Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2091 del 30/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2091 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Rep.

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28650 del R.G. anno 2013
proposto da:
Comune di Roseto degli Abruzzi domiciliato in ROMA, viale Angelico
103 presso l’avv. Massimo Letizia con gli avvocati Sandro ed Angelo
Raffaele Pelillo che lo rappresentano e difendono per procura a margine
ricorrente –

del ricorso
contro

Raffaele Garzia Civico Petrilli domiciliato in Roma Viale delle Milizie 1
e

presso gli avvocati Francesco Camerini, Anna Rossi, Adriano Rossi che
lo rappresentano e difendono per procura speciale a margine del
controricorrente –

controricorso

la sentenza
udita la relazione dell
avverso

1071 in data

27,09_2012 della Corte di L’Aquila ;

causa svolta nella c.d.c del 19.11.2013 dai Cons.

Luigi MACIOCE;uniti gli avv.t1 A.R.I2elillo ed A.Rossi; presente il P : M„ in

persona del Sost. Proc.Gen. Dott.Immacolata Zeno che ha concluso per
l’accoglimento del II motivo.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
In data 10.08.2000 il Comune di Roseto degli Abruzzi aveva approvato
piano particolareggiato contemplante la realizzazione di insediamento
artigianale nella zona dell’Autoporto di Roseto, oggetto di apposito ac-

Cdc 19.11.2013

Data pubblicazione: 30/01/2014

cordo di programma al quale dar corso con fondi UE. Un’area di complessivi mq 86.889 di proprietà di Raffaele Garzia Civico Petrilli venne
occupata e quindi espropriata, con decreto 24.07.2004, previa determinazione dell’indennità provvisoria e deposito presso la Cassa DD.PP. della somma decurtata del 40% e pari ad C 231.605. Con citazione
5.10.2004 il Garzia C.P. propose quindi opposizione alla stima innanzi
alla Corte di L’Aquila affermando la natura edificabile dell’area e richiedendo la determinazione della giusta indennità. Il Comune si costituì in-

tenza non definitiva 26.10.2008 ebbe a respingere le eccezioni preliminari, con sentenza definitiva del 27.09.2012 determinò la giusta indennità di esproprio in C 3.016.271, oltre C 557.598 per interessi ed C
531.155 per rivalutazione ISTAT da 21.7.2004 ed indicò in C 106.290
l’indennità di occupazione legittima, nonchè dispose il deposito presso la
Cassa DD.e PP. della differenza, rispetto al già depositato, riconoscendo
altresì dovuti interessi e rivalutazione sino al saldo . In motivazione la
Corte di L’Aquila ha affermato: che sulla base della giurisprudenza di
legittimità ed avendo riguardo alla anteriorità all’1.7.2003 della dichiarazione di p.u., alla specie andava applicato l’art. 39 legge 2359 del 1865,
che alla stregua del Piano Particolareggiato approvato nel 2000 e contenente dichiarazione di p.u. dell’opera, da non ritenersi vincolo preordinato all’esproprio, la destinazione delle aree ad edificazione artigianale,
zona D, rendeva evidente la natura edificatoria delle aree, che era rilevante la sentenza della Corte Costituzionale 348/2007 di rimozione
dell’art. 5 bis d.l. 333/92 convertito nella legge 359/92 che aveva imposto il ragguaglio dell’indennizzo al valore venale dell’area espropriata,
che in tal prospettiva il CTU aveva esaminato, con riguardo all’area di
mq. 86.889 effettivamente espropriata, valori di atti afferenti terreni simili e limitrofi in periodo vicino alla data dell’esproprio ed aveva indicato
un valore di C 33,70 a mq, proponendo, in considerazione degli indici di
piano un consistente abbattimento anche in via di “mediazione” rispetto
alle indicazioni ritraibili dal criterio analitico ricostruttivo, che su tal abbattimento non poteva esserti consenso posto che era imposto il ragguaglio al valore venale sulla base dei riscontrati tertia comparationis e
non aveva spazio alcuno il criterio, residuale, di tipo analitico;

che le

obiezioni dei CTP erano affatto generiche nessuna avendo allegato specifici atti di compravendita di fondi limitrofi, CHE neanche valeva addurre
la diversa indicazione scaturente dalla CTU espletata per l’esproprio Boccabella, semmai invocabile per la indicazione del valore di C 50 a mq.
utilizzabile solo per ragguagliare aree “di collocazione territoriale orno-

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dicando la destinazione agricola del fondo. La Corte adìta, che con sen-

genea”, CHE pertanto la base del computo delle indennità era quella di €
33,70 a mq e spettavano anche interessi e rivalutazione ISTAT dal
21.7.2004 al saldo
Per la cassazione di tale sentenza il Comune di Roseto ha proposto
ricorso, con due motivi, il 7.12.2012 al quale l’intimato Garzia ha opposto difese con controricorso del 17.1.2013.
Il relatore ha ritenuto prive di consistenza le eccezioni preliminari del
Garzia e solo parzialmente fondato il ricorso del Comune, con riguardo al

