Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20908 del 11/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 11/10/2011), n.20908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1776-2010 proposto da:

S.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE CLODIO 13, presso lo studio dell’avvocato GERACI OLGA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CELI LUIGI giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI GRACCHI 6, presso lo studio legale LUCARELLI – avvocato

FRANCESCO LONGO BIFARO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MANDANICI VINCENZO giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 602/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

12/10/2009, depositata il 20/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato Olga Geraci, (delega avvocato Luigi Celi), difensore

del ricorrente che si riporta alla memoria e chiede la p.u.;

udito l’Avvocato Mandanici Vincenzo, difensore del controricorrente

che chiede l’inammissibilità del ricorso e ammette la tardività;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto quanto segue:

p.1. S.D. ha proposto ricorso per cassazione contro R.C. avverso la sentenza del 20 ottobre 2009, con la quale la Corte d’Appello di Messina ha ricettato l’appello da lui proposto avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che aveva rigettato l’opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal R..

Al ricorso ha resistito con controricorso il R..

2. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, la quale è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. sono state esposte le seguenti testuali considerazioni (dalle quali si deve espungere l’espressione fra parentesi quadra, scritta per errore materiale):

“… 2. – Il ricorso si presta ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. in quanto appare inammissibile.

3. La ragione di inammissibilità deriva dall’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.

Tutti e tre i motivi di ricorso si fondano sul contenuto di documenti e di atti processuali dei quali non si fornisce l’indicazione specifica nei termini richiesti dalla consolidata giurisprudenza della Corte sulla citata norma e di cui, fra tante, a Cass. n. 22303 del 2008, Cass. sez. un. n. 28547 del 2008 e 7161 del 2010, riguardo ai documenti, e a Cass. n. 26266 del 2008 e n. 4201 del 2010 quanto agli atti processuali. Adde, da ultimo: Cass. n. 6937 del 2010.

In particolare, il primo motivo di ricorso si fonda: a) sul contenuto della scrittura privata del 23 ottobre 1991; b) sul disconoscimento di tale scrittura, che si dice avvenuto sia quanto alla sottoscrizione sia sic quanto al contenuto nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo; c) sul contenuto e sul “disconoscimento” di una “relazione tecnica del progetto”.

Il secondo motivo si fonda anch’esso sui documenti e atti su cui si fonda il primo.

Il terzo motivo si fonda su un’articolazione di interrogatorio formale, che viene riprodotta, e su una prova per testi dei quali, che sarebbe stata rinunciata, e della quale non si riproduce la capitolazione.

Ora, quanto alla scrittura non si indica, in disparte la sede di produzione nelle fasi di merito, se e dove sarebbe stata prodotta in questo giudizio di legittimità. Del disconoscimento non si riproduce il tenore. Della relazione tecnica del progetto non si indica parimenti se e dove sarebbe stata prodotta in questo giudizio e non si riproduce il tenore del preteso disconoscimento.

Dell’articolazione dell’interrogatorio formale non si indica la sede di deduzione nel giudizio di merito e, nuovamente, se e dove sarebbe esaminabile in questo giudizio. Della capitolazione probatoria nemmeno si fornisce il tenore, oltre le indicazioni sulla sede di deduzione nel giudizio di merito e sul se e dove sarebbe esaminabile davanti alla Corte.

Tutte queste omissioni integrano l’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 nei termini in cui è individuato dalla citata giurisprudenza, la quale ravvisa nella norma il precipitato normativo del principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per cassazione.

Peraltro, lo scrutinio dei motivi, ove non fosse sussistita la rilevata causa di inammissibilità sarebbe stato problematico in quanto sia la parte del ricorso dedicata all’esposizione del fatto, sia gli stessi motivi omettono completamente di individuare i motivi di appello proposti, sì che l’esposizione del fatto di cui all’art. 366, n. 3 risulterebbe anche insufficiente, in quanto appare impossibile valutare le critiche alla motivazione della sentenza impugnata considerando l’onere di motivazione del giudice d’appello in relazione a quelle che erano le doglianze di cui era investito con l’atto di appello”.

p.2. Il Collegio preliminarmente rileva che parte resistente ha notificato tardivamente il suo controricorso, avendovi provveduto nel novembre del 2010, ancorchè il ricorso Le sia stato notificato in data 18 gennaio 2010. Tale notificazione risulta avvenuta a mani proprie del difensore del resistente nel giudizio di merito, sia pure presso uno studio situato in luogo diverso da quello indicato nella sentenza impugnata, dove, invece, risulta effettuato un tentativo di notificazione non andato a buon fine, perchè risultò sconosciuto il destinatario, cioè il detto difensore, Avv. Mandanici.

