Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20906 del 11/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 11/10/2011), n.20906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21178-2010 proposto da:

D.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUNIGIANA 6, presso lo studio del dott. GREGORIO

D’AGOSTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato INTILISANO MARIO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LETOJANNI (ME) (OMISSIS) in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 209,

presso lo studio dell’avvocato DE BLASIIS DARIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUFFRIDA GIUSEPPE, giusta Delib. Giunta

Municipale 9 settembre 2010, n. 167 e determina sindacale 10

settembre 2010, n. 408 e giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DEL DEMANIO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 185/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

25.3.2010, depositata il 25/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Mario Intilisano che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva.

La Corte Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: D. M. ha chiesto venisse dichiarato che il terreno sito nel Comune di Letojanni e oggetto del contratto stipulato con l’Agenzia del Demanio non ha natura demaniale con la conseguenza che detto contratto aveva natura di affitto agrario a coltivatore diretto o, in subordine, non a coltivatore diretto. Con sentenza depositata in data 25 maggio la Corte d’Appello di Messina – Sezione specializzata Agraria – ha confermato la sentenza del Tribunale, che aveva rigettato la domanda, previo riconoscimento della natura demaniale del terreno.

Alla Corte di Cassazione è stata devoluta la seguente questione di diritto: se il terreno de quo abbia o meno natura demaniale.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. L’unico motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso. Le argomentazioni addotte mirano a dimostrare che già prima della sottoscrizione del contratto il terreno aveva natura patrimoniale disponibile e non demaniale. Ma esse si riferiscono a documenti (un decreto interassessoriale, una nota dell’Ute, una relazione del Genio Civile, la C.T.U., ecc.) nei cui confronti non è stato rispettato l’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Sotto altro profilo, occorre ribadire: a) costituisce il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, l’omessa indicazione da parte del giudice degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento (Cass. n. 23296 del 2010); b) il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice (Cass. n. 8106 del 2006); c) il difetto di insufficienza della motivazione è configurabile soltanto quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento(Cass. n. 2272 del 2007). Le argomentazioni del ricorrente non dimostrano nessuno dei tre vizi come sopra specificati, ma piuttosto lamentano difformità rispetto alle proprie attese e deduzioni sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati; quindi il motivo di ricorso si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto.

E’ più che certo che, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse;

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che le argomentazioni addotte con la memoria non inducono a diversa statuizione, restando confermate la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e la non corrispondenza della censura ai modelli di vizio di motivazione delineati dall’art. 360 c.p.c., n. 5;

che il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile Condanna i ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 1.600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile – 3, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2011

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