Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20904 del 12/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20904 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 29119-2007 proposto da:
ERNANI

TIZIANA,

ERNANI

EMILIANO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO 20, presso lo studio
dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SCOZZARELLA ANTONIO
giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2013

contro

1626

LA NUOVA MAA ASSICURAZIONI , AUSL/4 ORVIETO ;

••••

sul ricorso 79 2008 proposto da:

1

intimati

Data pubblicazione: 12/09/2013

MILANO

ASSICURAZIONI

S.P.A.

(gia’

NUOVA

MAA

ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del procuratore
speciale, Dott. DOMENICO SANTI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G SEVERANO 35, presso lo
studio dell’avvocato CIANFONI GIORGIO, rappresentata

in atti;
– ricorrente contro

ERNANI

TIZIANA,

ERNANI

EMILIANO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO N.34, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

ROMANELLI

difende

GUIDO,

unitamente

che

li

all’avvocato

SCOZZARELLA ANTONIO giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 445/2006 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 12/10/2006 R.G.N. 208/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato LORENZO ROMANELLI per delega;
udito l’Avvocato AGNESE VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e per
l’inammissibilita’ del ricorso incidentale.

2

e difesa dall’avvocato VINCENTI AGNESE giusta delega

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Tiziana ed Emiliano Emani hanno proposto ricorso per cassazione contro
l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 14 di Orvieto e la Nuova MAA Assicurazioni s.p.a.
avverso la sentenza del 123 ottobre 2006, con la quale la Corte d’Appello di Perugia ha
rigettato l’appello da essi proposto avverso la sentenza del Tribunale di Orvieto, che aveva

l’indicata società, quale sua assicuratrice per la responsabilità civile, per ottenere il
risarcimento dei danni sofferti a causa del decesso del padre, Rovero Emani, a loro dire
avvenuto a causa di responsabilità addebitata alla struttura ospedaliera di Orvieto.
Il Tribunale rigettava la domanda contro la società assicuratrice, nel presupposto che
i danneggiati non avessero azione diretta nei suoi confronti e la domanda nei confronti
dell’AUSL perché non si ravvisavano profili di responsabilità professionale nel
comportamento dei medici intervenuti e della struttura ospedaliera_
§2. La Corte territoriale, dopo avere ritenuto che l’invocazione di una responsabilità
contrattuale della struttura non integrasse domanda nuova, bensì soltanto prospettazione di
una qualificazione giuridica dell’azione, ha disatteso l’appello degli Emani assumendo che
la vicenda concernente il ricovero del de cuius presso la struttura ospedaliera si era
connotata come caratterizzata «da particolare difficoltà>> agli effetti dell’art. 2236 c.c., sì
da giustificare la responsabilità medica soltanto per dolo o colpa grave. Ha, quindi, escluso
l’uno e l’altro, ha anche ritenuto indimostrato il nesso causale sotto un limitato profilo ed
ha in fine considerato inammissibile per la mancanza di deduzione nella citazione
introduttiva del giudizio e comunque infondata la deduzione dell’esistenza di una
responsabilità per omessa assicurazione del consenso informato.
§3. Al ricorso non ha resistito la AUSL, mentre ha resistito la Milano Assicurazioni,
qualificandosi come già Nuova MAA Assicurazioni.
Al ricorso incidentale hanno resistito con controricorso i ricorrenti, senza contestare
la legittimazione della Milano Assicurazioni.
I ricorrenti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Il Collegio preliminarmente rileva che il ricorso incidentale dev’ essere riunito a
quello principale, in seno al quale è stato proposto.

Est. Cons.

le Frasca

rigettato le domande con le quali essi avevano convenuto in giudizio la detta AUSL e

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

Sempre in via preliminare si deve, inoltre, rilevare che la legittimazione della Milano
Assicurazioni non è stata contestata dai ricorrenti, ancorché nemmeno si sia specificato nel
controricorso per quali ragioni la resistente e ricorrente incidentale si identificherebbe nella
“già Nuova MAA Assicurazioni s.p.a.”.
La mancanza di contestazioni rende irrilevante detta mancata allegazione.
Ancora preliminarmente dev’essere rilevato che la notificazione del ricorso alla
AUSL risulta ritualmente effettuata, constando la relativa relata nei suoi confronti nel
domicilio in Perugia alla via Marconi 6, preso lo studio legale dell’Avvocato Cesare Saori

