Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20903 del 12/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20903 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: UCCELLA FULVIO

SENTENZA

sul ricorso 29286-2007 proposto da:
VICINO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA GERMANICO 168, presso lo studio dell’avvocato
TANTALO LUCA, che lo rappresenta e difende giusta
procura speciale notarile del Dott. Notaio DOMENICO
o

DIGIESI in GRAVINA DI PUGLIA del 28/06/2013 rep.
2013

64493;
– ricorrente –

1610
contro

OLEARIA PIETRO SCIBILIA S.R.L.;
– intimato –

1

Data pubblicazione: 12/09/2013

avverso la sentenza n. 672/2006 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 27/09/2006 R.G.N. 543/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/07/2013 dal Consigliere Dott. FULVIO
UCCELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

udito l’Avvocato CARLO TANTALO;

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8 gennaio 2003 il Tribunale di Teramo
rigettava la domanda proposta da Vicino Francesco, titolare
della ditta Gel Sud Traeding nei confronti della Olearia
Pietro Scibilia s.r.1., tendente a far dichiarare

contratto di concessione di vendita al dettaglio di gelati e
surgelati a marchio GIS e la ” Bottega del Buon Gelato”,
stipulato il 31 gennaio 1992, per fatto e colpa della stessa
convenuta.
Per l’ effetto, il Vicino chiedeva che la società convenuta
fosse comunque tenuta all’adempimento del contratto,nonché al
risarcimento dei danni quantificati in euro 30.987, 41 (o
nella somma risultante in corso di causa) e che non fosse
dovuta dalla Ditta di cui era titolare il Vicino la somma di
euro 45.759, 24 richiesta dalla Olearia se non previo
accertamento dei crediti e debiti, oltre spese ed onorari.
Su gravame del Vicino la Corte di appello di L’ Aquila il 27
settembre 2006 ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il
Vicino , affidandosi a due motivi.
Nessuna attività difensiva risulta svolta dalla intimata
società.
Motivi della decisione

1.-Con il primo motivo ( violazione e falsa applicazione ex
art.360 n.3 c.p.c., degli artt.1453 e 1456 c.c., nonché

3

l’inadempimento della società convenuta nella esecuzione del

dell’art.1375 c.c. in relazione agli artt.5, 11, 12 del
contratto di concessione di vendita sottoscritto tra la
concedente

Olearia

Scibilia

Pietro

s.r.l.

ed

il

concessionario Francesco Vicino, titolare della ditta
individuale Gel Sud Traeding in data 31 marzo 1992 ), in

del contratto e riportate alcune deposizioni testimoniali,
assume che erroneamente il giudice dell’appello abbia
disatteso il suo motivo di appello con cui si contestava che
la controparte si fosse mai avvalsa dell’ art.11 del
contratto, in ordine alla prova per iscritto delle modifiche,
per eccepire il divieto di prova testimoniale.
Pertanto, la mancata eccezione formulata dalla concedente
“evidenzia la rinuncia, anzi la revoca tacita delle parti ad
avvalersi della clausola ex art.11 del contratto di
concessione in ordine alla forma scritta

ad probationem per

le modifiche contrattuali” e sarebbe emerso
“inequivocabilmente dalle risultanze probatorie nonché dalla
CTU che il pagamento della merce sin dall’ inizio del
rapporto non è mai avvenuto alla consegna, per cui veniva
rivolta al giudice dell’ appello la richiesta di rinnovo
della stessa.
Quindi, è evidente che è intervenuta una modifica delle
condizioni contrattuali alla luce di questo univoco
comportamento delle parti” ( p.9 ricorso ).

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estrema sintesi, il Vicino, ritrascritti gli artt.5, 11 e 12

Ad illustrazione del motivo è formulati il seguente quesito
di diritto:
La Corte è incorsa nella violazione delle norme di cui agi
artt. 1456 1453 c.c., avendo ritenuta legittima la disdetta
intimata in assenza di inadempienza e/o colpa da parte del

La Corte è incorsa nelle violazioni delle norme di cui agli
artt.1453, 1456 e 1375 c.c., avendo ritenuto legittima la
disdetta intimata, senza rilevare l’ assenza di un preventivo
richiamo da parte della concedente al concessionario,
all’osservanza della clausola di cui all’ art.5 del contratto
di concessione di vendita del 31 marzo 1992 e senza rilevare
la violazione da parte della concedente dell’ obbligo di
buonafede e correttezza contrattuale?
In merito a questa censura il Collegio osserva che essa è
inammissibile.
Inammissibile perché non coglie la

ratio decidendi

della

sentenza impugnata nella sua illustrazione, allorché il
giudice dell’appello, proprio esaminando la lettera
dell’art.11 del contratto, ritiene dallo stesso tenore
letterale che le parti abbiano inteso conferire valenza
esclusivamente processuale ( e quindi probatoria ) alla
speciale forma che i patti aggiunti avrebbero dovuto
rivestire”, escludendo, invece, che le parti stesse ” abbiano
voluto individuare nella scrittura un indefettibile elemento

