Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20911 del 17/10/2016
Cassazione civile sez. III, 17/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 17/10/2016), n.20911
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6001-2014 proposto da:
C.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ERNESTO ROGNONI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente-
contro
POSTE ITALIANE SPA, in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro tempore
I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso
l’avvocato MARIASILVIA MANDARINO DIREZIONE AFFARI LEGALI, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2152/2013 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata
il 25/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2016 dal Consigliere Dott. DI MARZIO FABRIZIO;
udito l’Avvocato PAOLA PISTILLI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE IGNAZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice di pace di Genova condannò Poste Italiane s.p.a. al pagamento a favore di C.G. della somma di Euro 1.500,00, risultata indebitamente sottratta dal conto corrente acceso dal C. con operatività regolata on line.
Il tribunale di Genova, in funzione di giudice di appello, riformò, invece, integralmente la sentenza impugnata: ritenendo, da un lato, che l’ente postale avesse dimostrato il proprio corretto adempimento all’obbligazione contrattuale assunta e, dall’altro, che parte appellata non avesse dato prova della corretta e diligente custodia di tutti i dati di accesso al conto elettronico attivati per il prelievo indebito per cui è causa.
Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il C. esponendo due motivi.
Poste Italiane ha depositato controricorso nonchè memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso può essere così sintetizzato. Si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione degli artt. 2697 e 1218 c.c., nonchè vizio di motivazione per avere il tribunale ritenuto che, essendo stato il conto corrente movimentato sulla scorta dell’utilizzo di tutti gli elementi identificativi dell’utente (compresa la parola chiave, il codice dispositivo segreto e la cifra di controllo), ed avendo l’ente postale provato documentalmente l’adozione di tutte le misure necessarie per garantire sicurezza all’esercizio dell’attività on line, dovesse escludersi l’inadempimento di Poste Italiane all’obbligazione assunta.
Osserva, infatti, parte ricorrente che da tale motivazione non trasparirebbe l’assenza di colpa dell’ente postale nell’effettuare i doverosi controlli per consentire l’operatività sul conto corrente dallo stesso gestito, cosicchè la conclusione del tribunale avrebbe dovuto essere di opposto tenore.
Il secondo motivo di ricorso, svolto sempre ai sensi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, concerne violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c..
Si lamenta che, contrariamente a quanto emerge agli atti del processo, il tribunale abbia affermato che l’odierno ricorrente nemmeno si sarebbe offerto di provare la propria diligenza nella custodia dei dati necessari per l’operatività on line, con ciò trascurando, per conseguenza, di esaminare le prove invece dedotte sul p unto al fine di rendere la dimostrazione ritenuta omessa.
2. Il ricorso è infondato.
La critica svolta nel primo motivo non coglie nel segno.
Il tribunale ha, infatti, correttamente argomentato l’assenza di colpa dell’ente postale nella vicenda in oggetto.
A pagina 3 della motivazione della sentenza è chiarito come l’operatività sul conto corrente sia stata consentita a seguito di un regolare accesso in remoto, accesso effettuato seguendo esattamente tutte le procedure di verifica della titolarità del conto da parte del richiedente.
All’osservazione sul rispetto della catena procedurale per l’operatività on line si è poi aggiunta la considerazione sulla dimostrata adozione da parte dell’impresa delle cautele necessarie a garantire la sicurezza dell’operatività. Questa motivazione, incensurabile in punto di fatto, si mostra non solo logicamente lineare ma anche del tutto aderente al disposto dell’art. 1218 c.c., secondo cui il debitore risponde del proprio inadempimento a meno che non dimostri di avere adempiuto correttamente alla prestazione, cosicchè il sinistro occorso al creditore non sia attribuibile a colpa del debitore, bensì ad una ragione estranea alla condotta esecutiva da questi tenuta.
A tal punto, l’ulteriore motivazione data dal tribunale sulla mancata dimostrazione di una diligente condotta in capo al creditore (nella custodia delle chiavi di accesso elettronico al conto corrente) si mostra del tutto superflua in quanto ininfluente rispetto alla decisione della causa già compiutamente raggiunta e correttamente motivata.
Ne discende l’inammissibilità del motivo di ricorso al riguardo formulato.
3. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016