mediante consegna a mani dell’impiegata addetta allo studio e risultando nella intestazione
della sentenza impugnata indicata proprio tale domiciliazione, che, peraltro, è la stessa
della compagnia assicuratrice (essendo fra l’altro comune il difensore in persona
dell’Avvocato Agnese Vincenti).
§2. Con il primo motivo di ricorso principale si deduce “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su punti decisivi per il giudizio” ed in chiusura di
un’esposizione che si articola dalla pagina otto alla pagina venti, si fornisce, in asserito
adempimento del precetto dell’art. 366-bis c.p.c., l’indicazione di una serie di “fatti
principali della controversia” riguardo ai quali si dovrebbe configurare il vizio
motivazionale.
Senonché, l’indicazione di tali pretesi “fatti” si concreta nella individuazione,
innanzitutto, di nove comportamenti omissivi dei sanitari dell’Ospedale di Orvieto, che,
però, concernono atti medici relativi allo svolgimento del rapporto di cura durante il
ricovero del de cuius. Come tali non evidenziano circostanze di fatto che sarebbero state
rilevanti ai fini della decisione e che non sarebbero state considerate o sarebbero state
considerate in modo insufficiente o in modo contraddittorio dalla Corte territoriale ai fini
della ricostruzione della quaestio facti per il compimento del giudizio in iure, com’è
funzionale al vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., bensì circostanze che integrano la diretta
indicazione di atti medici che si sarebbero dovuti compiere dai sanitari e che, in quanto
omessi, sarebbero stati rilevanti come fonte di responsabilità della struttura sanitaria.
La loro mancata considerazione, a ben vedere, evidenzia allora (lungi dal sollecitare
una rivisitazione della valutazione del fatto come sostiene la resistente) vizi di sussunzione
di vari elementi della fattispecie fattuale, cioè dello svolgimento del rapporto curativo con
la struttura ospedaliera orvietata, sotto gli esatti parametri normativi regolatori della
responsabilità medica, nel senso che si imputa alla sentenza non già di non averli
considerati o di averli considerati in modo insufficiente o contraddittorio al fine di
4
Est. Cons.RalNe Frasca

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

ricostruire lo svolgimento della vicenda in fatto, bensì quali dati di fatto certi che
avrebbero dovuto essere considerati idonei alla individuazione della suddetta responsabilità
e, quindi, funzionali alla conclusione del giudizio in iure in modo da riconoscere la
responsabilità della detta struttura.
Sotto tale profilo le varie omissioni di valutazione addebitate alla sentenza impugnata
sarebbero state, dunque, funzionali alla deduzione di un vizio ai sensi dell’art. 360 n. 3

della struttura, risultanti in fatto, avrebbe omesso di considerarli idonei a giustificare
l’affermazione della responsabilità medica della struttura ospedaliera orvietana, così
commettendo un errore di falsa applicazione della relativa normativa sotto la specie della
mancata riconduzione alla fattispecie normativa astratta di quella concreta pur esattamente
percepita o percepibile (c.d. vizio di sussunzione).
Il punto 10 allude alla breve durata di ciascuna delle due laparatomie cui fu
sottoposto il de cuius ed enuncia rispetto ad esse una valutazione di mancata accuratezza e,
dunque, una valutazione tecnica che sempre è funzionale al giudizio normativo sulla
responsabilità e, dunque, parimenti estranea all’ambito del vizio di cui al n. 5 del’art. 360
c.p.c.
I punti undici e dodici elencano una serie di ritardi nell’esecuzione di atti medici e,
quindi circostanze che sarebbero nuovamente evidenziatrici — non diversamente dalle
prime nove – del vizio di sussunzione.
Ne segue che, rispetto al motivo ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., i dodici punti
indicati non sono in alcun modo idonei ad integrare il requisito della c.d. “chiara
indicazione”, richiesto a suo tempo dall’art. 366-bis c.p.c.
Ne discende l’inammissibilità del motivo per inosservanza dell’art. 366-bis c.p.c.
§2.1. D’altro canto, se non fosse decisiva la inosservanza dell’art. 366-bis nel senso
indicato, assumerebbe rilievo il fatto che la lettura della lunga illustrazione del motivo,
nella quale i dodici punti indicati sono sviluppati, evidenzia anch’essa che le
argomentazioni con cui tale illustrazione si svolge non concernono vizi del ragionamento
della Corte territoriale nella ricostruzione della quaestio facti e ciò nemmeno sotto il
profilo dell’omesso esame di circostanza fattuali, bensì proprio critiche alla sentenza
impugnata per avere escluso la responsabilità della struttura sanitaria in ragione della
omessa considerazione degli indicati comportamenti della struttura ospedaliera orvietana ai
fini della formulazione del giudizio in iure circa la sussumibilità della vicenda sotto
l’ambito normativo della detta responsabilità.
p

Est. Cons Raffaele Frasca

c.p.c., argomentato nel senso che la Corte di merito, pur in presenza dei comportamenti

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

Ne consegue che il motivo stesso, considerato nella sua illustrazione, apparirebbe
mal dedotto ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. ed in realtà riconducibile al n. 3 dell’art.
360 c.p.c., con la conseguenza, peraltro, che, non essendosi indicate le norme di diritto
violate con gli errori di sussunzione effettivamente denunciati il motivo sarebbe
inammissibile sotto tale profilo e ciò al di là della ipotetica qualificazione dei dodici punti
come formulazione di quesiti di diritto.
§3. Peraltro, il Collegio deve rilevare che l’inammissibilità del motivo non toglie che