D’altro canto parte resistente, nel suo controricorso nulla ha osservato sulla notifica che risulta andata a buon fine.

Ne discende che il controricorso dev’essere considerato inammissibile.

p.2.1. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali la memoria del ricorrente muove rilievi privi di fondamento.

Riguardo al rilievo di inammissibilità relativo al primo motivo si sostiene innanzitutto: a) che l’indicazione specifica sarebbe stata fatta, quanto alla sede di produzione nelle fasi di merito: a1) con un riferimento al “fascicolo relativo al ricorso per decreto ingiuntivo opposto”; a2) con l’indicazione del momento del disconoscimento nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo riguardo alla sottoscrizione ed al contenuto della scrittura e nell’udienza del 26 maggio 1999 riguardo alla relazione tecnica; b) che il tenore del disconoscimento risulterebbe da alcune espressioni alle pagine 2 e 3 del ricorso e precisamente: “all’udienza del 26 maggio 1999, l’opponente, per il tramite del sottoscritto suo Difensore, ribadiva il disconoscimento della scrittura, e di quant’altro ad essa connesso”.

In secondo luogo, si assume che agli atti e documenti suddetti il primo motivo avrebbe fatto “riferimento … marginale, ma che in alcun modo può considerarsi come concretizzante il primo motivo”.

p.2.1.1. Ora: aa) quanto al punto sub a1) la memoria non specifica dove nel ricorso si coglierebbe la relativa indicazione, a meno di ritenere che si voglia addurre che la scrittura era stata prodotta in sede monitoria, nel qual caso resterebbe oscuro, in disparte il se e dove fosse stata prodotta nei due gradi di giudizio, se e dove lo sia stata in questa sede di legittimità, per il che è giocoforza – ritiene il Collegio – rimandare parte ricorrente alla lettura della giurisprudenza citata nella razione; bb) quanto al punto sub a2) ed a quello sub b) che l’espressione riportata non si comprende come possa essere integrare il tenore del disconoscimento.

A prescindere da questi rilievi, la memoria sorvola sulla produzione in questa sede di scrittura e relazione, per il che nuovamente si rinvia alla citata giurisprudenza.

Riguardo, poi, al rilievo che i documenti e l’atto indicati nel primo motivo sarebbero di rilievo marginale, dato che la censura è di cui ad esso è di violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, è sufficiente osservare che alla pagina sette del ricorso, dopo essersi asserito che il disconoscimento riguardava sia la sottoscrizione che il contenuto della scrittura, si dice che “tale fatto” sarebbe stato riportato “in modo ambiguo e addirittura distorto” perchè si evidenzi l’assoluta infondatezza della pretesa marginalità e ciò anche sottacendo i numerosi riferimenti successivi a detti atti nelle pagine 8, 9 e 10 del ricorso.

2.2. Riguardo al rilievo di inammissibilità del secondo motivasi sostiene che, essendovi stata denunciata la violazione degli artt. 214 e 216 c.p.c., cioè di norme del procedimento non sarebbe rilevante, ai fini della “retta interpretazione” delle dette norme, il contenuto degli atti cui la violazione si riferisce: il Collegio osserva che il fondamento logico di una simile deduzione è inesistente per la semplice ragione che non è dato comprendere come la denunciata violazione, che integra un fatto processuale, possa essere giudicata dalla corte se Essa non è posta in grado di conoscere i documenti e gli atti processuali che avrebbero determinato quel certo modo di essere del fatto processuale integratore delle violazione stesse. Inoltre, il motivo omette di confrontarsi con la giurisprudenza citata dalla relazione quanto al rilievo dell’art. 366 c.p.c., n. 6 rispetto agli atti processuali.

2.3. Relativamente al terzo motivo si prospetta un ragionamento simile a quello sul secondo motivo e il Collegio ritiene che siano perciò valide le osservazioni appena svolte su di esso.

2.4. In fine, riguardo al subordinato rilievo di inosservanza dell’art. 366, n. 3 la memoria si limita ad affermare apoditticamente che l’esposizione del fatto sarebbe sufficiente.

3. Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio di cassazione competono al resistente, stante l’inammissibilità del controricorso, soltanto in relazione alla comparizione all’adunanza, che è avvenuta.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara inammissibile il controricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla parte resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro tremilatrecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2011

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