5

destinatario?

formale, necessario per la validità stessa del nuovo
accordo”.
Una volta individuata la volontà dei contraenti e preso atto
della mancanza di specifica eccezione della parte
interessata, da effettuarsi nella prima istanza o difesa

il giudice del merito è potuto passare all’ esame delle prove
testimoniali al fine di verificare se effettivamente vi fosse
stato un nuovo accordo, che, superando l’originaria
pattuizione, che prevedeva il pagamento alla consegna della
merce, consentisse il pagamento a fine anno, una volta
operate le necessarie compensazioni, per poi escludere in
base all’ esame dei testi Rutigliano e Narducci ( già
concessionari della Olearia e che al pari del Vicino
ricevettero la disdetta ) che quei testi fossero attendibili
non solo, ma ha escluso che la Olearia -“pare francamente
incredibile”- fosse solita farsi pagare la merce venduta
solo a fine anno ( e, quindi, una sola volta l’anno ), così
anticipando tutti costi di produzione.
Il convincimento del giudice

a quo -e, quindi, la vera ratio

decidendi- è quello secondo cui la Olearia non pretendeva in
maniera fiscale il rispetto della clausola di cui si discute,
ossia accordava al concessionario una certa tolleranza circa
i tempi di pagamento, anche tenuto conto del complessivo
ammontare che il debito andava via via assumendo.

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successiva alla richiesta di controparte ( art.157 c.p.c. )

Non solo, ma tale atteggiamento non integrava una modifica
della clausola stessa nel senso, peraltro, addotto dal Vicino
di rimettere alla totale discrezionalità del concessionario i
tempi e le modalità di pagamento.
Né alcuna violazione del principio di buona fede si configura

comportava che l’ acquirente era ben consapevole del proprio
inadempimento e, quindi del rischio ( di automatica
risoluzione del contratto e di condanna al pagamento della
penale, nel momento stesso in cui la Olearia avesse
comunicato che intendeva avvalersi della clausola ) che
assumeva omettendo di pagare la merce alla consegna ( v.p.912 sentenza impugnata ).
Come appare evidente dalla trascrizione dell’ argomentare del
giudice dell’ appello la censura affronta questioni
interpretative e di fatto che sono sottratte al sindacato di
legittimità e il quesito è formulato ponendo in rilievo un
presupposto erroneo, atteso che il giudice dell’ appello ha
avuto modo di accertare la irrilevanza della cd.disdetta sia
proprio attraverso l’ esame dei testi, ritenuti correttamente
inattendibili per la sovrapponibilità delle loro posizioni a
quella del Vicino, sia attraverso una prova logica che dalla
censura non sembra affatto scalfita.
2.-Anche il

secondo motivo (

difetto di motivazione ex

art.360 n.5 c.p.c., giacché illogica e contraddittoria e
quindi solo apparente con riguardo alla valutazione delle

7

nella specie in quanto la perdurante validità della clausola

prove testimoniali ed alla omessa valutazione della CTU,
nonché delle conseguenze della tolleranza del creditore), che
appare una ulteriore specificazione del primo, in cui già si
tratta di tali prove ( le testimonianze) e di tale mezzo di
prova (la CTU) va dichiarato inammissibile.

non abbia motivato sul punto, come si evince da quanto
risulta a p.14 della sentenza impugnata, che si fa
esplicitamente carico, rifacendosi a tutto il precedente
argomentare, di ritenerla superflua.
Ad illustrazione del motivo viene formulato il seguente
quesito:
In relazione al dedotto difetto di motivazione ex art.360 n.5
c.p.c. si rileva l’assenza di alcuna motivazione con riguardo
al rilievo del CTU sulla modifica contrattuale intervenuta
sulle modalità di pagamento, tale da escludere
l’inadempimento del concessionario, nonché l’errata
valutazione della prova testimoniale, che al contrario traeva
un agevole e limpido riscontro proprio nella CTU, tale da
determinare 1′ illogica motivazione e la conseguente errata
decisione.
La formulazione del quesito non si concreta in una critica
specifica all’argomentare del giudice e sembra addirittura
prescindere dallo stesso, palesandosi, quindi, apodittica se
non generica.

8

Infatti, non corrisponde al vero che il giudice dell’ appello

Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla
va disposto per le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 luglio

2013.

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