le argomentazioni svolte in esso e le parti della motivazione della sentenza impugnata che
in esso sono evocate per dimostrare l’errore o gli errori di sussunzione di cui s’è detto,
debbano essere considerate ai fini dello scrutinio dei successivi motivi ed in particolare del
terzo, del quarto e del quinto.
La ragione è che nella struttura del ricorso, dopo che nella parte dedicata
all’esposizione del fatto si è proceduto ad un’analitica enunciazione dei vari passaggi
attraverso i quali si svolse la vicenda che portò al decesso dell’Emani e si è anche dato
conto della motivazione della sentenza del Tribunale di Perugia in primo grado e prima
dell’enunciazione ed illustrazione del primo motivo, si assume espressamente quanto
segue: <>.
Da tale affermazione emerge l’intenzione e, quindi, la correlata richiesta dei
ricorrenti di postulare che quelle che essi — nel passo appena riportato – chiamano “le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione” e che, evidentemente, sono quelle esposte nel primo motivo,
siano poi considerate a supporto degli altri motivi formalmente proposti in iure, di modo
che le argomentazioni illustrative di essi debbano essere intese come se richiamassero
quanto dedotto nella illustrazione del primo motivo.
Non solo: i detti motivi, al di là ed in aggiunta a quanto espressamente nella loro
illustrazione evocato, dovranno essere intesi come indirizzati contro le parti di motivazione
via via considerate nel primo motivo.

6
Est. Coi1s.,%affae1e Frasca

W

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

Fatta questa avvertenza sulla struttura del ricorso può passarsi al’esame del scendo,
terzo, quarto e quinto motivo.
§4. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 33
della legge 833/78, che esclude la possibilità d’accertamenti e di trattamenti sanitari contro
la volontà del paziente, in riferimento agli artt. 13 e 32 della Carta Costituzionale che
prevedono rispettivamente: l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla
libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica e che nessuno può
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Il motivo è concluso dal seguente quesito di diritto: <>, la violazione dei principi in tema
di diligenza nell’esecuzione della prestazione viene, in particolare, sostenuta, rilevando
quanto segue:

a) poiché il certificato del pronto soccorso del 3 luglio 1999 (che era sabato) aveva
evidenziato che l’Ernani accusava forti dolori nella regione inguinale sinistra ed una
9
Est. ConsLRffeIe Frasca

-

M’

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

tumefazione e che il medesimo aveva subito un trauma accidentale il lunedì precedente e,
quindi, il 28 giugno precedente, la struttura sanitaria era a conoscenza a quella data della
circostanza di per sé allarmante che era in atto da sei giorni un processo infettivo, tanto che
il giorno successivo, recatosi l’Emani nuovamente presso la struttura l’ecografo aveva
sollecitato il ricovero, un attento monitoraggio, gli esami ematochimici, un nuovo controllo
ecografico e\o una TC dell’addome nelle prossime 24/48 ore;

essendosi disposto il ricovero solo il giorno 4 luglio, ancorché l’Emani si fosse recato al
pronto soccorso sia il 2 che il 3 precedenti e l’infortunio che aveva causato il suo stato
risalisse al 28 giugno;
c) l’Ospedale di Orvieto non aveva, inoltre, saputo elaborare «la prima semplice
diagnosi di infezione con aggravamento progressivo>> ed aveva «prestato un’attenzione
al paziente assolutamente inadeguata rispetto a quella serie di “campanelli d’allarmi”
puntualmente individuati>> nella ecografia del 4 luglio, in quanto aveva proceduto ad
esplorazioni chirurgiche inutili;
d) il Collegio dei periti intervenuti nel processo penale aveva individuato “un certo

ritardo nel sottoporre il paziente ad intervento chirurgico ed una certa imprudenza nel
decidere di non eseguire una tomografia assiale computerizzata” e tale affermazione
avrebbe dovuto essere apprezzata dalla Corte territoriale alla luce del fatto che essa era
stata espressa senza che essi avessero avuto conoscenza degli accessi al pronto soccorso
dei giorni 2 e 3 luglio, sì che la conclusione dei medesimi che nelle varie fasi della vicenda
non vi erano stati comportamenti contrassegnati da colpa professionale era stata formulata
senza considerare tutte le fasi con cui si era svolta;
e) il secondo perito nominato in sede penale aveva, peraltro, riferito di un mancato
prelievo di tessuto istologico che avrebbe portato alla diagnosi di fascite necrotizzante e di
un mancato prelievo per gli esami microscopici.
Sulla base di tali considerazioni – che evocano sostanzialmente rilievi più
,

diffusamente svolti nella illustrazione del primo, la quale, comunque, per come s’è detto, si
intende richiamata – si sostiene che la Corte territoriale, pur avendo rilevato la parzialità
del giudizio espresso dal Collegio peritale penale (cioè la mancata considerazione degli
accessi del 2 e del 3 luglio, che non era stato messo in grado di conoscere), non aveva
proceduto ad una valutazione che considerasse le fasi della vicenda che non erano state
esaminate dai medesimi. Tale valutazione avrebbe evidenziato la <>.
La critica è svolta adducendo, previo richiamo del principio di diritto di cui alla
stessa Cass. n. 9085 del 2006 (secondo cui <>), che la limitazione di responsabilità non opererebbe

allorquando viene in considerazione l’omissione della diligenza e, dunque si tratta di
motivo collegato con quello precedente e che tende a criticare la sentenza impugnata per
avere applicato la limitazione di responsabilità di cui all’art. 2236 c.c. al di fuori dei suoi

presupposti.

sopravvivenza e che essa è realizzabile con l’osservazione clinica, col contributo di

.

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

§5.2. Con il quinto motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697

c.c.”.