Entrambe le parti hanno depositato memorie finali.
OSSERVA
Ritiene il Collegio, in conformità alle proposte della relazione e rilevando la genericità e non conducenza della memoria, che debbasi rigettare il primo motivo ed accogliere, con rinvio, il secondo.
Il Garzia – giova rammentare – pone alla attenzione officiosa della
Corte la questione per la quale sarebbe valutabile ex officio come elemento incidente sulla legittimazione ad opponendum di esso Garzia la
inesistenza giuridica del decreto di esproprio per incompleto difetto di
deposito dell’indennità provvisoria, tal questione essendo stata erroneamente risolta dalla sentenza non definitiva che aveva respinto la principale ragione di opposizione facendo leva sulla esistenza di un deposito
parziale. La legittimazione del Garzia è indiscutibile essendo stato emesso a carico della sua proprietà un decreto di esproprio. La rilevazione officiosa della inesistenza del decreto (che non si scorge come possa rientrare nell’interesse processuale dell’opponente) è però esclusa radicalmente dalla adozione della non impugnata sentenza definitiva che ha
rigettato, senza essere fatta segno a ricorso, la principale domanda
dell’opponente stesso.
Il primo motivo del ricorso del Comune contesta la totale disattenzione mostrata dalla Corte di merito per la eccepita stipula di una “intesa
transattiva” tra Garzia e Comune da inserire nell’Accordo di Programma
(per la quale si veniva a delineare il minor prezzo della futura cessione
volontaria di lire 2.012.947.535). La censura è infondata posto che
l’omessa pronunzia si appalesa del tutto irrilevante. Sotto un primo profilo la questione dell’accordo de quo mai avrebbe potuto essere preclusiva della stima giudiziaria posto che è lo stesso ricorso a precisare (pag.
3 prime tre righe) che l’accordo era una intesa del prezzo base della futura cessione volontaria, sì chè, non conclusa la cessione e adottato
l’esproprio 21.7.2004, ogni preliminare intesa restava ovviamente caducata. Sotto un secondo profilo la rilevanza della determinazione conven-

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motivo secondo, in tal quadro proponendone un parziale accoglimento.

zionale del prezzo avrebbe potuto scorgersi ove in questa sede fosse stato affermata con chiarezza la idoneità “confessoria” della intesa in ordine
al vero valore unitario dell’area e pertanto ove fosse stata qui censurata
la eccessività della stima ad € 33,70 raggiunta dalla Corte di merito. Il
che non è, posto che se la stima viene addirittura invocata a detrimento
di quella effettuata per altra controversia (Boccabella), nulla viene in
questa sede precisato in ordine alla data della intesa, alla esistenza di
questa o quella clausola del preliminare, alla previsione o meno della

avrebbero imposto al Comune di sintetizzare, se non trascrivere, in questa sede i tratti salienti di quella intesa onde far emergere la esistenza di
una equa previsione di prezzo, ben inferiore alla entità della stima. Nulla
di tutto ciò è effettuato. E la censura ne risulta inammissibile.
Il secondo motivo denunzia la falsa applicazione dell’art. 1224 c.c.
con l’adozione di rivalutazione automatica di credito di valuta. Il motivo
è indiscutibilmente fondato avendo la sentenza applicato la rivalutazione
ISTAT della sorte, a far data dal 21.7.2004 (data dell’esproprio) al saldo,
ad un credito di valuta quale quello per le indennità di esproprio ed anzi
determinato anche la spettanza generica di ulteriore rivalutazione dalla
liquidazione al saldo. La statuizione impugnata è quindi errata, avendo
la Corte di Appello applicato a credito di valuta (le indennità) la rivalutazione automatica ad essa mai applicabile (Cass.
719/2011- 3738/2012)

15331/2010 —

e non già dato corso alla valutazione del

“maggior danno” sulla base di dati allegati ed anche avvalendosi della
presunzioni indicate da questa Corte (SU 19499/2008). Ed è sintomatico, contrariamente alla opinione del contro ricorrente che afferma essere stata applicata una rivalutazione a presunzione perequativa ….rispetto
alla maggior liquidazione unitaria all’espropriato Boccabella, il fatto che
la rivalutazione è stata applicata in via automatica (senza una parola
sulle condizioni del creditore) e non già dalla domanda ma dalla data
dell’esproprio. Per l’evidenza della violazione di legge commessa si dispone pertanto l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza
con rinvio allo stesso Ufficio (anche per le spese).
P.Q. M.
Rigetta il primo motivo del ricorso e ne accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di
L’Aquila in diversa composizione.
Così deciso nella c.d.c. della Se-ta Sezione Civile il 19.11.2013.

DEMMO IN CANCEL”

maggiorazione di legge: elementari regole di autosufficienza del ricorso

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