Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20910 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. II, 21/07/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 21/07/2021), n.20910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26308/2016 proposto da:

D.T.L., DE.TO.LU., S.F.,

C.P., CA.DA., CA.FA., D.T.E.,

D.S.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TIMAVO 3,

presso lo studio dell’avvocato MAURO LIVI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

ENI SPA, (OMISSIS), IN PERSONA DEL DOTT. G.P. IN QUALITA’ DI

EXECUTIVE VICE PRESIDENT DELLA DIREZIONE COMMERCIALE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. DA CARPI 6, presso lo studio

dell’avvocato RICCARDO SZEMERE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5404/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il giudizio trae origine dalla domanda, proposta innanzi al Tribunale di Roma dall’Eni spa, con la quale chiese l’emissione di una sentenza costitutiva sentenza ex art. 2932 c.c., nei confronti di Ca.Sa. per l’inadempimento agli obblighi assunti con contratto preliminare concluso in data 29.11.1969, con il quale la società aveva promesso di vendere un terreno in Roma.

1.1. Il convenuto si costituì e, in via riconvenzionale, chiese la risoluzione del preliminare per impossibilità sopravvenuta della prestazione e per eccessiva onerosità. Nel giudizio intervennero D.T.S., C.P. e Ca.Fa., in qualità di cessionari del credito.

1.2. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, accolse la domanda proposta dall’Eni per essere intervenuta, con autorità di giudicato, altra sentenza tra le medesime parti, che aveva dichiarato la validità della clausola sospensiva, con la quale veniva subordinata l’efficacia del contratto all’edificazione del terreno.

1.3. La sentenza della Corte d’appello, impugnata per cassazione venne annullata per violazione dei limiti oggettivi del giudicato, che non estendeva la propria efficacia sulla domanda di risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione e per eccessiva onerosità.

1.4. La Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio, con sentenza del 14.9.2016, accolse l’appello dell’ENI e, per l’effetto dispose il trasferimento coattivo dell’area oggetto del preliminare. Escluse la sussistenza dell’eccessiva onerosità della prestazione perché non poteva configurarsi una sproporzione delle prestazioni al momento della conclusione del contratto; le parti erano consapevoli che la lottizzazione eseguita dal promittente venditore non era stata autorizzata, che non era stato presentato il piano particolareggiato, che era stato previsto un termine per la stipula del definitivo e che il prezzo era stato integralmente corrisposto.

2. Per la cassazione della pronuncia hanno proposto ricorso Ca.Fa. e gli altri soggetti indicati in epigrafe, in qualità di eredi di sulla base di quattro motivi ed hanno presentato memoria in prossimità dell’udienza.

2.1. Ha resistito con controricorso l’ENI s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica ” violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, art. 2932 c.c., in combinato disposto con l’art. 1351 c.c. e dell’art. 1346c.c., artt. 1418 e 1421 c.c., si denuncia la nullità della sentenza perché il contratto avrebbe ad oggetto una porzione di terreno abusivamente frazionata e priva del piano particolareggiato; inoltre la porzione di terreno non sarebbe stata individuata attraverso i confini ed i dati catastalì sicché l’oggetto sarebbe indeterminato ed indeterminabile.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello trasferito un bene diverso rispetto a quello indicato nel preliminare.

2.1. I motivi, che per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

2.2. Le questioni attinenti alla validità del contratto per impossibilità o indeterminatezza dell’oggetto sono coperte dal giudicato interno.

2.3. Come risulta dalla sentenza impugnata, la Corte d’appello di Roma, nel disporre il trasferimento coattivo del terreno al Ca., aveva ritenuto coperta da giudicato la questione relativa alla validità ed efficacia del contratto preliminare; la decisione era stata annullata da questa Corte limitatamente alla domanda riconvenzionale proposta dagli attuali ricorrenti di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Ne consegue che ogni questione attinente all’impossibilità dell’oggetto, in quanto privo dei requisiti di determinatezza ed indeterminabilità – secondo i ricorrenti, la porzione di terreno non sarebbe individuata attraverso i confini ed i dati catastali- è stata valutata dalla sentenza di legittimità ed è coperta da giudicato.

2.4. Il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è infatti precluso al giudice dell’impugnazione quando sulla validità del rapporto si è formato giudicato interno (ex multis Cassazione civile sez. II, 30/08/2019, n. 21906).

2.5. Va altresì osservato che la questione relativa alla validità del preliminare costituiva il presupposto necessario del trasferimento del bene ai sensi dell’art. 2932 c.c., sicché su tale aspetto si è formato il giudicato implicito (Cass. 18540/2009; Cassazione civile sez. un., 12/12/2014, n. 26242).

2.6. Non sussiste pertanto alcuna violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la Corte d’appello trasferito un bene diverso rispetto a quello indicato nel preliminare, trattandosi di questione nuova, dedotta per la prima volta in sede di legittimità e coperta anch’essa dal giudicato interno.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1366 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito errato nell’interpretazione delle clausole contrattuali, degli accordi e del comportamento successivo alla conclusione del contratto da cui si evincerebbe che l’edificabilità dell’area era stata ritenuta qualità essenziale dalla parte acquirente, sicché la sua inedificabilità avrebbe inciso in modo significativo sull’equilibrio contrattuale.

4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” per non avere la corte di merito ritenuto che l’edificabilità fosse requisito essenziale del contratto.

4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati.

4.2. L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicché, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).

4.3. D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178).

4.4. Ne consegue che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009).

4.5. Nel caso di specie, il ricorrente si limita a contrapporre la propria interpretazione a quella plausibile della corte di merito, che, sulla base di una serie di elementi, che tenevano conto dell’assetto contrattuale e del comportamento delle parti, aveva escluso l’eccessiva onerosità della prestazione per effetto dell’inedificabilità del terreno. La corte distrettuale aveva rilevato che le parti erano consapevoli che la lottizzazione eseguita dal promittente venditore non era stata autorizzata, che non era stato presentato il piano particolareggiato, che era stato previsto un termine per la stipula del definitivo e che il prezzo era stato integralmente corrisposto. Tale regolamento negoziale, secondo l’apprezzamento della corte di merito, non integrava i requisiti previsti per la risoluzione per eccessiva onerosità.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

5.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

5.3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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