Vi si critica la motivazione della sentenza impugnata là dove ha sostenuto quanto
segue: <>.
Si rileva che il primo precedente citato non era pertinente, in quanto riguardante la
materia agraria e che il secondo era favorevole alla tesi dei ricorrenti, tenuto conto che
l’aggravamento delle condizioni del de cuius era avvenuto dopo il ricovero e, quindi,
allorquando il medesimo si era già affidato alle cure della struttura sanitaria, onde spettava
ad essa dimostrare che esso non era dipeso dall’azione o dall’omissione del personale
medico. D’altro canto, si assume, la prova dell’aggravamento era stata fornita allegando i
certificati del pronto soccorso e l’intera cartella clinica ed era inoltre desumibile dal fatto
che il paziente era entrato con le sue gambe senza più uscirne.
A sostegno dell’assunto si invocano Cass. n. 10297 del 2004, n. 3492 del 2002 e n.
4852 del 1999.
Erroneamente, dunque, la Corte perugina avrebbe concluso che la domanda doveva
essere respinta per il mancato assolvimento dell’onere della prova sul nesso causale.
L’erroneità di tale conclusione emergerebbe perché risultava pacifico
l’aggravamento durante il ricovero ed il nesso di causalità tra le omissioni e l’evento
mortale era imputabile nella prima fase della vicenda <> e nella seconda fase <>.
§6.3. La motivazione resa dalla Corte perugina, dopo avere richiamato le risultanze
della perizia disposta in sede penale, della consulenza disposta in sede civile e della
relazione suppletiva redatta riguardo alla medesima e dopo avere disatteso l’eccezione di
inammissibilità dell’invocazione del carattere contrattuale della domanda per pretesa
novità, prospettata dall’AUSL, si è articolata – per quanto ancora interessa ai fini dello
scrutinio dei tre motivi in esame – come segue:

<>.
§7. La riportata motivazione incorre in modo manifesto nei vizi di violazione di
norme di diritto denunciati con il terzo, quarto e quinto motivo.
Queste le ragioni.
§7.1. E’ anzitutto logicamente preliminare — come invece non hanno avvertito i
ricorrenti (né ancora prima la Corte perugina nella sua motivazione riguardo alla questione
che ne è oggetto, avendo — in modo singolare – motivato sul nesso causale dopo
argomentazioni che erano riferibili al profilo dell’elemento soggettivo) – l’esame del quinto
motivo, che, afferendo alla prova del nesso causale, si colloca prima dell’esame del terzo e
quarto motivo, che riguardano l’elemento soggettivo della responsabilità.
In proposito, va premesso che il Collegio condivide il principio di diritto cui ha
dichiarato di ispirarsi la Corte territoriale, costantemente ribadito da questa Sezione nel
senso che <>).

21
Est. C / RafaeIe Frasca

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

Essa, infatti, esclude che i ricorrenti abbiano dato prova del nesso causale perché essi
non avrebbero dato dimostrazione della «inidoneità della prima terapia a contrastare
l’ignota presenza della fascite necrotizzante e dell’idoneità/efficacia della seconda», cioè,
parrebbe, di quella praticata presso l’Ospedale di Perugia, se eseguita dai sanitari di
Orvieto. Addebita, poi, ai ricorrenti di non aver “fatto verbo” [sic] della possibile presenza
delle raccolte purulente sin dal 6 luglio 1999, cioè entro le 48 ore dal ricovero, nelle quali

Senonché, i tre profili evidenziati nella motivazione sono del tutto privi di pertinenza
con il problema del nesso causale materiale nella vicenda oggetto di lite per come doveva
essere provato dai ricorrenti e afferiscono: a) al diverso profilo della responsabilità sotto il
profilo soggettivo, in relazione al quale, peraltro, l’onere della prova, trattandosi di
responsabilità contrattuale, gravava in negativo sulla struttura ospedaliera; b) oppure a
profili inerenti l’omissione di taluni comportamenti, rilevanti sul piano della causalità
giudica e, quindi, nuovamente a carico sul piano probatorio della struttura ospedaliera.
Infatti:

a) onerare i ricorrenti della prova (negativa) che la terapia praticata era inidonea a
contrastare la presenza della fascite non significa — per quanto detto sopra circa
l’individuazione dell’onere probatorio del nesso causale – addebitare ai medesimi la
mancata prova del nesso causale fra l’intervento nella vicenda della struttura ospedaliera
con il comportamento concretatosi nell’esecuzione di detta terapia e l’evento di danno (la
morte), bensì dare rilievo ad una mancata prova dell’imperizia nell’esecuzione della
prestazione della struttura, e, quindi, ad un profilo inerente l’elemento soggettivo, cioè la
colpa; e ciò, tra l’altro, con evidente alterazione della regola sulla ripartizione dell’onere
della prova tipica della responsabilità da illecito contrattuale, che, essendo la colpa
presunta, imponeva semmai alla struttura di dimostrare che la terapia praticata era idonea
ed adeguata nel momento in cui venne effettuata e non certo ai ricorrenti di dimostrane
l’inidoneità (nel momento in cui venne praticata) e non certo ai ricorrenti di dimostrare la
sua inidoneità;

N il riferimento alla mancata prova dell’idoneità ed efficienza della terapia praticata
a Perugia, escluso il suo rilievo ai fini dell’individimzione dell’onere probatorio del nesso
causale in senso materiale riguardo ai comportamenti positivi della struttura orvietana,
trattandosi di terapia praticata dalla struttura perugina, dovrebbe — nelle sfuggenti
intenzioni motivazionali della Corte perugina – rilevare ai fini dell’individuazione di
quell’onere riguardo ad un comportamento omissivo che avrebbe determinato l’evento, ma

22
Est. Cons. ffaèJe Frasca

si era prescritta l’ecografia e/o la TAC.

