Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2091 del 29/01/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2091 Anno 2018
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: FALASCHI MILENA

Data pubblicazione: 29/01/2018

Aiuti comunitari —
False fatturazioni
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 14214/13) proposto da:
SATOR MASSIMO, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avv.to Vincenzo Pagano del foro dì Bari e domiciliato presso la cancelleria della Corte di
Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;

ricorrente

contro
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e
domiciliato presso la sua sede in Roma via dei Portoghesi n. 12;

controricorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 54 depositatalll febbraio 2013.

u

1

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 16 ottobre 2017 dal

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alessandro

Pepe, che — in assenza dei difensori delle parti ha concluso per l’accoglimento del secondo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 16 dicembre 1996, dinanzi al Pretore di Trani — Sezione distaccata
di Molfetta, Massimo SARTOR proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione
notificatagli il 18.11.1996, con la quale gli veniva ingiunto il pagamento della somma di £.
41.895.990, per avere concorso con la Due Stelle s.r.l. di Modugno a fare percepire a quest’ultima
aiuti comunicari indebiti, risultando falsamente acquirente di 60.282 litri di olio di oliva, eccependo
la prescrizione ex art. 4 legge n. 898 del 1986, nonché la nullità per violazione dell’art. 24 Cost.,
nel merito, la infondatezza.
Il Tribunale di Trani — Sezione distaccata di Molfetta (ai sensi della legge n. 53 del 1998 che ha
introdotto il giudice unico di primo grado) dichiarava la propria incompetenza funzionale, per cui il
giudizio veniva riassunto avanti al Tribunale di Bari che, nella resistenza dell’Amministrazione,
con la sentenza n. 1665 del 2007, accoglieva l’opposizione e per l’effetto annullava l’ingiunzione.
In virtù di rituale appello interposto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentali e Forestali, la
Corte di appello di Bari, nella resistenza dell’appellato, accoglieva il gravame e per l’effetto
respingeva l’originaria opposizione.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che la responsabilità del
SARTOR andava riconosciuta ai sensi dell’art. 5 della legge n. 689 del 1981 che sanzionava
l’ipotesi del concorso di persone nelle violazioni amministrative ed avendo l’appellato accettato di

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motivo di ricorso.

rendersi fittiziamente acquirente di una ragguardevole partita di olio, con ciò stesso contribuendo
a conferire credibilità alla richiesta fraudolenta di contributi proposta dalla Due Stelle.
Quanto all’entità della sanzione pecuniaria, a parte la genericità degli argomenti dell’incolpato, era
ovvio che allo stesso dovesse essere intimata il pagamento di somma diversa da quella pretesa

60.000 litri di olio.
Concludeva che non poteva tenersi conto dell’eccezione di tardività della contestazione della
violazione amministrativa, disattesa dal primo giudice, trattandosi di questione che avrebbe
dovuto essere introdotta specificamente con appello incidentale, mentre era stata illustrata solo
con la memoria di replica.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari ha proposto ricorso il SARTOR
sulla base di due motivi; il Ministero ha resistito con controricorso, depositato a seguito della
fissazione dell’udienza pubblica del 18.10.2016, in cui — con ordinanza interlocutoria — è stata
disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso alla medesima Amministrazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’ari. 5 della legge
n. 689 del 1981 e degli artt. 2 e 3 della legge n. 898 del 1986 contestando il criterio applicato dai
giudici del merito, in particolare l’assenza di giustificazione quanto alla determinazione
dell’ammontare della sanzione, per il quale doveva farsi riferimento a quanto indebitamente
percepito con la messa in atto della frode, accertamento che doveva necessariamente essere
demandato al giudice penale, che come tale diveniva propedeutico.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 333 e 346 c.p.c. quale
error in procedendo per avere la corte di merito ritenuto che per l’esame dell’eccezione di tardività
della contestazione sollevata ai sensi della lett. a) legge n. 898 del 1986 — formulata

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rispetto al rappresentante della società, per avere concorso in relazione al solo quantitativo di

dall’opponente solo con la memoria di replica — avrebbe dovuto proporre appello incidentale sul
punto.
Precede l’esame delle censure formulate dal ricorrente, l’analisi dell’eccezione di
inammissibilità del ricorso dedotta dall’Amministrazione resistente ai sensi del combinato disposto

