza oggi impugnata, dell’eccezione sulla carenza di interesse ad agire del fallimento, carenza si interesse dovuta al fatto che con il prezzo della compravendita la società venditrice provvide al soddisfacimento di un credito di rango ipotecario, senza, pertanto, arrecare pregiudizio patrimoniale agli altri creditori giacchè la banca mutuante, quale creditore prelatizio sarebbe stata sempre e comunque preferita in sede di riparto.

2. Il ricorso è fondato.

La corte di appello ha male interpretato la disposizione sulla ammissibilità di nuove prove documentali in appello qualora se ne ravvisi l’indispensabilità. Nella versione attuale, non applicabile ratione temporis al caso di specie, l’art. 345 c.p.c., comma 3, dispone che non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti nel giudizio di appello, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

In tal modo, è stata superata la precedente disposizione sull’ammissibilità di nuovi mezzi di prova qualora indispensabili alla decisione della causa.

Anche in tale precedente versione, rilevante nel caso di specie, era stato più volte ribadito da questa corte che l’ammissibilità di una prova indispensabile per il giudizio, tale cioè da determinare, una volta espletata, l’accoglimento della domanda fondata sulla stessa, non poteva essere disposta d’ufficio dal giudice (atteso il principio dispositivo stabilito dall’art. 115 c.p.c.) nè poteva essere acquisita dietro un’istanza di parte, il cui accoglimento avrebbe determinato l’aggiramento di decadenze o di preclusioni in cui l’interessato era incorso nel giudizio di primo grado (cfr. Cass. n. 3310/2004).

Sulla scorta di tali ovvie considerazioni si comprende anche la puntualizzazione secondo cui la nozione di indispensabilità deve essere posta in relazione all’atteggiarsi della sentenza di primo grado, dovendosi reputare indispensabile soltanto la prova che, avuto riguardo all’esito del giudizio, la parte non aveva modo di rappresentarsi come utile e necessaria (così Cass. 7441/2011).

Nel caso di specie, la corte di appello ha ammesso il deposito di nuove prove documentali, prove chiaramente necessarie per l’accoglimento della domanda giacchè relative alla prova degli elementi di fattispecie stabiliti dall’art. 2901 c.c.; prove in altri termini pacificamente necessarie e configurabili come tali sulla scorta della semplice lettura della disposizione codicistica. In tal modo ha consentito alla curatela attrice di porre rimedio alle proprie carenze difensive consistite nella omissione del deposito, nei termini decadenziali stabiliti per il processo di primo grado, delle prove necessarie per l’accoglimento della domanda, con ciò violando i limiti sul deposito delle nuove prove già stabiliti dall’art. 345 c.p.c., nella versione all’epoca in vigore.

3. Ne discende l’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, con il conseguente assorbimento degli ulteriori motivi esposti.

Ne discende, inoltre, il rinvio alla corte di appello di Napoli in diversa composizione per nuovo giudizio da realizzarsi prescindendo dall’esame delle nuove prove documentali inammissibilmente depositate in appello e invece ammesse e valutate ai fini della decisione nella sentenza impugnata e perciò adesso cassata.

PQM

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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