.

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

..

risulta del tutto generico e, quindi, non integra motivazione (in iure): la Corte territoriale
avrebbe dovuto dire e spiegare che in atti non era stata data prova che la formazione della
fascite ed il suo esito letale sarebbe stata impedita dalla tenuta da parte dei sanitari
orvietani, ben prima di quelli perugini, dei comportamenti poi da questi tenuti;

c) in disparte il rilievo appena compiuto sub b), si rileva comunque che, sempre per

.

la regola che presiede all’onere della prova circa l’elemento soggettivo in tema di

cure perugine se esperite dalla struttura orvietana, ma era ancora una volta quest’ultima a
dover dimostrare che le cure apprestate dall’ospedale perugino comunque non sarebbero
state idonee ad impedire l’evento di danno, rientrando tale dimostrazione nell’ambito
dell’onere probatorio gravante su di essa quale parte del rapporto contrattuale
oggettivamente inadempiente;
d) del tutto incomprensibile è, poi, cosa si sia voluto intendere con l’affermazione
che dai ricorrenti non si sarebbe fatto “verbo” della presenza di raccolte purulente sin dal 6
luglio 1999: non è dato comprendere se si sia voluto affermare che i ricorrenti avrebbero
dovuto allegare essi e, quindi, dimostrare la presenza di raccolte purulente sin dal 6 luglio
1999, affermazione che risulterebbe palesemente priva di fondamento, una volta
considerato che il de cuius risultava in rapporto curativo presso l’Ospedale orvietano e
tenuto conto che nemmeno si è sostenuto che dalle consulenze tecniche fossero risultati
elementi escludenti quella possibilità, non senza che si debba rilevare che, in presenza di
una valutazione della stessa struttura ospedaliera che prescriveva accertamenti da tenersi
entro il 6 luglio che poi non erano stati eseguiti, la successiva constatazione delle raccolte
purulente il giorno 8 luglio induce una presunzione hominis di esistenza delle stesse già fin
dal 6, atteso che deve ritenersi che quella prescrizione era diretta proprio a ricercare
situazioni simili, evidentemente già supposte fino dalla prescrizione stessa;
e) comunque, nuovamente, nell’ambito dell’onere della prova della mancanza di
colpa, anche la circostanza indicata avrebbe dovuto essere provata in negativo dalla
struttura ospedaliera e non certo dai ricorrenti: avrebbe dovuto essere la struttura orvietana
a dimostrare che il 4 luglio le raccolte purulente non esistevano e ciò sempre nell’ambito
del suo onere probatorio riguardo all’assenza di profili di responsabilità soggettiva.
La motivazione della Corte territoriale in punto di mancata dimostrazione del nesso
causale risulta, dunque, del tutto erronea perché sostenuta da affermazioni che ignorano i
principi in punto di oneri di oneri probatori del nesso causale nell’ambito della
responsabilità medica di natura contrattuale, giacché pretendono di dare rilievo sul piano

23
Est. Cons. R

le Frasca

responsabilità contrattuale, non erano i ricorrenti a dover dar prova di quella idoneità delle

.

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

,

dell’onere probatorio di quel nesso non soltanto a circostanza invece rilevanti solo sotto il
profilo dell’elemento soggettivo, ma che, inoltre, sul piano della ripartizione dell’onere
probatorio proprio perché collocantisi sotto quel profilo, facevano carico alla struttura
ospedaliera, tenuta a dimostrare l’assenza di quell’elemento.
La sentenza impugnata, in conseguenza, dev’essere cassata sul punto in cui ha

.

escluso la dimostrazione del nesso causale materiale da parte dei ricorrenti.

all’esito dell’accoglimento degli altri due motivi che si esamineranno di seguito) dovrà, in
considerazione dei principi sopra richiamati, considerare indiscutibile che i ricorrenti
abbiano dato prova del nesso causale materiale.
L’incidenza dei comportamenti positivi ed omissivi della struttura cui ha fatto
rifermento l’erronea motivazione qui censurata andrà apprezzata sul piano dell’elemento
soggettivo dell’illecito e dovrà esserlo comunque tenendo conto che l’onere della prova sul
punto era — come s’è detto – della struttura ospedaliera orvietana, cui competeva dimostrare
la perizia e diligenza degli interventi eseguiti, della loro consecuzione temporale e secondo
la lex artis, e l’esclusione della attitudine di eventuali comportamenti omissivi a
rappresentare una colpa.
§7.2. Si passa ora all’esame del terzo motivo.
Anch’esso è fondato.
La prestazione eseguita dalla struttura ospedaliera perugina è avvenuta in chiara
violazione del dovere di diligenza, come lamentano i ricorrenti.
Tale violazione si è verificata sotto vari profili, taluni dei quali evidenziati
nell’illustrazione del primo motivo e — come si disse — esaminabili ai fini dello scrutinio
del terzo motivo.
Il primo viene in evidenza in occasione dell’accesso al pronto soccorso del 2 luglio
1999: pur avendo la sentenza impugnata affermato che nel referto la causa del riscontrato
trauma contusivo alla regione inguinale sinistra veniva genericamente riferita come
“accidentale”, non risponde alla diligenza qualificata che deve caratterizzare l’opera di
refertazione della visita di chi si presenti ad un pronto soccorso fornire da parte della
struttura, specie in relazione alla constatazione di un trauma di quella natura (dietro il
quale si potrebbe nascondere anche un ipotetico fatto di reato), una indicazione generica
come quella refertata, essendo necessario, d’altro canto, anche in presenza di reticenza del
.

