Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20910 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 17/10/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 17/10/2016), n.20910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20837/2014 proposto da:

H.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 197,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA NAPOLEONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANZ FRIEDRICH RAINER giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

W.M.C., domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALOIS SEEHAUSER, giusta procura speciale in calce al controricorso;

H.V.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA

PINCIANA, 4, presso lo studio dell’avvocato GIAN LUCA MARUCCHI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati STEFAN PITTRACHER,

DIETMAR WILD giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 31/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

BOLZANO, depositata il 08/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato GIANLUCA MARUCCI anche per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. H.K. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bolzano, Sezione distaccata di Bressanone, H.P. e W.C.M. e – sulla premessa che la prima aveva venduto alla seconda alcuni terreni siti nel Comune di (OMISSIS) in violazione del suo diritto di prelazione – chiese di essere ammesso ad esercitare il riscatto agrario in qualità di proprietario del maso (OMISSIS) e coltivatore diretto dei terreni confinanti rispetto a quelli oggetto della vendita.

Si costituirono in giudizio entrambe le convenute, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda, condannando l’attore al pagamento delle spese di giudizio.

2. Appellata la pronuncia dall’attore soccombente, la Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, con sentenza dell’8 marzo 2014, ha respinto il gravame, confermando la decisione del Tribunale e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che non poteva essere accolta la tesi fondamentale dell’appellante e cioè che il terreno oggetto di riscatto non avesse perso la sua destinazione agricola. Risultava dalla documentazione in atti, al contrario, che la particella edificabile identificata con il numero (OMISSIS), cui apparteneva l’ex maso (OMISSIS) ed alla quale erano state aggregate altre particelle, aveva subito una divisione, tanto che essa costituiva ormai un’unità a sè stante, staccata dal mago chiuso e dalla connessa destinazione. Ne derivava, ai sensi della L.P. Bolzano 11 agosto 1997, n. 13, art. 107, che la particella n. (OMISSIS) poteva essere ammessa anche ad altri utilizzi ed aveva ricevuto, infatti, una destinazione urbana, perdendo l’originario carattere agricolo.

Richiamando, quindi, la giurisprudenza di legittimità in ordine all’impossibilità di ammettere il riscatto agrario in presenza di una utilizzazione edilizia, industriale o turistica, la Corte di Bolzano ha ritenuto di dover applicare quei principi anche al caso in esame, ribadendo che la particella n. (OMISSIS) “non aveva più niente a che fare con un utilizzo puramente agricolo”, in quanto ormai separata dal maso chiuso; così come ha considerato irrilevante la classificazione catastale e la circostanza che su quella particella vi dovesse essere un volume maggiore rispetto a prima. Ha altresì osservato la Corte che non assumeva rilievo neppure il fatto che la suindicata particella si trovasse in area di verde agricolo, perchè la destinazione edificatoria impediva di per sè l’esercizio del riscatto, stante la separazione dal mago e dalla destinazione agricola. E poichè la domanda era stata proposta in relazione alla particella n. (OMISSIS) nella sua interezza, non poteva neppure essere accolta in relazione ad una parte minore del fondo, essendo così orientata la prevalente giurisprudenza.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bolzano propone ricorso H.K. con atto affidato ad un solo motivo.

Resistono H.P. e W.C.M. con due separati controricorsi.

Il ricorrente e W.C.M. hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 2, L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, comma 2, nonchè della L.P. Bolzano 11 agosto 1997, n. 13, art. 107.

Rileva il ricorrente – dopo aver premesso che, nel caso di specie, mancherebbe un vero e proprio piano regolatore comunale – che la circostanza in base alla quale la particella n. (OMISSIS) è stata svincolata dal maso chiuso (OMISSIS) non comporterebbe “il mutamento di destinazione da agricola in urbana”, perchè lo scioglimento del maso non determina detto svincolo. Il fatto che un fondo sia “suscettibile di attività edificatoria non esclude la destinazione agricola”, posto che la legge provinciale citata prevede che si possano svolgere attività edificatorie anche in aree agricole; il che farebbe sì che la domanda di riscatto doveva comunque essere accolta.

1.1. Il motivo non è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte – con un orientamento consolidato al quale ha fatto corretto richiamo la Corte d’appello – ha più volte affermato che, in base al chiaro dettato della L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 2, sono esclusi dalla prelazione agraria tutti i terreni la cui destinazione, seppure non edificatoria, sia comunque da considerare urbana in contrapposizione ad agricola, atteso che, una volta assegnata a una certa zona una edificabilità maggiore di quella considerata normale per le zone agricole e non vincolata alle esigenze dell’agricoltura, si è per ciò stesso in presenza di una zona sottratta al retratto in favore dei coltivatori diretti; a tal fine, la qualificazione di un territorio come “agricolo” non ha carattere costitutivo, assumendo rilievo essenziale, invece, il tipo di sfruttamento consentito dagli strumenti urbanistici vigenti o in corso di approvazione (v., tra le altre, le sentenze 31 marzo 2010, n. 7796, 14 marzo 2013, n. 6572, e 15 maggio 2013, n. 11762; pronunce nelle quali, tra l’altro, si è aggiunto che non ha importanza il fatto che lo sfruttamento edilizio non ancora abbia avuto luogo per mancanza di un piano attuativo).

Muovendo da tale corretta premessa in diritto la Corte di Bolzano, con un accertamento in fatto che non può più essere posto in discussione nella presente sede di legittimità, ha affermato che il terreno in questione aveva perso ogni collegamento con l’area destinata al maso chiuso, maso che, tra l’altro, era stato anche sciolto. Conseguentemente, la particella oggetto della domanda di riscatto aveva assunto una destinazione edificatoria incompatibile con quella agricola; nè poteva valere, in senso contrario, la classificazione catastale dell’immobile ovvero la circostanza che su quella particella dovesse esserci “un volume maggiore di prima”, stante il venire meno dell’utilizzo “puramente agricolo”. Ed ha anche aggiunto la Corte di merito che siffatta destinazione edificatoria era in armonia con le disposizioni dettate dalla legislazione urbanistica della Provincia autonoma di Bolzano.

A fronte di tale ricostruzione, il motivo di ricorso sottolinea da un lato la mancanza di un piano regolatore o di un provvedimento equiparabile e, dall’altro, il fatto che lo scioglimento del maso chiuso “non comporta affatto lo svincolo dalla destinazione agricola”.

Osserva il Collegio che l’asserita mancanza di un piano regolatore non determina, di per sè, l’esclusione della destinazione edificatoria, specialmente se – come la Corte d’appello ha dichiarato essere avvenuto nel caso di specie, richiamando la motivazione resa dal Tribunale – era stata rilasciata una concessione edilizia, il che implica che ci sia comunque stata una valutazione positiva rispetto alla compatibilità con gli strumenti urbanistici; fermo restando che non ha alcun rilievo la circostanza per cui la destinazione edificatoria non sia stata ancora concretamente utilizzata. Le ulteriori censure, insistendo sulla tesi (già disattesa) della prevalente destinazione agricola dell’area in questione, si risolvono nel chiaro tentativo di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a regolare le competenze professionali.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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