valutazione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado (cd. doppia conforme).
Pur vero che dal dato normativo relativo al regime processuale applicabile al presente ricorso,
trattandosi di ricorso proposto avverso sentenza depositata il 11 febbraio 2013, per cui rientrante
nella disciplina transitoria prevista dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, commi 2 e 3, che ha introdotto
— tra l’altro – la regola sulla doppia conforme in facto, definita dall’art. 348-ter, comma 5 (fondata
sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata),
operano le limitazioni introdotte dalla normativa invocata, tuttavia occorre che le doglianze siano
fondate sull’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto denunciato un vizio di motivazione, mentre nella specie
nessuna censura attiene a tale profilo, venendo in rilievo solo ipotesi di violazione di legge, per
come sopra sintetizzati i medesimi motivi.
Da quanto sopra esposto emerge che nel caso in esame non ricorre la limitazione che ha ispirato
il principio canonistico della doppia conforme (in ore duorum stat omne verbum) prevista dall’art.
348-ter, comma 5, c.p.c..
Passando all’esame dei motivi, è preliminare in ordine logico l’analisi del secondo mezzo,
con cui il ricorrente deduce la violazione degli arti. 333 e 346 c.p.c. in relazione all’eccezione di
tardività della contestazione sollevata ai sensi della lett. a) legge n. 898 del 1986. Esso è fondato,
nei termini di seguito precisati.
Costituisce insegnamento costante di questa Corte che la parte rimasta totalmente vittoriosa in
primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame della domanda
e delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza

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degli arti. 348-ter e 360 n. 5 c.p.c. per essere la sentenza di appello impugnata conforme alla

impugnata dalla parte soccombente, essendo sufficiente la riproposizione di tali domande ed
eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado (così, tra le altre, Cass. 10 marzo 2011
n. n. 5735; ma già, Cass. 19 aprile 2002 n. 5721 e Cass. 12 giugno 2001 n. 7879).
Nella specie il ricorrente era risultato totalmente vittorioso in primo grado con riguardo al merito

l’opposizione a sanzione amministrativa contestata a titolo di concorso (di persone) nell’illecito
amministrativo, ritenuto che il termine usato dal legislatore di “precettore” non potesse comportare
l’applicabilità della sanzione amministrativa al semplice concorrente che non abbia di fatto
percepito alcun contributo comunitario, e rispetto a tale pronuncia, l’accertamento relativo alla
fondatezza dell’eccezione di decadenza, proposta dal Sartor rispetto alla contestazione
dell’Amministrazione finanziaria, si poneva in termini di consequenzialità, potendosi considerare
assorbita dall’accertamento di merito che era in senso favorevole al ricorrente medesimo, visto
che peraltro tale eccezione era stata riproposta nella comparsa di costituzione del giudizio di
appello (v. pagg. 2 e 3 della stessa comparsa, atto che è possibile esaminare in questa sede in
considerazione della natura del vizio denunziato) e, quindi in sede di precisazione delle
conclusioni.
Come ripetutamente affermato da questa corte, la parte vittoriosa in primo grado, che abbia visto
non esaminate owero superate taluna delle sue tesi od eccezioni, owero taluni dei suoi sistemi
difensivi, ha l’onere di manifestare in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre la
domanda od eccezioni respinte, onde superare la presunzione di rinuncia, e quindi la decadenza,
di cui all’art. 346 c.p.c. (così, tra le altre, Cass. 17 dicembre 1999 n. 14267).
Orbene, essendo stata la linea difensiva del Sartor incentrata sulla richiesta di rigetto dell’appello
alla luce delle altre difese che avevano ad oggetto sostanzialmente la questione dell’omessa
immediata contestazione e dell’inosservanza dei termini prescritti dall’art. 4 legge n. 898 del 1986,
oltre ad avere formulato deduzioni nel merito circa la non applicabilità nella specie dell’istituto del

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Ps»

dell’opposizione, avendo il Tribunale di Bari, avanti al quale il giudizio era stato riassunto, accolto

concorso di persone, in quanto l’ammontare della sanzione avrebbe dovuto essere
necessariamente determinato — peraltro dal giudice penale – in base all’importo indebitamente
percepito dalla frode messa in atto (mentre il Sartor non era mai stato sottoposto a procedimento
penale per i fatti contestati nell’ordinanza ingiunzione impugnata), ne consegue che

nei confronti dell’Amministrazione, ha assolto in tal modo pienamente all’onere sancito dall’art.
346 c.p.c., che presuppone appunto una riproposizione chiara e precisa delle eccezioni e delle
eventuali domande proposte in via subordinata in prime cure.
Illegittimamente, quindi, la corte di merito ha omesso di statuire sul punto.
Il primo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento della seconda censura, trattandosi
di doglianza relativa al quantum della sanzione irrogata, pertanto evidentemente condizionata
all’accertamento della sussistenza della responsabilità.
In conclusione, accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, la sentenza
impugnata va cassata, rinviando la causa ad altra sezione della Corte di appello di Bari, che
provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo;
cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad
altra sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 16 giugno 2017.

l’appellato/odierno ricorrente, avendo fatto specifico richiamo alle eccezioni avanzate in citazione

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