paziente, almeno darne atto (e ciò a prescindere da eventuali doveri di riferirne all’autorità
diploizia giudiziaria). Tanto si rileva anche a prescindere dalla circostanza che l’Emani si

24
Est. Cons.

La cassazione comporterà che il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio (anche

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

..

fosse fatto visitare il 28 giugno stesso, che, ove risultasse in atti (ed il giudice di rinvio
potrà verificarlo), non farebbe che rafforzare la valutazione di mancanza di diligenza e ciò
non solo nell’attività di refertazione, ma anche nel non collegare il nuovo accesso con
quello del 28 giugno.
Il secondo profilo concerne l’accesso al pronto soccorso del 3 luglio, nel quale è la

.

stessa sentenza impugnata a dire che emerse che il trauma si indicò come avvenuto il 28

applicabili anche in questo giudizio di legittimità, come, di fronte ad un nuovo accesso del
paziente dopo quello del primo giorno e nella constatazione di esiti di ematoma alla parete
addominale (e non più di un trauma contusivo alla regione inguinale sinistra), nonché nella
conoscenza ormai acquisita della risalenza dell’evento traumatico ad alcuni giorni prima, ci
si sia limitati ad una nuova prescrizione di un antidolorifico e, dunque, a rinnovare la
terapia suggerita il giorno prima. Tanto emerge dal fatto stesso che il giorno dopo (il 4
luglio) e, quindi, a sole ventiquattro ore di distanza, si ritenne, invece, non solo di eseguire
un’ecografia, che diede il risultato di evidenziare “un vasto ematoma della parete
addominale e della regione lombare, interessante la zona pelvica”, ma, all’esito, di
ricoverare il paziente prescrivendo il drenaggio dell’ematoma e consigliando sia in cumulo
sia, in alternativa, un controllo ecografico ed una TC o una TAC.
Il terzo profilo concerne la mancata esecuzione di quanto prescritto dal servizio di
pronto soccorso come da effettuarsi nelle 24/48 ore: la fissazione di un simile lasso
temporale, con una ipotesi breve di ventiquattro ore ed una massima di quarantotto ore, e,
quindi, con stringente limite della scelta, palesava l’urgenza dell’accertamento, il che rende
palesemente privo di diligenza il comportamento successivo della struttura che si concretò
nell’eseguire solo un esame radiografico del bacino e dell’anca il 6 luglio.
Un quarto profilo di violazione del dovere di diligenza si rileva nel senso che,
essendo la prescrizione della TAC relativa di un accertamento più complesso ed esaustivo
della ecografia, l’alternativa posta dalla prescrizione fatta il giorno 4 dal pronto soccorso
non concerneva il rapporto fra l’uno e l’altro accertamento e, dunque, la possibilità di fare
l’uno o l’altro accertamento, bensì solo la possibilità di procedere ad una ecografia e ad
una TAC oppure direttamente ad una TAC. Erroneamente la Corte territoriale ha inteso,

.

invece, l’alternativa nell’altro senso.
Tutti tali profili evidenziano in modo palese la violazione del dovere di diligenza
.

qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, tanto più – con riferimento all’ultimo — se
si considera che la struttura ospedaliera non ha osservato le sue stesse prescrizioni.

25
Est. Cons.

giugno: non si comprende, secondo nozioni di fatto di logica comune che risultano

t

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

La Corte territoriale ha omesso di considerare i primi due profili rilevati.
Ha erroneamente valutato il terzo ed il quarto quanto ai termini della detta
alternativa.
La Corte territoriale è incorsa anche in ulteriori errori di valutazione della diligenza
dell’ospedale orvietano nell’esecuzione della prestazione, che i ricorrenti hanno

.

sostanzialmente rassegnato nell’illustrazione del primo motivo.

