Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20908 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.07/09/2017),  n. 20908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25606/2011 proposto da:

C.A. C.F. (OMISSIS), in qualità di procuratrice generale di

P.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI

4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PAOLO ROSA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati,

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2011 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 08/07/2011 R.G.N. 102/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato GIGLI GIUSEPPE;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata 1’8.7.2011, la Corte d’appello di Trento confermava, per quanto qui interessa, la statuizione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda con cui C.A., n.q. di procuratrice generale di P.N., aveva richiesto la riliquidazione della di lei pensione di reversibilità con salvaguardia dell’importo in godimento al 1.9.1995.

La Corte, in particolare, ripercorreva il percorso motivazionale seguito dal primo giudice e rilevava come il motivo di appello proposto non fosse ammissibile, in quanto si limitava a riproporre le argomentazioni già svolte in primo grado senza peritarsi di confutare criticamente le avverse argomentazioni della sentenza gravata.

Avverso tale statuizione ricorre C.A., nella spiegata qualità, con un unico motivo di censura, illustrato da memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, parte ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41, per avere la Corte di merito ritenuto che la quota di incumulabilità della pensione ai superstiti non dovesse essere calcolata sull’ammontare della pensione goduta in concreto al 1.9.1995, bensì anno per anno, con riferimento alla pensione spettante al lordo della perequazione automatica.

Il motivo è inammissibile.

Come premesso supra, in narrativa, la Corte territoriale non ha deciso nel merito la controversia sottoposta al suo esame, ma – dopo aver ripercorso le motivazioni poste dal primo giudice a fondamento della sua decisione – ha affermato che l’odierna ricorrente “si è limitata nell’atto di appello a riproporre le argomentazioni già svolte in primo grado senza fare alcun riferimento all’iter argomentativo della sentenza e senza in alcun modo confutare criticamente le pr(o)posizioni che hanno supportato la decisione”, se non con affermazione “generica” che “non può ritenersi costituire un ammissibile motivo di gravame” (cfr. sentenza impugnata, pag. 14).

Tale essendo il contenuto della decisione qui impugnata, da ritenersi fondata sull’art. 342 c.p.c., è evidente che il motivo di ricorso è ad essa totalmente estraneo, dal momento che ripropone la questione di merito già affrontata in primo grado sulla quale però la Corte territoriale non ha logicamente preso alcuna posizione. Conseguentemente, non può che darsi continuità al principio secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso, non potendo quest’ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 (v. in tal senso Cass. n. 17125 del 2007 e numerose successive conformi).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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