aa) si è occupata in modo erroneo della mancata esecuzione della TAC assumendo
che la sua esecuzione non avrebbe potuto portare alla scoperta del corpo estraneo, non
diversamente da come non vi condusse quella eseguita dalla struttura ospedaliera ternana:
sotto tale profilo la Corte territoriale ha escluso la rilevanza dell’omissione di essa,
assumendo che il comportamento omissivo, pur inseritosi nella serie causale materiale in
quanto tenuto nell’ambito del rapporto curativo, non avrebbe svolto in concreto efficienza
causale nel senso che, se anche esso fosse stato tenuto, non avrebbe potuto portare ad un
esito diverso della vicenda dell’Emani.
L’assunto è privo di pregio, in quanto la rilevanza della mancata esecuzione della
TAC non discende dal fatto che, se fosse stata eseguita, avrebbe individuato la presenza
della scheggia di legno, bensì dal fatto che avrebbe portato alla individuazione della
dimensione della massa purulenta entro la quale si annidava la scheggia e, quindi, avrebbe
suggerito in occasione già del primo intervento chirurgico eseguito presso la struttura
orvietana la possibilità di intervenire come poi intervenne la struttura sanitaria perugina e
non nel modo in cui si intervenne, sì da poter individuare la presenza della scheggia;

bb) si è occupata della mancata effettuazione dell’ecografia al giorno 6 adducendo
che non vi sarebbe stata prova che la sua esecuzione avrebbe rivelato la presenza delle
raccolte purulente, ma ha del tutto erroneamente addebitato- come s’è già rilevato
scrutinando il quinto motivo – tale incertezza ai ricorrenti, anziché alla struttura sanitaria,
come avrebbe dovuto invece fare, considerando che l’essere stata effettuata la prescrizione
il giorno 4 proprio per la ricerca dello stato del paziente lasciava supporre una valutazione
tecnica del sanitario del pronto soccorso di esistenza di una qualche anomalia, sì da
consigliare in una forbice di sole 24/48 quarantotto ore l’esecuzione di una nuova ecografia
e di una TAC o di una TAC, il che onerava a maggior ragione la struttura di dimostrare che
essa non esisteva al 6 luglio e, nel perdurare dell’incertezza di addebitarla ad essa;

.

cc) la stessa esecuzione di due interventi di incisione sostanzialmente ripetitivi,

.

evidenziava un profilo difficilmente compatibile con l’esecuzione di una prestazione

26
Est. Cons.

In particolare:

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

»

t,

diligente, se essa, a parte la loro breve durata e, quindi, il dubbio che se si fosse intervenuto
più a lungo si fosse potuti arrivare a individuare la scheggia di legno, si rapporta al risalire
del rapporto curativo al 2 luglio se non al 28 giugno), alle scansioni con cui si era
articolato in precedenza e, soprattutto, all’omissione degli accertamenti diagnostici nei
termini ritenuti stingenti già il 4 luglio 1999.

.

dd) lo stesso procedere dopo l’intervento chirurgico del 9 luglio ad altro intervento
diligenza.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in accoglimento del terzo motivo, perché
risulta conclamata la violazione da parte sua dell’applicazione del principio di cui al
secondo comma dell’art. 1176 c.c. per non avere sussunto come fattispecie di inosservanza
della diligenza qualificata che era dovuta tutte le circostanze che si sono indicate.
Il giudice di rinvio riesaminerà la vicenda assumendo che la struttura ospedaliera
perugina non ha tenuto un comportamento diligente ai sensi dell’art. 1176, secondo
comma, c.c. e deve ritenersi inadempiente ai sensi dell’art. 1218 c.c. rispetto
all’obbligazione curativa che aveva assunto.
7.3. Il quarto motivo a questo punto, una volta conclamato che la struttura orvietana
risulta, in forza dell’accoglimento del terzo motivo, essere incorsa nella violazione del
dovere di diligenza sotto i vari profili indicati, risulta fondato in via consequenziale, perché
la limitazione di responsabilità di cui all’art. 2236 c.c. non copre l’imprudenza o la
negligenza e, quindi, la violazione del dovere di diligenza qualificata, ma solo l’imperizia.
D’altro canto, le stesse considerazioni con cui la sentenza impugnata ha ritenuto di
affermare che ricorreva un’ipotesi di prestazione implicante la soluzione di problemi
tecnici di speciale difficoltà risultavano prive di fondamento.
Il dare rilievo — come ha fatto la sentenza impugnata – alla natura subdola della
fascite, alla sua rarità ed alla sua difficile diagnosticabilità è singolare, là dove — sulla
falsariga delle valutazioni dei consulenti — si è concretato in un apprezzamento con
riferimento alla diagnosi della fascite del tutto erroneo ai fini della individuazione di una
prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà: infatti, esso
risulta effettuato come se fosse certo il rapporto curativo fosse iniziato quando la fascite
era già in atto e, quindi, l’errore fosse stato di non averla diagnosticata, e lo ha fatto senza
spiegare come e perché essa — in ipotesi – fosse stata in atto dal momento iniziale del
.

rapporto curativo e non fosse stata il frutto di una evoluzione dello stato in cui l’Emani si

era presentato alla struttura ospedaliera orvietana il 2 luglio 1999 e dell’inadeguatezza

t

dopo due giorni, nonostante l’evidenza di un’urgenza, sottende altro profilo di omissione di

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

i.

dello svolgimento del rapporto curativo allora iniziato, circostanze che, rilevando sul piano
dell’esenzione dalla responsabilità soggettiva, avrebbero dovuto provarsi dalla struttura
stessa, restando la relativa incertezza a suo carico.
Ancora più scorretto risulta l’avere dato rilievo alla valutazione della perizia penale

• senza considerare che le considerazioni espresse da quei periti erano state espresse senza
considerare gli accessi al pronto soccorso del 2 e del 3 luglio 1999 e, quindi, senza

pronto soccorso, l’omessa considerazione avrebbe ancora valore più pregante, perché gli
accessi del 2 e del 3 avrebbero dovuto essere posti in collegamento con quello del 28) in
occasione del secondo era chiara alla struttura la risalenza dell’evento traumatico al 28
giugno, il che, secondo nozioni logiche di comune esperienza, palesava certamente una
situazione che avrebbe dovuto allarmare i sanitari, come allarmò quello che intervene il 4
luglio successivo. Alla perizia pena, in quanto effettuata senza la piena conoscenza
dell’evolversi del rapporto curativo, non si sarebbe dunque dovuto dare il rilievo che si è
dato, a pare l’errore da essa compiuto.
L’attribuire rilievo ad una mancata collaborazione o imprecisione dell’Emani nel
fornire le indicazioni in sede di anamnesi, oltre che enunciata del tutto genericamente, è
parimenti singolare, atteso che, una volta iniziato il rapporto curativo, la ricerca della
situazione effettivamente esistente in capo al paziente, almeno per quanto attiene alle
evidenze del suo stato psico-fisico, è affidata al sanitario, che deve condurla in modo
pieno e senza fidarsi dell’indirizzo che può avergli suggerito la dichiarazione resa in
sede di anamnesi dal paziente, integrando un diverso operare una mancanza palese di
diligenza, con la conseguenza che deve escludersi che l’incompletezza o reticenza sotto
il profilo indicato delle informazioni sulle sue condizioni psico-fisiche, se queste sono
accertabili dal sanitario e\o dalla struttura attraverso l’esecuzione accurata secondo
la /ex artis della prestazione iniziale del rapporto curativo, non può essere considerata
ragione giustificativa per l’applicazione della limitazione di responsabilità di cui
I

all’art. 2236 c.c.
§7.3.1. Il giudice di rinvio, in conseguenza, nel riesaminare la fattispecie di
responsabilità la considererà non riconducibile alla limitazione di responsabilità di cui

i,

all’art. 2236 c.c.
Nel procedere al riesame, naturalmente, il giudice di rinvio dovrà valutare se le
violazioni del dovere di diligenza commesse dalla struttura ospedaliera orvietana, ove non
.

si fossero verificate, avrebbero determinato una situazione tale da impedire l’evoluzione

I

28
Est. Co

affa le Frasca

considerare che almeno (ma se fosse accertato che già il 28 giugno l’Emani si era recato al

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

I
della patologia dell’Emani in fascite necrotizzante, ma, ove dovesse constatare che non è
possibile dare una risposta certa sul punto, l’incertezza conseguente graverà sulla struttura
ospedaliera, perché essa era onerata di provare l’assenza di profili di colpa nell’esecuzione
del rapporto curativo.
Se, dunque, sulla base delle risultanze degli atti, resterà oscuro se uno svolgimento
diligente della prestazione avrebbe potuto impedire l’evoluzione della patologia
dell’Emani in fascite necrotizzante con esito finale mortale, l’incertezza graverà sulla

responsabilità.
Dovrà escludersi che l’incertezza possa essere fatta gravare sui ricorrenti, perché
altrimenti, con inversione del criterio di riparto della prova dell’elemento soggettivo, li si
onererebbe della prova della colpa della struttura, che, invece, era ed è onerata di provare
la propria assenza di colpa e, per quanto osservato, anche di una colpa lieve, non operando
la limitazione di cui al’art. 2236 c.c.
§8. La sentenza impugnata è, dunque cassata in accoglimento del terzo, quarto e
quinto motivo del ricorso principale.
Il Collegio ritiene opportuno disporre il rinvio ad altra Corte d’Appello, che si
designa nella Corte d’Appello di Roma.
§9. Il ricorso incidentale dell’assicurazione resistente è inammissibile per
inosservanza del requisito di cui all’art. 366 n. 3 c.p.c., non recando l’esposizione del fatto,
e — se tale valutazione fosse superabile – per inosservanza del requisito di cui all’art. 366bis c.p.c., atteso che l’unico motivo su cui si fonda, dedotto ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
non si conclude né contiene il momento di sintesi espressivo della c.d. “chiara
indicazione”, cui alludeva l’art. 366-bis c.p.c. (in termini: Cass. sez. un. n. 20603 del 2007,
fra tante).
Se si procedesse alla lettura della sua illustrazione, d’altro canto, il motivo
rivelerebbe che, in realtà, censurando la compensazione delle spese per pretesi giusti
motivi, disposta nel rapporto processuale fra i ricorrenti e la società assicuratrice, avrebbe
dovuto dedursi come motivo di violazione di norma del procedimento, l’art. 92 c.p.c., con
la conseguenza che si sarebbe dovuto concludere con un quesito di diritto, donde ulteriore
ragione di inammissibilità.

P. Q. M.

e

29
Est. Co

aele Frasca

struttura ospedaliera orvietana con ogni conseguenza in punto di affermazione della

R.g.n. 29119-07; 79-08 (ud. 11.7.2013)

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il primo ed il secondo motivo del
ricorso principale ed inammissibile il ricorso incidentale. Accoglie il terzo, quarto e quinto
motivo del ricorso principale per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata in
relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di
Roma.
Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, 1’11

h p!

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